La sarìa
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Un’insospettabile e fitto intreccio fra leggenda, avvenimenti storici e indagini iconografiche ancora non completate si nasconde in realtà dietro la curiosità medajon ... o piera de la scomessa ? . Ma procediamo con
ordine. Il grande
medaglione tondo di marmo greco (probabilmente tagliato dalla base di una
colonna) che si trova murato tra i civici 3717 e 3718 in campiello de Ca’ Angaran
(posta nelle immediate vicinanze della chiesa di San Pantalon),
raffigura un imperatore bizantino che regge i simboli della sovranità: egli
tiene nella sinistra il globo crucigero e con la destra un labaro. La figura è sbalzata su un fondo di foglie di
quadrifoglio disposti a radiante. In riguardo, si è ipotizzato che l’effige potesse verosimilmente essere quella dell’imperatore bizantino Leone VI “il Saggio” (866 - 911), particolarmente ricordato per l’amore che portava per la cultura. La fisionomia del bassorilievo richiama inoltre lo stesso Hyperperion (moneta d’oro imperiale bizantina), dove appunto l'imperatore appare rivestito della sacra maestà conferita in Oriente ad un successore degli imperatori romani. Perché il
medaglione si trova collocato in questo angolo nascosto della città? Come
meglio si leggerà più avanti, quando la parola sarà ceduta agli storici,
all'origine di tutto vi è il lancio di una sfida, ossia la richiesta fatta
per scherno da alcuni amici nobilomeni al comandante in capo della spedizione (poi
futuro Dose)
Lorenzo Tiepolo di
ritornare in Patria con una pietra a testimonianza concreta della vittoria.
Egli non dimenticò, e dopo aver battuto i Genovesi a San Giovanni d'Acri (l'antica Tolemaide),
agli inizi della cosiddetta guerra di San Saba (1255-1270), fece abbattere tutte le torri ma la
più forte di esse, la torre Mongioia, fu invece
rasa al suolo e scavata nelle fondamenta finchè vi
irruppe l’acqua del mare. Dalla torre o da qualche parte della fortezza
genovese Lorenzo Tiepolo
cavò il medaglione e lo spedì, assieme a molto altro, a Venezia, facendolo in
seguito murare sull’abitazione di chi lo aveva così malamente sottovalutato. Può essere andata
così ? Non è certo, anche perché, date le particolari fattezze, pare molto
più probabile che il bassorilievo (assieme al gemello che poco innanzi
vedremo) facesse invece parte del cospicuo bottino proveniente dal sacco di
Costantinopoli del 1204. Tutto qui ? No,
come detto c’è dell’altro e dall’altra parte del mondo ! Presso la Dumbarton Oaks Collection di Washington DC
infatti, si conserva un tondo assai simile al nostro. Questo è arrivato negli
USA dopo vari passaggi, facendo inizialmente parte della collezione del
Principe Federico Leopoldo di Prussia che pare lo acquistò a Venezia (chiesa
di Sant’Andrea
della Certosa?) verso la metà del XIX secolo. L'esistenza di
questo coevo bassorilievo ha avvalorato l’ipotesi che nei medaglioni siano
raffigurati padre e figlio, rispettivamente Alessio I Comneno
e Giovanni
II Comneno, i quali per l’appunto furono
co-imperatori
a Bisanzio dal 1092 al 1118. Sebbene identici
nelle dimensioni (diametro di 100 cm.) i due medaglioni non appaiono opera
della stessa mano: la cesellatura delle vesti imperiali è infatti molto più
accurata e dettagliata nel tondo “americano”.
Rispetto inoltre al medaglione “americano”,
quello “veneziano” raffigura un
imperatore anziano, dal corpo appesantito e la testa più grande e seppure
l'abbigliamento è riferibile al tardo XI secolo o ai primi del XII, tuttavia
la corona, con la sua fascia ingioiellata e la placca centrale smaltata,
risulta priva di kamelaukion
(corona imperiale) e fa perciò propendere verso la datazione più antica, nel
cui ambito Alessio
I e il figlio sono l'unica coppia di co-imperatori
presenti. Il ritratto riferibile ad Alessio I trova anche una corrispondenza
nella descrizione fisica di corporatura tozza e con una grande testa che ne
da la figlia Anna
nell'Alessiade, nonché nelle effigi
riprodotte sulle monete. Quale ultimo
particolare, per quanto entrambi ritratti in posizione frontale, l’imperatore
padre nel medaglione “veneziano”
sembra accennare un movimento verso la sua sinistra, mentre l’imperatore
figlio del medaglione “americano”
muove impercettibilmente verso la sua destra. Ciò ha fatto ipotizzare
l'esistenza di un terzo tondo, centrale e più grande, raffigurante il Cristo
o la Vergine, che impone la corona sulla testa dei due imperatori, secondo
un'iconografia all'epoca molto diffusa. Si veda per
l’appunto “l’avorio romano” della Bibliotheque National de
France, Cabinet des Medailles,
di Parigi, una
copertina di evangelario che raffigura il Cristo mentre incorona Romano
ed Eudocia. Lo Zanotto (Guida di Venezia, VENEZIA, 1856,
