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Collocati, ieri come
oggi, a ridosso del muro di cinta meridionale, pare risalgano al 1390 i primi edifici che vennero
costruiti in Arsenale per essere esplicitamente destinati ad ospitare le fondarie. Quando poi nel corso del 1434 il Governo approvò la definitiva chiusura degli impianti pubblici che erano situati in Sestier de Canaregio per il geto del rame e la conseguente vendita ai privati del terreno reso libero (l'area diverrà poi l’attuale gheto vecio), la produzione di bocche da fuoco in bronzo venne concentrata entro le mura dell’Arsenale. Gli edifici originari,
resi vetusti dal tempo, furono in seguito demoliti e la loro ricostruzione
venne completata nel corso del 1526, come testimonia la lapide che
riporta in alto le tracce del leone di San Marco (scalpellato nel 1797 per
ordine della Municipalità provvisoria) ed al di sotto gli stemmi dei Provedadori e Patroni a l’Arsenal in carica a quel tempo. Il complesso subì
un ulteriore intervento di ristrutturazione nel corso del 1539. Al termine dei
lavori, il grande edificio che, come oggi, si sviluppava lungo il campo de la tana, (fungendo da questo lato anche come
muro di cinta dell’Arsenale), dall'esterno dava l’attuale impressione di una
solida continuità, con l’ininterrotto tetto da dove spuntavano i grandi
comignoli ad uso delle fornaci. In realtà visto dall’interno esso risultava
composto da ben sei fondarie, ciascuna
fisicamente separata dalle contigue per mezzo di corti calli, a cui era affidato il compito di contrastare
più efficacemente l'eventuale propagarsi di incendi. Sulla base della pianta dell’Arsenale redatta nel 1798 dal Maffioletti sullo stato dell’Arsenale alla caduta della Repubblica, partendo dalla testata che dava sul rio de l'arsenal, le sei fondarie erano utilizzate come segue: la prima con torni e trivelle di rettifica che realizzavano la perfetta calibratura dei cannoni, molto importante per la precisione del tiro; la seconda aveva alcuni fornelli (piccoli forni) per le fusioni minute; nella la terza stava una fornasa (fornace) per purgare i metalli; nella quarta vi erano le fornase (fornaci) e le buche a terra per gettare la fusione di canne di cannone; nella quinta stavano alcune trivelle per dare la rigatura alle canne dei cannoni; infine la sesta era adibita ad usi diversi. Come detto, nelle fondarie venivano fuse esclusivamente le costose artiglierie in bronzo, la cui direzione dei lavori spettava per tradizione e per la grande competenza ai membri della famosa famiglia Alberghetti. Tutti i calibri delle artiglierie in ferro venivano invece commissionate alle fonderie dislocate nel Bresciano. Con l’annessione
del Veneto al Regno d’Italia nel 1866, in base ai programmi di ammodernamento
dell’Arsenale predisposti dalla Marina Militare, nel corso dell'Ottocento
l’attività metallurgica venne chiusa per essere dislocata nei tezoni della novissimetta detti bassi
a le nappe
che furono perciò convenientemente ristrutturati. Cessata definitivamente l’attività per la quale erano state progettate le fondarie subirono in seguito pesanti rimaneggiamenti. Partendo da ovest, il primo edificio venne quasi dimezzato per la realizzazione del corpo de guardia e quindi riunito ai due seguenti per formare dapprima un deposito, poi nel corso del Novecento trasformato in cinematografo ed ora in sala da ballo del Circolo Ufficiali della Marina Militare. Le altre tre fondarie furono riunite ad una pertinenza della teza longa de la tana, ed il tutto trasformato in circolo ricreativo e teatro per il personale civile della Marina Militare. Infine, ben visibili lungo il campo de la tana, sul sedime delle cinque antiche calli che dividevano le fondarie vennero ricavati ampi portali d'accesso alle nuove strutture retrostanti. |
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