organi costituzionali

Repubblica Serenissima

Minor Consejo o Serenissima Signoria

LE ORIGINI

 

le origini del Consiglio.

 

 

Giuramento

del N.H. Filippo Bembo

Consigliere Ducale per il Sestier de Santa Crose

pronunciato il 1620, 20 maggio.

 

" Giuro io Filippo Bembo, Consigliero di Venezia del sestier di Santa Crose alli Santi Evangeli di Dio, che perfino che sarò consiglier, consiglierò, tratterò et opererò con  buona fede  et senza  fraude quello che sarà di beneficio pubblico; nè per fraude gioverò l'amico nè nuocerò all'inimico, nè alcun beneficio riceverò per causa di quella consigliaria, nè farò ricevere; e se alcuno per me overo per mia causa el ricevesse, sel saprò et potrò, lo farò restituir, et ogni fiata che l'Ser.mo Principe manderà per me, subito lì anderò, non havendo   giusto impedimento, et haver debbo di salario ogni mese XII de grossi da esser pagati di mese in mese, con le pene et conditioni contenute nel presente capitolar ".

 


Le origini del Consiglio.

Analizzando l'evoluzione storica e politica delle due istituzioni fondamentali della Repubblica (il Dose e il Mazor Consejo), già si è osservato come nei primi anni di vita del ducato veneziano frequenti fossero gli scontri violenti che accompagnavano quasi ogni elezione del nuovo Capo dello Stato.

Vedemmo che ciò era causato dei tentativi di predominio di una fazione sull'altra, le quali a proprio sostegno chiamavano in supporto una parte della popolazione, aizzandola contro quelli che venivano indicati come i tentativi, da parte del nuovo Dux, naturalmente membro della fazione opposta, di spingere il governo del Comune verso forme di monarchia assoluta.

Questo clima sociale, così fortemente avvelenato ed instabile, non faceva però gli interessi della classe nobiliare, la quale si accinse ben presto a raggiungere un accordo preferendo incanalare gli sforzi comuni verso il progressivo controllo politico del Dux che, investito com’era del potere politico delegato da Bisanzio, conservava ancora intatta l'autorità di poter governare in larghissima autonomia.

Forti di quel particolare pragmatismo che formerà una costante in tutte le sue azioni politiche, il patriziato intraprese un primo concreto tentativo di imporre qualche limitazione all'autorità dogale, in seguito all'uccisione del Dux Galla Gaulo (755‑756) quando, al neoeletto Domenico Monegario (756‑764), vennero da allora affiancati due Tribuni, in modo che lo aiutassero nell'espletamento delle sue funzioni.

E' convinzione di alcuni storici che proprio in quest'inedita istituzione dei due Tribuni‑Consiglieri sia da collocarsi la vera origine del Minor Consejo, rappresentando nei fatti la concreta risposta alla generale sensazione della necessità non altrimenti rinviabile di circondare il Dux con un apposito Consiglio che ne limitasse in qualche modo il troppo ampio potere.

Pure se in modo incerto, i carteggi dell'epoca indicano che la durata dell'incarico dei Tribuni fu stabilita con rinnovo annuale (in modo che venisse così continuamente spezzato qualsiasi tentativo di egemonia oligarchica da parte del Dux o eventuali costituzioni di triumvirato). Rimane tuttavia non ancora completamente chiarita l'effettiva possibilità di intervento dei due Tribuni, ad esempio se il loro voto avesse valore deliberativo oppure, viceversa, meramente consultivo.

Di sicuro vi è che i due Tribuni, uniti al Dux, amministravano sia la giustizia penale sia quella civile e l’area di intervento a loro assegnata, anche di natura politica, non doveva rivestire un'importanza marginale se il Dux Monegario tanto si sentì limitato e stretto nelle sue funzioni che tentò in tutti i modi di ritornare alla primitiva assoluta gestione del potere. Il suo tentativo di normalizzazione venne però intrapreso in maniera così palese e maldestra che, dopo quasi otto anni di felice governo, egli fu deposto a furore di popolo.

