SESTIER DE S. CROSE |
ciexa de Santa Maria Mazor |
CONTRADA S. CROSE |
Cenni storici: Nel 1483 un gruppo di pizòcare (terziarie) che vivevano in
un romitorio presso la chiesa di Sant’Agnese,
chiesero al Governo il permesso di potervi fondare un monastero, richiesta
che però non venne accolta. Perseverando
tenacemente nel loro intento, finalmente nel novembre del 1497 ottennero dal Senato
l’assegnazione di un terreno, su cui avrebbero potuto finalmente costruire il
loro luogo di ritiro. L’area assegnata
si trovava nella località dei cosiddetti “arzeri
novi” (ossia argini nuovi),
territori che di recente erano stati acquisiti ai margini ovest della città,
in seguito a vasti lavori di imbonimento delle barene. A questo proposito si può infatti notare che il De’
Barbari, nella sua pianta del 1500, ci mostra questa parte della città ancora
costituita da una serie di isole molto allungate e parallele, dove sono
completamente assenti quelle strutture edilizie che poi si insedieranno nel
corso del Cinquecento. Non risulta
possibile risalire con precisione agli anni in cui la chiesa venne costruita,
è però plausibile fissare fra il 1503
e il 1504 il periodo in cui, a
seguito del dono di un’antica Ancona
(sacra Icona) della Vergine fatto alla piccola comunità ma soprattutto grazie
alla generosa donazione fatta dal nobilomo
Alvise Malipiero, fu possibile iniziare i lavori che si conclusero con la
realizzazione di un piccolo monastero e della chiesa, che fu dedicata a Santa
Maria Maggiore e San Vincenzo. L’edificio,
costruito su modello della chiesa di Santa Maria Maggiore in Roma, ha la
prima documentazione grafica nel 1525,
quando fu inserito nella pianta prospettica realizzata da Giovanni Andrea Vavassore. Nel 1581
il Sansovino così sommariamente descrive la chiesa di Santa Maria Mazor: “Più
oltre Santa Maria Maggiore di nuovo edificio, e luogo di donne monache (…)” Aumentandone
l’importanza il monastero potè fruire di un gran numero di lasciti di opere
d’arte e di donazioni di benefattori, ciò che permise l’estensione del
convento che nel corso del 1695
arrivò ad ospitare fino a 112 monache. Nel 1797 cadeva la Repubblica e nel 1806, assieme a molti altri,
Napoleone decretò la soppressione del
convento di Santa Maria Mazor, mentre
le monache furono fatte sloggiare. Gli edifici divennero una caserma di
cavalleria e la chiesa, sconsacrata e rapidamente spogliata di ogni arredo,
fu adibita a stalla. Nel maggio del 1817 un furioso incendio distrusse
una buona parte del convento ma fortunosamente non la chiesa, che avendo però
perso ogni interesse di carattere religioso, fu lasciata ulteriormente
deperire. Sull’area del
monastero nel 1927 furono
edificate le nuove carceri giudiziarie e i detenuti vennero qui spostati dal
Palazzo delle Prigioni a San Marco, che in quei tempi ancora era utilizzato
per questa funzione. La posteriore
realizzazione dell’imbonimento su cui furono impiantate le grandi cisterne
del gas, la realizzazione della Marittima e più in generale la profonda
trasformazione dell’intera zona, ha compromesso definitivamente l’aspetto
originario del luogo, quando il campo erboso si apriva direttamente sulla
laguna verso la Terra Ferma. Utilizzata per
molti anni come magazzino per i tabacchi, la chiesa è stata restaurata nel 1974. |
Opere d'arte all'interno. soffitto piano: dipinto a fresco a tre comparti: Anime del Purgatorio – Esaltazione della Croce – Madonna in gloria con San Francesco (1705), recava un’iscrizione con la data di realizzazione che ricordava che era stato eseguito per carità della Schola de devozion del Crocefisso. controfacciata: organo a canne. alla parete: Puttini con simboli della Beata Vergine e Miracolo
della Vergine due
dipinti di A. Varottari; Miracolosa
sconfitta dei Camotesi dipinto del Padovanino. alle colonne delle navate: Quattro
stagioni, quattro dipinti di J. Bassano; Cristo
e l’Adultera – Cristo e il Centurione – Cristo nell’orto, tre
dipinti di P. Veronese; Vocazione dei figli di Zebedeo dipinto di C.
Caliari; Madonna col Bambino dipinto di G. Bellini, Madonna dipinto
di B. de’ Pitati; Sacra Famiglia dipinto di Polidoro; Ecce Homo
dipinto di P. Bordon; San Sebastiano dipinto di scuola del Giorgione; Madonna
dipinto di G. Cima da Conegliano. lato destro, primo altare: lato destro, secondo altare: lato destro, terzo
altare: alla parete: Arca di Noè dipinto opera di J. Bassano. lato destro, quarto altare (Ascensione): all'altare: Ascensione - pala, opera di B. de’ Pitati alla parete: Miracoli
della Madonna tre dipinti opera di M. Ponzone. cappella laterale destra (San Giovanni Battista): all'altare: San Giovanni Battista – pala del Tiziano alla parete: La Vergine col Bambino e San
Giuseppe, Santa Caterina e altra Santa dipinto, opera di J. Palma il vecchio. presbiterio: al soffitto: Giudizio
universale, affresco opera di A.