pag.443) in riguardo riporta quanto segue: “Usciti dalla chiesa, a sinistra entrando nel vicino Campiello Angaran, sulla muraglia del fabbricato a destra è a
vedersi un medaglione di marmo greco in cui è scolpito, in costume, un
imperatore d’Oriente, lavoro bizantino forse del secolo IX” e quindi continua nella nota a fondo
pagina: “Argomentiamo, non senza probabilità,
proveniente da Acri questo medaglione procuratovi da Lorenzo Tiepolo, che
abitava qui presso, ricordando il Sanudo, aver qui
egli spedito un sasso del forte Mongioia,
collocandolo a San Pantaleone ove abitava”. Il Tassini (Curiosità Veneziane, VENEZIA, 1886, pag. 24) racconta in due tempi la complicata vicenda, iniziando dal medaglione: "(…) in campiello Angaran, detto Zen, scorgesi innestato nella muraglia un medaglione di marmo Greco, nel quale è scolpito un imperatore d'Oriente in costume, lavoro del secolo IX. Erroneamente il Zanotto vorrebbe che questo fosse il marmo del forte Mongioja portato a Venezia da Lorenzo Tiepolo". Sul “marmo del forte Mongioja” il Tassini vi ritorna più avanti (Curiosità Veneziane, VENEZIA, 1886, pag. 533): "(...) Ai piedi dell'antico portico della chiesa di San Pantaleone, ora distrutto, sulla cantonata, fra la chiesa medesima, ed il palazzo Signolo, che, per testimonio del cronista Magno, nel 1543 stava in mano dei Loredan, e tuttora s'appella da questa famiglia scorgevasi innestata nel selciato la celebre pietra del forte Mongioja in S. Giovanni d'Acri, o Tolemaide, portata a Venezia da Lorenzo Tiepolo. Narrasi che, essendo questo generale nel 1256 mandato contro i Genovesi, che avevano posto a sacco il quartiere dei Veneziani in Tolemaide, e parendo egli poco atto all'intrapresa, anzi, secondo il Magno, uomo indormenzado, uno di Ca' Signolo gli disse per ischerzo, prima che partisse, le seguenti parole, riportate dallo Scivos: Se tu scacerai Genovesi da Acri, portami una pietra di quelle fondamente! Altri narrano che furono i di lui parenti a beffarlo in tal guisa, e ben poteva la famiglia Signolo patrizia essere a' quei tempi unita col Tiepolo in parentela. Ritornato adunque in patria Lorenzo, dopo aver vinti i Genovesi, e distrutto il forte Mongioja, ne portò seco una pietra, e la fece porre, come abbiamo detto, fra il palazzo Signolo, ed il portico della chiesa sulla cantonà, acciocchè, scrive Daniel Barbaro, colui che haveva la sua casa là per mezzo non andasse mai in chiesa che non la vedesse, et gli sapasse sopra. Il Magno e lo Scivos dicono che il Tiepolo vi fece scolpir sopra il tondo di una bombarda, ed altri la figura della sua nave ammiraglia. Questa pietra esisteva nel sito in cui fu posta anche alla metà del secolo XVI, ma dalle parole del Sansovino nella Venezia, sembra che ciò non s'avverasse più sulla fine del secolo medesimo. Crediamo poi del tutto erronea la tradizione popolare, la quale vorrebbe riconoscere la pietra suddetta in un macigno rotto in due, visibile oggidì presso la gradinata della chiesa di San Pantaleone, che non ha alcun indizio di scultura operatavi sopra, e che è tanto consimile agli altri macigni circostanti da poter appena essere distinto. (…)". Il Lorenzetti (Venezia e il suo estuario,
TRIESTE, 1963, pag. 564) non aggiunge nulla in più: "(…) CAMPIELLO
ANGARAN, dalla patrizia famiglia piacentina sulla cui casa (nn. 3717-18) è infisso un interessante medaglione
marmoreo con la fig. di un Imperatore di Oriente, framm.
di scult. Bizant. (X sec.
?) (…)". Per quanto riguarda l’ipotesi sulla genesi e sul collegamento fra i
due medaglioni: http://wwwbisanzioit.blogspot.it/2013/04/il-tondo-angaran_20.html La cronacheta de Sior Antonio Rioba. Intanto xe da capìr subito 'na roba: la ciexa de San Pantalon no gera messa come che la se vede 'desso. La façada gera girada da la banda a sinistra e l'abside gera rasente la calle; de fianco, da la parte del campo, coreva el portego dove che trovava rifugio e dormiva de note i povari sensa caxa. Sul medajon ghe xe un fià de confusion: del masegno (se xe queo) no ghe xe restà più gnente, el medajon invesse el xe 'ncora sul muro del campielo, ma però el xe grego, e vusto veder ch'el nol vien proprio da Acri ma da Costantinopoli ? A la fine de tuto, 'na roba xe importante: che quel indormensà del Tiepolo (ciamio indormensà!) proprio par la guera de Acri el ga tirà fora per la prima volta el glorioso gonfalon de SaMarco, che xe deventada imediatamente la bandiera de l'amatissima Patria nostra.
Alessio
I Comnemo
Campiello de Ca’ Angaran
Washington
DC (USA) - Dumbarton Oaks Collection Giovanni
II Comneno
Hyperperon
fatto coniare da Alessio I Comneno con la sua
effigie riprodotta al verso
Paris (France) - Bibliotheque
National de France avorio
“Romano” |
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