Una particolarità degna di nota, che in qualche modo avvalora la bontà del metodo utilizzato dai veneziani che prima sperimentavano e poi lasciavano per un periodo decantare le innovazioni costituzionali, si avrà con la designazione del Dux successivo, Maurizio Galbajo (764‑787), per il quale non si avvertì l'esigenza di dover rieleggere anche i due Tribuni, poiché parve ai più una garanzia sufficiente il riconosciuto rigore morale che accompagnava il nuovo Capo dello Stato, e la pace sociale da egli in breve tempo riuscì ad imporre in tutto il Comune, parve dunque confermare la fiducia che era stata concessa.

Tuttavia, la scelta di riporre temporaneamente ogni cautela venne col passare del tempo del tutto sconfessata dagli atti, e quale immediata conseguenza dovuta all’accantonamento dell’elezione dei due Tribuni, ben presto riaffiorarono con nuovo vigore le sopite, ma mai completamente spente, tendenze monarchiche che comunque albergavano in ogni nuovo Dux od al limite nella fazione che in quel momento lo sosteneva.

Con grande abilità il Dux Galbajo tentò di imporre le proprie ambizioni egemoniche mascherandole con l'espediente di associare alla propria carica un collega, ovviamente consanguineo, ed in questo caso il fratello Giovanni, affinché lo aiutasse nell'espletamento delle gravose funzioni di Governo.

Profittando del rallentamento dell'evoluzione costituzionale del Comune veneziano in questo periodo, egli  tentava dunque di istituire una vera e propria dinastia,  tentativo che però si vide bloccato e stretto nella contrapposizione tra una maggioranza che spingeva con forza per un consistente allargamento della base del potere ed alcune frange che invece si trovarono occasionalmente unite nel tentativo di indirizzare l'istituto dogale verso forme di eredità familiare.

La breve esperienza del tentativo di dinastia si concluse rovinosamente quando, alla morte del Dux Maurizio Galbajo, il di lui fratello (e collega) Giovanni ed il figlio Maurizio, in seguito ad una sollevazione popolare, vennero cacciati da Venezia.

Il 1032, anno primo del dogado di Domenico Flabanico (1032 ‑ 1043), segnò anche l'inizio di una rinnovata azione politica del patriziato sia verso il ruolo del Dux che verso tutte le possibili vie perseguibili affinché si addivenisse ad un più stretto controllo dei suoi poteri. Nel corso dell’anno vennero infatti approvati dall’Arengo due importanti decreti di notevole contenuto politico:

  • venne abolita la possibilità a far ricorso alle colleganze (discendenze dirette), avendo alfine constatato che i colleghi non limitavano affatto il potere del Dux, ma anzi spingevano più velocemente l'istituto ducale verso pericolose forme di monarchia ereditaria;

  • si ripristinò il controllo sul Dux, con la designazione ufficiale di due Consiglieri ai quali però questa volta, a differenza dei predecessori, venne associata l’obbligatorietà della loro presenza e del loro voto, senza il quale il Capo dello Stato non poteva più validamente deliberare;

  • a scanso di possibili equivoci, la carica di Consigliere del Doge fu resa definitiva e d'elezione perpetua. 

In mano alle potenti famiglie rialtine, l’Arengo si era dunque espresso in modo chiaro e deciso sulla controversia, e i due Consiglieri continuarono pertanto ad essere regolarmente eletti fino al momento in cui, nel corso del 1172, venne formalmente istituito il Consiglio dei Savi del Comune.


Il nuovo organo, diretta espressione del patriziato, rivolse immediatamente ogni cura nella ricerca dei mezzi legislativi idonei a limitare definitivamente il potere del Dux, il quale, seppure imbrigliato dalla stabile presenza dei due Consiglieri, poteva ovviare ad ogni restrizione decidendo autonomamente di non sottoporre determinati affari pubblici all’esame di quella ristretta commissione, col risultato che su quanto veniva escluso dall'ordine del giorno, non aveva luogo il voto del Consiglio.