dal Friso. altar maggiore: fu fatto erigere a spese del
nobilomo Alvise Malipiero. all’altare: Assunta, pala del Veronese alle pareti: San Gioacchino cacciato dal tempio
– Lo sposalizio della Vergine – L’adorazione dei Magi, tre dipinti opera del Tintoretto. a sinistra: Caduta
della manna - dipinto attribuito alla bottega di P. Veronese. cappella laterale sinistra (San Francesco): monumento
funebre al Nobilomo Alvise Malipiero elegantissimo monumento rinascimentale. lato sinistro, primo altare (Santi dell’Ordine): altare
Mocenigo Madonna
col Bambino, Santa Chiara, San Pietro, San Francesco, San Giacomo,
Sant’Andrea pala,
opera di B. de’ Pitati. lato sinistro, secondo altare (Crocefisso): all’altare: nessun
dipinto, probabile la presenza di una scultura. lato sinistro, terzo altare (Incoronazione della Vergine): all’altare: Incoronazione della Vergine dipinto, opera di J.Palma il giovane. lato sinistro, quarto
altare: altare
Marcello all’altare: pala
opera di G. Del Moro. Collocazione odierna dei dipinti sopravvissuti: Presso le
Gallerie dell’Accademia: Assunta, pala del Veronese; San Giovanni Battista pala del Tiziano Miracolo della Vergine dipinto di A. Varottari Lasciata
in legato dal nobilomo Simone Lando nel 1584, fu rubata nel ‘700 e poi ritrovata
e quindi portata in Palazzo Ducale: Arca di Noè dipinto di J. Bassano Nel
presbiterio della chiesa di San Trovaso: San Gioacchino cacciato
dal tempio
– L’adorazione dei Magi, due dipinti del
Tintoretto. A Milano, presso
le Gallerie di Brera: Cristo nell’orto, dipinto del Veronese A Riese
(TV), dal 1857 presso la chiesa di Santa Maria delle Cendriole: Lo sposalizio della
Vergine
dipinto del Tintoretto. Tutti gli
altri dipinti elencati sono andati perduti, come le sculture e come tutti gli
arredi, tra i quali ancora erano compresi al momento della soppressione lo
scudo e il fanò del nobilomo Simone Lando, nonché il suo busto in terracotta. L’altar
maggiore fatto erigere dal nobilomo Alvise Malipiero fu trasportato nel 1829
nella chiesa di Santa Maria Mater Domini,
nella cappella a sinistra della maggiore. Il monumento del nobilomo Alvise
Malipiero fu spostato nel 1835 nella chiesa abbaziale della Misericordia, ma
venne più tardi venduto all’estero. Tra le
reliquie della chiesa che furono raccolte e riposte in quella di San Tomà, figurano il corpo di San Fausto, una
reliquia di San Valentino, una spina della corona di Cristo, quest’ultima era
custodita dai confratelli della Schola de devozion
de l’Assunta, la cui sede fu eretta nel 1507 dirimpetto la chiesa e
che ancora sussiste, essendo anche stata ottimamente restaurata nel corso del
2007 dopo decenni di rovinoso abbandono. |
La facciata e il
portale: la facciata cinquecentesca,
in cotto a vista, è attribuita a T. Lombardo. In essa si
individuano con facilità gli elementi compositivi rinascimentali, quali: il
semplice portale, la cornice mediana, il collegamento curvilineo della navata
centrale con quelle laterali, il frontone triangolare. |
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Interno: La pianta della
chiesa è del tipo basilicale a tre navate, con profondo presbiterio
affiancato da cappelle laterali a fondo piatto. Gli altari erano in totale undici:
quattro per navata, i due delle cappelle laterali e l’altar maggiore. Di nove
si conosce la dedicazione: dei Santi dell’Ordine, dell’Incoronazione della
B.V. Maria, di San Marcello, di San Nicolò, dell’Ascensione, di Santa Chiara,
della Pietà, di San Giovanni. Le navate sono
divise da cinque coppie di colonne con capitelli ionici su cui si impostano
archi a tutto sesto. Sulla parete di
destra sono visibili tracce di un affresco raffigurante un finto colonnato. |
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Il campanile: Il campanile in
cotto, a canna quadrata, porta lo stemma della casada dei Malipiero. Presenta
caratteristiche ancora legate alla tradizione gotica, in particolare la
cuspide conica che chiude la canna affiancata da quattro guglie. |
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Il monastero: Un diligente
rilievo manoscritto, eseguito nel 1806, è l’unica testimonianza esistente su
quella che era la situazione edilizia del complesso religioso. A sinistra della
facciata della chiesa si apriva l’ingresso al convento che immetteva,
attraverso un lungo atrio, in un grande cortile porticato su tre lati. Un secondo
chiostro, compreso fra questo cortile ed il campo
Santa Maria Mazor, costituiva certamente il nucleo abitativo più
antico, sorto assieme alla chiesa. Una serie
continua di corpi di fabbrica si sviluppava poi fino ad intestarsi sulla
fondamenta del Rio dei Pensieri (oggi
divenuto Rio terà), lasciando ampi
cortili lungo il lato verso il Rio de la
cazziola. Come d’uso, un
alto muro di cinta circoscriveva l’intera area. |
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