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Le due torri gemelle che ai nostri giorni sorvegliano l’ingresso alla porta da mar, non sono quelle originali, visibili invece nella famosa veduta cinquecentesca del de' Barbari ma che furono demolite nel corso del 1686, quando divenne indispensabile l’allargamento dell’antico varco, un tempo più che sufficiente per le slanciate galee, ma rivelatosi ben presto impraticabile per il transito degli scafi dei vascelli di nuova concezione. I lavori di ricostruzione vennero affidati ad Alessandro Tremignon, il cui progetto portò alla realizzazione di due torri più alte delle precedenti, con l’adozione di una soluzione architettonica che conferì alle costruzioni un aspetto assai slanciato. Dal basamento a scarpa, in pietra d'Istria, si innalza la struttura di mattoni in cotto che termina con una cornice, anch'essa in pietra d’Istria, sulla quale poggiano i barbacani che a loro volta sostengono il piano di ronda con i merli che coronano il camminamento. A completamento delle torri e con l’evidente funzione di alleggerire la massa, è posta una guardiola per la sentinella, dal cui tetto, anch'esso coronato da merli, svetta l'asta portabandiera dipinta con il caratteristico colore rosso acceso. Al termine dei
lavori venne ricollocato anche il colossale rastrelo
(cancello), che da secoli sbarrava fisicamente l'accesso alla grande fabbrica
pubblica, ma che in realtà era stato pensato allo scopo di impedire la vista
ai curiosi dall'esterno. I grandi cardini di sostegno sono ancora oggi
visibili in loco. Sulla torre di ponente, nella metà superiore del lato che guarda
verso l'esterno dell’Arsenale, venne murata una lapide in ricordo
dell'avvenuto allargamento del 1686 ma in cui, con l’occasione, si volle
anche riportare l’avvenuta riconquista della Morea
(Peloponneso) assieme alla Sacra Lega conclusa contro il Turco: SENATVS CONSVLTVS
/ EO DEM TEMPORE NAVIBVS EGRESSVM / ET DOMINIVM AMPLIAVIT / SIC FAUSTA
PLURIMA REGNA / PATRIAE RESTITUIT / M. ANTONIO IUSTINIANO DUCE / ANDREA
VALERIO PAULO IUSTINIANO ANTONIO RUZINO / ANTONIO CANALI NICOLAO DUODO ET
GREGORIO CORNELIS / NAVALIS ARMAMENTARI PRAEFECTIS / ANNO SALVTIS MDXXCVI
FEBRVARIS III. Come indicato nel
testo, sopra l'iscrizione è raffigurata l'arma di Ca’ Giustinian
(Dose)
e ai lati quelle di Ca’ Valier, Ca’ Giustinian, Ca’ Ruzzini, Ca’
Canal, Ca’ Duodo e Ca’ Corner (Patroni e Provedadori a l’Arsenal).
Si noti inoltre l’astrusa costruzione adottata per esprimere l’anno 1686 in
numeri romani: si preferì incidere MDXXCVI in luogo di MDCLXXXVI (e non costituisce un’anomalia isolata).
Al di sopra
dell’iscrizione è collocato un grande orologio, sormontato a sua volta da due
armi gentilizie; un secondo orologio è collocato nella parte superiore della
faccia che guarda il varco d'entrata ed infine un terzo orologio è collocato
sulla faccia che guarda l’interno dell’Arsenale. Alla porta da mar si accede ancora oggi dalla laguna
attraverso lo stesso rio che per secoli e fino all'apertura nel
1811 del canal de porta nova, rappresentò
l'unico collegamento del complesso industriale con il canal de San
Marco e quindi con il mare aperto. Anticamente
chiamato rio de la Madona, fra il 1670 e il 1674 il fondale fu completamente dragato portandolo da 7 piedi
veneti (m. 2,43) a 10 e mezzo piedi veneti (m. 3,65), ciò per permettere il
passaggio dei vascelli; sempre per rendere agevole il passaggio di navigli di
grandi dimensioni, esso subì un’importante rettifica rettilinea del percorso
nel 1692, quindi un allargamento nel 1796. Esso mutò il nome in rio de l'Arsenal dopo la demolizione della ciexa de la Madona de l'Arsenal, avvenuta nel 1809 per poter agevolare il più possibile il passaggio dei navigli. Caduta
la Repubblica nel 1797, durante la seconda occupazione austriaca (1814 -
1848), nel corso del 1827 fra i granèri publici e il rio de l'Arsenal furono abbattute due case di proprietà
pubblica (dove oggi sorgono gli stentati giardinetti pubblici), sia perché
creavano ostacolo ai pennoni delle navi in transito, sia perché si credeva
che contribuissero al cedimento della riva. Il successivo manifestarsi di
gravi dissesti delle sponde lungo l’intero tratto del rio de l'Arsenal, evidenziarono l’urgenza di un restauro
complessivo del marginamento. Il lavoro fu portato
a compimento fra il 1828 e il 1831 e terminò con un parziale
raddrizzamento ed un suo ulteriore allargamento. Durante questi lavori venne alla luce anche l'estremo degrado in cui erano ridotte le fondazioni delle due torri, in particolare la torre di levante appariva più compromessa e fu ritenuta sul punto di crollare, in quanto già fortemente indebolita dalla demolizione della ciexeta de la Madona, alla quale si appoggiava. I lavori iniziati nel 1830 consentirono il restauro e il rafforzamento delle fondazioni ed anche il raddrizzamento della torre di levante. Il posizionamento del nuovo ponte girevole seguito dal restauro e dal ricollocamento del grande rastrelo (cancello) completarono l'intervento. Con il Regno d’Italia, sulla torre di levante nella faccia che guarda verso l’esterno dell’Arsenale venne murata una grande meridiana, sulla quale fu inciso: MCMXIX / ITALOS NUNC IN LIBERTATE CONIUNCTOS / VICTOR SACRAT ENSIS, intorno alla meridiana sono anche incise le frasi: RUIT HORA LABORA / SIT PATRIAE AUREA QUAEVIS. Al di sopra, entro una ghirlanda floreale in pietra bianca è racchiuso un piccolo bassorilievo raffigurante il leone marciano andante, qui trasportato dopo gli interventi di rifacimento ottocentesco dei tezoni de novissimetta. |
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