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Nessuno degli Stati italiani ha avuto
così antichi e frequenti rapporti con la Persia, quanto la Repubblica, stante
l'interesse massimo del suo Governo “di
coltivare l'amicizia di uno Stato potente, situato alle spalle di Turchia, ad
entrambi nemica”. Dopo la caduta di Costantinopoli
(1453), Venezia dovette accrescere gli
sforzi, per istituto e per necessità delle lotte secolari contro la Turchia, per accrescere i suoi buoni rapporti
con la Persia, ponendo su di essa le proprie
speranze per la divisione dell'impero ottomano che, come appunto veniva
sovente ripetuto in Senato: “non potersi ottenere, se non mediante
l'accordo dei principi cristiani colla Persia,
situata alle spalle di Turchia, e ad essa nemica per sentimento religioso e
per gelosia di dominio nell'Asia”. Secondo questa dottrina, i veneziani
prestarono aiuto ai persiani nella guerra del 1470-74 fra Mohammed e Uzunhasan, stabilendo con quest'ultimo le basi di una
divisione dei possessi turchi; spinsero gli shàh di
Persia a conquistare il Laristan,
che diede loro la chiave del golfo Persico; non mancarono mai di animarli ad
impossessarsi dell'Asia turca, specie durante le guerre di Cipro, di Candia e della Morea. La cooperazione in ambito militare fra i
due Stati fu accompagnata dallo sviluppo dei rapporti culturali ed economici,
le carovane che collegavano i porti del Mediterraneo Orientale con le città
persiane, tra cui quella di Tabriz,
trasportavano merci che non erano voluminose ma molto ricercate: spezie,
tessuti, pellami e soprattutto i tappeti. Tra il XIV ed il XV secolo la
Repubblica divenne il primo importatore di tappeti orientali in Italia, e il
privilegio del loro possesso si allargò rapidamente dai patrizi ai facoltosi
borghesi. A Venezia divenne uso comune in occasione di feste religiose,
civili o carnevalesche stendere i tappeti fuori dalle finestre e,
naturalmente, a bordo delle gondole quale ulteriore, prezioso ornamento.
Dagli artigiani persiani i veneziani impararono a realizzare le raffinate
rilegature in pelle sottile dei libri e, buon ultimo, la tecnica del cuoio da
tappezzeria dorato e colorato ad olio e lacche (i famosi cuoridoro) la cui arte i veneziani
impararono talmente bene che gli stessi orientali ne divennero acquirenti. Le relazioni commerciali che legavano fra loro Venezia e la Persia rivestivano per entrambe un grande interesse economico, tanto che il tumultuoso sviluppo pose la necessità per i mercanti persiani di avere una base in città, collocata possibilmente vicino a Rialto. Fu la famiglia patrizia dei Ruzzini, proprietari di molti e vasti magazzeni, a cedere loro in affitto un fabbricato posto in Sestier de Canaregio, sullo stesso lato del Canalasso ma diviso dall’acqua del rio de l’ogio (oggi rio del fontego dei todeschi), dall’originario edificio che ospitava il fontego dei todeschi in Sestier de San Marco. I due edifici proseguivano all’interno fronteggiandosi fino al retrostante ponte de l'ogio, che ancora oggi mette in comunicazione i due Sestieri. L’anno in cui il fontego
dei persiani effettivamente iniziasse la sua attività di emporio e
di foresteria non è però ancora noto. Nel dipinto del Carpaccio raffigurante il "Miracolo della Croce a Rialto" e realizzato circa nel 1496 (oggi presso le Gallerie dell'Accademia) si suole individuare il fontego sull’estrema destra, oltre la rampa dell'antico ponte levatoio in legno di Rialto. Vi si scorge un edificio che, come oggi, sporge alla confluenza dei due corsi d’acqua, fittamente decorato sulle superfici di facciata, quasi a ricreare l'immagine della trama di una stoffa. Esso confina immediatamente con una costruzione assai più austera nelle forme e nelle linee, che incombe per almeno il doppio di altezza. Faceva parte anch’essa del fontego ? L’unico indizio è che l’entrata da terra è situata in calle san zuane grisostomo, sulla quale però si affaccia solo il corpo di fabbrica più grande. Assumendo perciò l’ipotesi di due edifici ma di un’unica sede, il fontego dei persiani che si osserva nella celebre veduta del 1500 realizzata dal De' Barbari, pur riprendendo sommariamente i caratteri architettonici delle due costruzioni, fa comunque apprezzare l’edificio anteriore più basso (con i due camini a cono rovesciato) e l’edificio posteriore di cui qui scopriamo tutto il lato che correva lungo il sottostante rio de l’ogio: si tratta di una costruzione senza particolari pregi architettonici né complessità costruttive che però per altezza sovrasta il fontego dei Tedeschi, pur nel rispetto della prospettiva, tanto che il De' Barbari sceglie di incidere qui, per comodità, l’etichetta “fontico dalamani”. Nel 1506
il terribile incendio che divampò in questa zona della città, distrusse
completamente il fontego dei todeschi assieme,
assai probabilmente, anche al fontego dei persiani. Mentre per il primo il Senato decretò immediatamente la ricostruzione,
nessuna notizia abbiamo riguardo alla sorte del secondo, se non che il 10
giugno del 1662 un decreto dei cinque Savi alla mercanzia obbligò i
mercanti persiani ad albergare presso il fontego dei
turchi, in Sestier de Santa Crose,
seppure separati rispetto ai sudditi del “gran signore”. Con un decreto del 16 giugno
dello stesso anno,
i Savi stabilirono pene
di bando
e di galera ai persiani che continuassero a
soggiornare in case
private e non si fossero trasferiti con le loro mercanzie nel fontego loro
assegnato. Altre notizie sul fontego
dei persiani non sono ancora disponibili, se non che i due edifici
originari (o ciò che li aveva soppiantati dopo l’incendio) furono
completamente demoliti nel 1830 e scomparendo con essi anche le poche
tracce che degli stessi ancora permanevano alla fine dell'800. Verso la fine del XIX secolo, sull’area
ormai libera fu innalzata Ca’ Ruzzini,
un grande edificio neorinascimentale suddiviso in cinque piani, con la
facciata principale sul Canalasso
realizzata secondo un gusto tradizionale, dove il bianco della pietra d’Istria
che incornicia monofore e polifore, contrasta con
il colore rosso-ocra dei mattoni. La porta da mar con arco a tutto sesto è disposta
centralmente con una trifora a ciascun lato; sopra il portale è collocato
l’arma dei Ruzzini, sostenuto un angelo, opera
datata della seconda metà del Trecento. Un altro scudo rettangolare a
dentelli, coevo al precedente, è visibile sul fronte che guarda al rio del fontego dei todeschi, mentre invece è di imitazione
moderna il rilievo posto in facciata, al centro del mezzanino sottotetto. I Ruzzini
vennero da Costantinopoli agli inizi del 1100 e uno di loro, Marco, durante
la feroce guerra con Genova riportò la famosa vittoria navale a Negroponte,
dove catturò molte galee nemiche: la Repubblica ne esultò talmente da dichiarare
quel 29 agosto 1358 festa nazionale. Carlo, illustre diplomatico che fu più
volte ambasciatore, venne eletto Dose nel 1732.
Particolare dal“Miracolo della Croce a Rialto”. Carpaccio,1496 circa.
Particolare dalla veduta di Venezia. De’ Barbari, 1500.
La facciata odierna di Ca’ Ruzzini sul Canalasso.
Ca’ Ruzzini, il rio e il fontego dei todeschi.
Il rio del fontego dei todeschi
(già rio de l’ogio). |
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