SESTIER DE

S. CROSE

ciexa de San Giacomo da l'orio

CONTRADA

S. GIACOMO

DA L'ORIO

 

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Cenni storici:

L’esistenza della chiesa di San Giacomo da l’orio viene fatta risalire tradizionalmente al 979, mentre il primo documento ufficiale in cui si manifesta l’esistenza della struttura parrocchiale è datato 1130, dove un notaio si firma Petrus Sulmulo, pesbiter et plebanus ecclesie sancti Jacobi. Fin dalla sua fondazione essa fu chiesa parrocchiale, con giurisdizione su di un territorio di media estensione.

Completamente distrutta da un furioso incendio, la chiesa fu dapprima rifabbricata nel 1149 per essere poi completamente demolita e ricostruita a pianta basilicale bizantineggiante nel corso del 1225, grazie al generoso sostegno economico delle famiglie patrizie Badoer e Da Mula.

Nella prima metà del ‘300 esistevano in chiesa tre altari: il maggiore (citato in un testamento del 1345), quello di San Giacomo Apostolo (eretto dalla schola de devozion omonima nel 1322) presso la porta laterale di sinistra ed infine quello di San Sebastiano.

Nel 1345 un disastroso terremoto lesionava gravemente l’edificio ed i restauri successivi apportarono profonde modifiche all’impianto planimetrico e volumetrico, pur mantenendo caratteristiche bizantine. Il transetto fu rifatto a tre nevate in stile gotico sulle tre navate longitudinali, vennero sostituiti i capitelli romanici delle colonne della navata centrale e sostituiti con altri di chiara impronta gotica. Rifatta l’abside centrale, scandita all’esterno da lesene e coronata dalla serie di archetti pensili, nello stesso periodo venne impostato anche il soffitto ligneo a carena di nave, infine fu realizzato il barco (coro) maschile davanti al presbiterio con il fianco destro aperto verso l’ingresso dal campo.

Nel 1566 il battistero viene trasferito all’interno della chiesa, demolendo l’edificio che a questo scopo esisteva presso l’abside di sinistra e due anni dopo in quest’area iniziava la costruzione della sacrestia che nel 1575 ancora non era terminata.

Nel 1568 lo spazio fra il campanile (allora isolato) ed il transetto viene colmato con la costruzione delle abitazioni per il clero.

Altri restauri furono attuati nel XVI secolo, per effetto dei quali la chiesa subì ulteriori modifiche che interessarono, dal punto di vista decorativo, specialmente le murature della navata con cornici lignee intagliate e dorate, nonché il presbiterio che fu arricchito alle pareti dagli attuali rilievi marmorei.

Nella sua celebre pianta di Venezia del 1500, De’ Barbari sottolinea, volutamente alterandone le reali proporzioni, l’importanza della fronte meridionale che si affaccia sul campo san Giacomo da l’orio, corrispondente al braccio destro del transetto. In secondo piano appare il corpo poligonale dell’abside e quindi la parte superiore del campanile, il cui disegno rispecchia fedelmente l’attuale costruzione.

Nel 1592 il Patriarca Priuli ordine la demolizione del barco e lo spostamento dell’altare della Croce che dava le spalle a quello del Santissimo. In quell’anno la schola de devozion del SS Sacramento acquista la cappella absidale destra e procede ad un radicale restauro che termina nel 1604 con risultati di grande sfarzo.

Nel 1764 vengono demoliti gli altari lignei di San Sebastiano e del Presepe; viene costruito un nuovo altare in pietra sul lato destro del transetto, si innalzano due finti muretti che chiudono le due braccia del transetto, facendo assumere alla chiesa il tipico aspetto di aula settecentesca.

Nonostante i ripetuti interventi però, la chiesa ha mantenuto al suo interno non solo un aspetto unitario ma anche uno stile prettamente bizantino.

