organi costituzionali

Repubblica Serenissima

Minor Consejo o Serenissima Signoria

ORGANIZZAZIONE INTERNA E FUNZIONAMENTO

 

la convocazione.

l'ordine dei lavori.

la tutela politica e la responsabilità morale.

il prestigio e il decoro della carica.

le limitazioni alla libertà personale.

 

La convocazione.

Le riduzioni della Serenissima Signoria avvenivano nella sala del Palazzo ducale che, in seguito all’unione con la Consulta dei Savi, fu da allora denominata del Pien Collegio.

Per quanto invece riguardava la frequenza delle riduzioni, una Parte del Mazor Consejo del 1325 (riconfermata in seguito anche nel 1328 e nuovamente nel 1329) obbligava i Consiglieri Ducali a trascorrere non meno di due giornate per settimana a palazzo, dal suono mattutino della campana detta marangona, fino a quella della sera, senza potersi mai allontanare dal loro ufficio, neppure per consumare il pasto.

Dopo l'istituzione del Consejo dei Diese per i Consiglieri Ducali divenne obbligatoria la partecipazione anche alla convocazione ordinaria di quel Consiglio, che si teneva di norma ogni mercoledì.

Se agli inizi fu necessario ricordare qualche volta ai Consiglieri Ducali l’importanza dell’incarico loro, col passare del tempo essi arrivarono a doversi recare a palazzo praticamente ogni giorno, avendo l'incarico, uniti al Dose, di svolgere il ruolo di ufficio di presidenza dei maggiori consigli della Repubblica.

Comprensibilmente delicatissimo era l’ufficio loro che, grazie ad un articolato insieme di supplenze, si fece in modo che la Serenissima Signoria si riunisse sempre in pieno numero. Inizialmente l’integrazione dei posti vacanti avveniva cooptando i membri dell’Avogaria de Comun, successivamente però vennero utilizzati anche gli Auditori alle Sentenze oppure altri alti Ufficiali dello Stato.

Come era previsto praticamente per tutti i consigli più importanti dello Stato, dibattendo continuamente le più importanti e gelose materie pubbliche, anche le sedute della Serenissima Signoria fino alla fine della Repubblica furono coperte dall'obbligo del massimo segreto.

 

 

L'ordine dei lavori.

Riuniti insieme i membri ed i funzionari per l’assistenza burocratica, chiuse le porte, uno dei segretari iniziava la lettura degli argomenti che si sarebbero trattati in quella seduta, posto che le materie di interesse pubblico andavano sempre trattate prima di quelle private.

Conclusa la lettura dell’ordine del giorno, venivano cacciati di cappello coloro che fra i presenti, per motivi di parentela o di interessi personali, potessero essere sospettati di parzialità nella materia che si andava a trattare. A questo proposito, è interessante notare che la legge non era però applicata nella situazione limite in cui tutti i Consiglieri Ducali vantassero interessi personali sull'affare in questione: alterare completamente la composizione (anche politica) dell'organo, soppiantando i cacciati con altri magistrati supplenti, esponeva lo Stato al pericolo, di lunga ben maggiore, che una complessa manovra politica giunta al suo momento finale non sortisse gli effetti sperati, proprio a causa dell’assenza di chi originariamente l'aveva concepita.

Conclusa l’applicazione delle procedure di garanzia, iniziava la discussione ed il dibattito era naturalmente aperto a tutti i membri del Consiglio, ivi compreso il Dose il quale, giova forse ricordarlo ancora, all'interno del Minor Consejo ricopriva il semplice ruolo di Consigliere.

Se nel corso della disamina pareva che qualche particolare avesse bisogno di essere maggiormente chiarito o che un parere tecnico più dettagliato avrebbe aiutato a comprendere meglio il senso del provvedimento, una Parte approvata dal Mazor Consejo nel 1320 ed in seguito più volte riconfermata, concedeva alla Serenissima Signoria amplissima facoltà di poter convocare qualunque pubblico ufficiale, oppure di far produrre libri, registri o qualsiasi altro documento pubblico fosse ritenuto opportuno ed utile consultare.

Una volta terminato il dibattito, seguiva di norma la deliberazione, presa sempre a scrutinio segreto, utilizzando il sistema dei bossoli e delle ballotte ed adottando il rito comunemente usato nelle votazioni di tutti i consigli dello Stato.

 

La tutela politica e la responsabilità morale.

La carica di Consigliere ducale era per sua natura incompatibile con ogni altro ufficio.

Se per caso qualche membro fosse risultato eletto, durante il mandato, a qualche altro ufficio de intra (a Venezia) o de ultra (nel Dominio), entro il termine perentorio di otto giorni egli doveva comunicare ufficialmente l'accettazione od il rifiuto del medesimo.

Estremamente importante era la facoltà concessa ad ogni Consigliere ducale di poter liberamente rifiutare, senza alcuna pena, qualsiasi altra elezione. Ciò costituiva la garanzia fondamentale di assoluta indipendenza dello stesso che poteva così conservare, per tutta la durata della carica, un'effettiva autonomia politica che lo rendeva praticamente invulnerabile davanti a qualunque tentativo di ritorsione, concepito da gruppi di potere tesi a vendicare interessi offesi nel corso dell'espletamento del suo importante mandato.

