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I calafai (ovvero i calafati) iscritti all'Arte erano suddivisi in due ruoli distinti
ma interscambiabili fra loro, specie quando la necessità di manodopera prevedesse
un maggior impiego di una specializzazione piuttosto che dell’altra. Vi erano i calafai da figger, che raggruppava coloro che fissavano con i chiodi il fasciame sulle ordinate, e i calafai da magio, che invece erano color che riempivano di stoppa le fessure (chimenti) fra tavola e tavola e quindi impeciavano lo scafo per garantire una migliore impermeabilizzazione e durata. I calafai lavoravano in Arsenale a turni settimanali ed erano distribuiti nei tezoni dove vi fosse necessità della loro opera, sia che fosse una galea nuova o una galea da riparare. Nel corso del
'500, i lavoratori impiegati quotidianamente nel grande stabilimento
industriale, cioè nel periodo di maggior espansione della produzione, erano
circa duemila, ma con punte che nei momenti critici raggiunsero anche i
tremila addetti. I calafai e i marangoni da nave costituivano circa l'80% delle maestranze dell’Arsenale. Il capo operaio della maestranza, in veneziano il Proto dei calafai collaborava con quattro Sottoproti: · Il proto dei sagomadori (tagliatori e "sagomadori") · Il proto dei fravi (fabbri delle officine e fonderie) · Il proto dei mureri (muratori) · Il proto dei segadori (addetti a segare le tavole di legno) oltre naturalmente agli arsenalotti e ai bastasi (facchini).
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