Poiché la competenza su determinate rubriche era riconosciuto appannaggio del solo Dux e della sua corte di burocrati, divenne necessario che anche il Consiglio dei Savi del Comune potesse avere alle sue dirette dipendenze una ristretta ed agile commissione che, riunita in permanenza assieme al Capo dello Stato, elaborasse preventivamente gli affari pubblici, sottoponendo poi le conclusioni così raggiunte al voto deliberativo all’assemblea dei Savi, che così tentava di porsi quale organo sovrano del Comune.

Sul perché il Consiglio dei Savi si indirizzasse verso la scelta di una commissione ristretta, piuttosto che tentare di gestire da sé questa importante funzione di governo, va ricordato che in questo periodo storico l’assemblea stava subendo quella profonda trasformazione che la porterà da istituzione concepita per governare a sede di universale riunione politica della classe sociale al potere. Da competente commissione tecnico-politica quale essa era ai suoi esordi (composta da 480 membri), si stava rapidamente avviando a divenire un'assemblea caotica e disorganica, composta da elementi provenienti ancora da ceti sociali disomogenei e non di rado accomunati solamente dall'impreparazione a gestire la cosa pubblica.

Sulla base di questa oggettiva valutazione, si intraprese un'azione tesa ad allargare maggiormente il numero dei Consiglieri del Doge, portando infine il Consiglio dei Savi a deliberare che ai due già esistenti altri quattro ne venissero aggregati, uguali per dignità e carica ai primi ed anche questi d'elezione perpetua.

Una variazione apportata dal nuovo provvedimento, degna di nota perchè rispecchia la vocazione egualitaria del sistema costituzionale della Repubblica, prevedeva che da questo momento i sei Consiglieri dovessero essere eletti ciascuno in rappresentanza di uno degli altrettanti sestieri in cui, per ragioni fiscali, era stata suddivisa la città (Castello, San Marco, Cannaregio, San Polo, Santa Croce, Dorsoduro).

Questa ristretta assemblea ebbe assegnato il titolo, allora usuale nel diritto comunale, di Minor Consejo e solo in seguito, dopo la stabile aggregazione dei tre Capi de la Quarantia al Criminal, assunse il titolo, probabilmente assai più noto, di Serenissima Signoria.

Individuare con esattezza la data di istituzione del Minor Consejo rimane ancora controverso, le ipotesi sono variamente articolate: alcuni storici indicano la possibilità che essi siano stati eletti, tutti assieme, sotto il dogado di Orio Malipiero (1178-1192), successore del Dose Sebastiano Ziani (1172‑1178) ma sotto il quale viene da altri ricondotta l’elezione dei primi due sostenendo che, con l’aggiunta posteriore degli altri quattro, semplicemente l'organo trovò la sua definitiva sistemazione; in ogni caso, data la contiguità dei due dogadi, pare accettabile la possibilità che l’istituzione si situi nell'arco di tempo che va tra il 1172 ed il 1178.

Ad ogni buon conto, con l'occasione offerta dall'allargamento del numero dei Consiglieri, alla riconosciuta funzione di istruzione degli affari pubblici si volle pure coniugato il principio che tutto il Minor Consejo (non solo il Dose, come fino ad allora la consuetudine aveva professato) venisse elevato ad esclusivo Ufficio di presidenza di tutti gli organi costituzionali, come in effetti esso rimase alla fine della Repubblica.

In questo modo, mentre il nuovo istituto si avviava a diventare il punto di sintesi fra tutti i consigli politici dello Stato, nello stesso tempo, fondendosi con il Dose, esso assumeva anche tutte le funzioni di indirizzo politico che, fino a quel momento, il Capo dello Stato aveva svolto in completa autonomia.

Il successivo consolidamento di questo passaggio, sigillerà l'epilogo dell'evoluzione del Minor Consejo, ed anche se più tardi, col titolo di Serenissima Signoria, esso verrà riunito al Collegio dei Savi della Consulta, dando vita al Pien Collegio, mai esso arriverà a smarrire le caratteristiche di organo posto al vertice della struttura politica dello Stato ed a cui volentieri un organo così numeroso come il Mazor Consejo accetterà di delegare due tra le più delicate facoltà: quelle preconsultive e quelle di presidenza.

 


 

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