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Sulla base di
quanto è riportato nell’eterogenea lapide murata sul fronte nord dell'attuale
edificio, le antiche velerie furono portate a
termine nel corso del 1537, dopo l’accorpamento di tre antichi squeri
di cui venne conservata all’interno la suddivisione tripartita ma che vide il
frazionamento dello spazio interno in un pè
pian (piano terra) e due soleri
(piani). Lungo la fronte che guardava la darsena dell’Arsenal novo si sviluppava a piano terra un loggiato
di raccordo ad archi a tutto sesto, terminanti su esili colonne che
sostenevano la volta a crociera. Con
l’applicazione dei Capitoli
approvati nel 1545, che imposero
una completa revisione sul metodo di equipaggiamento delle unità da guerra,
venne messo a punto un sistema di numerazione funzionale al rapido montaggio
degli accessori, che partendo dal contrassegno dipinto sulla prua di ognuna
delle cento galee della flotta di riserva, faceva riferimento al corrispondente
deposito dove era custodito tutto il materiale necessario all’approntamento. In particolare dentro le velerie (chiamate anche magazzini generali) vennero sistemati tre depositi, utilizzando per questo i due blocchi più a nord: al pè pian furono predisposti i monti d’acqua (ossia le gomene, i provesi, ecc.), suddivisi in quattro file, a venticinque monti per fila, con un colonnello a segnare ogni monte con il suo numero, da uno a cento. Ai primi due soleri trovavano sistemazione analoga i monti di coperta e d’arboro (ossia fanò, sego, banchi, scalette, rafioli, balestriere, pontapiè, forcade per le pavesade, scale da terra ferrate, raggi, tampagni, marsioni e altre sartìe). Il secondo soler centrale ospitava il deposito delle vele, anch’esse ordinate in monti da uno a cento, ma segnalando in più anche il tipo di galea a cui le vele erano destinate (galeazza, galea bastarda, galea sottile). All'interno delle velerie venivano dunque fabbricate le vele (realizzate dalle velere) e preparato tutto il sartiame necessario alle manovre correnti e fisse (predisposto dai guarnidori). In particolare le quaranta donne, chiamate velere, utilizzando tessuti pesanti con tramatura spessa e fitta, provvedevano a tagliare e puntare la cucitura dei teli (detti ferzi), i rinforzi dei punti di scotta, i terzaroli ed il robusto gratile. Le vele venivano poi inviate presso l'ospeal dei mendicanti oppure l'ospeal dei incurabili dove le ragazze colà ospitate completavano le cuciture e le rispedivano in Arsenale dove, bagnate in acqua marina, venivano stese ad asciugare e quindi ricoverate a formare l’apposito monte. Il sale marino impediva la formazione delle muffe e manteneva costante il grado di umidità del tessuto, garantendo così un’ottima conservazione. Si noti che onde evitare ogni forma di scandalo le velere lavoravano nel settore opposto rispetto ai guarnidori ed erano affidate alla sorveglianza di un Ministro scelto in età matura (molto probabilmente uno degli Ammiragli, responsabili della condotta degli arsenalotti). I guarnidori, che disponevano del pè pian e del primo soler del blocco più a sud, lavoravano
il cordame, tagliandolo su misura ed eseguendo le numerose giunzioni tra i
cavi (tecnicamente le impiombature),
il rivestimento con cordino più sottile, la fasciatura, il trattamento
protettivo del sartiame con il catrame, gli stroppi dei bozzelli ed altre
realizzazioni con il canapo, dai tappeti di barcarizzo ai grandi e pesanti
parabordi dal complicato intreccio di nodi. Alla caduta della Repubblica, avvenuta nel 1797, le velerie, in ciascuno dei tre blocchi interni e procedendo da sud a nord, erano organizzate come segue: pè pian (piano terra): laboratorio dei guarnidori; deposito monte d’acqua; deposito monte d’acqua. soler (primo piano): altro laboratorio dei guarnidori; deposito monte di coperta; deposito monte di coperta. soler (secondo piano): deposito per le tele, i fustagni e i buratti (stoffe avvoltolate); deposito dei monti delle vele nuove; laboratorio delle velere. In base al
progetto di ristrutturazione dell’Arsenale approvato dal Regno d’Italia, nel
corso del 1889, come dichiara la lapide citata in esordio, le velerie ebbero a subire un’assai profonda
ristrutturazione che le portò ad assumere le attuali sembianze della loggia dell'Ammiragliato. Quale esile
indizio della loro antica origine di tezoni,
si conservano lungo la facciata che guarda il rio de le stopàre la traccia di sei pilastri quadrati e
rastremati, affioranti dalla muratura, un tempo utilizzati per sostenere
l’immancabile tettoia. Infine, con la creazione della riva lungo il lato ovest e lungo il lato nord, l’edificio ha irrimediabilmente perduto il contatto diretto con l’acqua, condizione un tempo indispensabile per permettere alle galee di ormeggiarsi per imbarcare con sollecitudine il rispettivo monte d’acqua.
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