Libero dalle conseguenze di possibili intrighi, il Consigliere ducale non era per questo sollevato dagli obblighi morali di adoperarsi completamente per servire la Repubblica in buona fede e senza frode, come recitava la formula del giuramento.

Pure se posto sempre sotto l’occhiuta vigilanza degli altri organi di controllo, il Consigliere ducale era dunque chiamato a far ricorso prima di tutto al proprio senso di responsabilità, che doveva informare ogni atto che egli intraprendesse nell'esercizio delle sue funzioni.

Per impedire infine che i Consiglieri ducali potessero troppo agevolmente ritrattare le decisioni assunte a suo tempo invocando la collegialità, a partire dal 1318 fu ordinato che tutte le deliberazioni della Serenissima Signoria fossero regolarmente annotate su di un apposito registro, con a fianco riportato il nome del proponente.

 

Il prestigio ed il decoro della carica.

Come per le altre importanti cariche della Repubblica, tutto ciò che era riconosciuto o concesso al Consigliere ducale non doveva mai da questi essere utilizzata come una ostentazione di potere personale. Ogni privilegio era sempre ricondotto a quel giusto decoro che lo Stato intendeva riservare a chi era chiamato a ricoprire una carica così importante.

Esistevano, ad esempio, una serie di norme che regolavano nel dettaglio il pur sfarzoso abito del Consigliere ducale, determinandone la foggia, il peso, la misura ed il tono del colore. Il bel rosso scarlatto permetteva la prima e più immediata visibilità di chi si trovava a sostenere l'importante carica, da ciò l’obbligo di tenerla indossata quando essi rappresentavano ufficialmente la Repubblica. A questa direttiva non era possibile derogare, nemmeno durante i funerali solenni del Dose o durante qualsiasi altra (anche personale) funzione di lutto. Per nessun motivo e in nessuna situazione i Consiglieri ducali potevano sottrarsi a rappresentare la maestà della Repubblica. 

Il fatto che il cerimoniale prevedesse che i Consiglieri ducali delegassero un congruo numero di nobili ad indossare una veste dal colore così vistoso dal momento della veglia del Dose defunto fino alla conclusione della successiva vacanza ducale, aveva il preciso significato di sottolineare con adeguata platealità che sebbene il Dose fosse scomparso, nondimeno la Serenissima Signoria continuava a presidiare, con il proprio quotidiano impegno, l'apparato della Repubblica.

Speciali attenzioni erano inoltre riconosciute al prestigio della carica anche quando il Dose e la Signoria, oppure anche la Signoria da sola, si recavano da Palazzo ducale alla Basilica di San Marco. In questo caso era compito dei Procuratori de San Marco scortare i rappresentanti del cuore dello Stato sino a quella che era considerata la cappella privata del Dose.

Rappresentando, come si è detto, la maestà della Repubblica, era assolutamente vietato ai Consiglieri ducali di levarsi in piedi in segno di commiato, quando Rettori, Procuratori od altri dignitari si ritiravano dalla sala della Signoria, dopo aver riferito sul loro incarico.

 

Le limitazioni alla libertà personale.

Rappresentanti del vertice supremo dell'organizzazione dello Stato, i Consiglieri ducali furono gradatamente circondati da una serie di norme che ne limitarono incredibilmente la libertà personale. Se ne riportano alcune tra le più significative:

  • fino alla fine del XVI secolo l'ufficio era sostenuto a titolo onorario, più tardi venne concesso un piccolo stipendio mensile a titolo di rimborso spese e di gettone‑presenza;

  • non era permesso partecipare, con capitali propri, al sistema bancario, considerato un troppo facile vincolo di corruzione;

  • non era consentito partecipare a grandi imprese commerciali i cui rischi di fallimento venivano considerati incompatibili con l'alta dignità della carica sostenuta;

  • non era permesso partecipare ad operazioni economiche in grande stile, alle quali necessariamente si collegavano interessi privati che nella maggior parte dei casi non si trovavano in armonia con quelli pubblici;

  • non venendo in ufficio per oltre 1 mese in caso di malattia, o anche per 15 giorni per altri motivi, decadevano automaticamente dall'incarico;

  • non potevano lasciare Venezia senza prima aver ottenuto la licenza dai propri colleghi e la stessa non poteva essere rilasciata a più di un consigliere per volta;

  • non era loro consentito di frequentare ritrovi pubblici mal nominati, o farsi vedere assieme ad altri nobili in giro per la città con atteggiamenti poco dignitosi;

  • non potevano ricevere nessuno nella propria casa, ma solamente a palazzo ed in maniera ufficiale. Non era loro consentito tenere relazioni con cittadini stranieri;

  • l'ufficio era obbligatorio, l'eventuale rifiuto, anche se motivato, portava all'interdizione dai pubblici uffici almeno per il tempo uguale alla durata della carica.


 

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