Alla caduta della Repubblica, la chiesa sopravvive alle generali soppressioni di edifici religiosi operati da Napoleone, ed anzi ingloba il territorio già di competenza delle chiese di San Zan Degolà, San Stae, San Boldo e Sant’Agostin (queste ultime due demolite)

Sull’onda dell’allarme suscitato con il crollo del campanile di San Marco (1902), la chiesa venne sottoposta a restauri nel 1903, purtroppo applicando i vecchi criteri romantici di ricostruire più che preservare: venne, ad esempio, demolita la cinquecentesca schola de San Giacomo accanto all’ingresso del transetto, solo per rifare lo spiovente destro.

 

NAVATA CENTRALE

la chiesa presenta il fascino tipico del romanico lagunare, con molta penombra e la luce dosata che filtra dalle quattro finestrelle collocate, per ragioni di praticità rispetto ai venti del nord, lungo il lato meridionale,

Di notevole interesse per la soluzione escogitata rispetto all’incrocio tra la navata principale ed il transetto è il soffitto, che presenta una decorazione bilobata a carena di nave, a cassettoni lignei di larice sostenuti ai lati dai tipici barbacani e con la consueta treccia a gomena al centro.

Simile ad altri soffitti di chiese veneziane (Santo Stefano e San Polo), sebbene sia stato costruito dopo il 1345, dunque in pieno periodo gotico, la soluzione qui ottenuta appare più robusta, legata ad un linguaggio tardo romanico.

lato destro della navata centrale: acquasantiera, pila in marmo cipollino dell’Anatolia. Non è nota la sua provenienza e funzione originaria. Dal tipo di marmo si suppone un’origine orientale e l’arrivo a Venezia con la quarta crociata del 1204.

 

CONTROFACCIATA

guardando, a destra:

alla parete: piccola tela San Girolamo Emiliani (secolo XVII), di G. Camerata.

guardando, al centro:

- organo:

nel 1400 in chiesa già esiste l’organo che viene rifatto una prima volta nel 1532. Quello attuale è opera del Callido, completato nel 1776.

- cantoria:

ordine inferiore, a destra: David, al cartiglio: laudate deum in chordis et organo; a sinistra: David, al cartiglio: laudate Dominum in tympano et choro; (secolo XVI) due dipinti di A. Schiavone.

ordine superiore, al centro: Disputa di Gesù con i dottori del tempio a sinistra: Chiamata degli Apostoli a destra: Martirio di San Giacomo (secolo XVI), tre dipinti di A. Schiavone.

 

NAVATA DESTRA

alla parete: Crocefisso e la Maddalena (fine secolo XVII), piccola lastra a centina. (Già all’esterno dell’abside destra, fu qui collocata nel 1969).

sopra il confessionale: tela Miracolo della Vergine (secolo XVIII), di G. Zompini.

sopra la tela: finestrella romanica, a ghiera semplice, riapparsa nei restauri del 1903, resto dell’antica costruzione duecentesca.

alla parete: tela Ultima cena (secolo XVI), di Anonimo veneziano.

- primo altare: altare della Madonna

Fu qui collocato nel 1832 (vedi lapide a sinistra) proveniente da altra chiesa soppressa. In stile barocco, è opera di anonimo della scuola del Gaspari.

nel paliotto: altorilievo Madonna del Rosario, di Anonimo, prova l’originale dedicazione dell’altare alla Vergine del Rosario.

all'altare: statua in legno dipinto Madonna (secolo XV)

 

BRACCIO DESTRO DEL TRANSETTO

alla parete, entro una nicchia: scultura in marmo greco Madonna orante (metà secolo XIII), di anonimo (già all’esterno della chiesa di San Zan Degolà e qui collocata nel 1968).

alla parete: cornice e ricciolo a gattoni, frammenti duecenteschi di origine erratica.

al di sopra del bancone: tela Moltiplicazione dei pani e dei pesci (1614) dipinto attribuito a J. Palma il giovane.

alla parete: patera, di arte veneto-bizantina.

sopra la porta: presso la finestra: urna funebre di Carla Priuli (secolo XVI), arte lombarda.

- secondo altare: altare di Sant’Antonio

Di concezione monumentale, realizzato nel corso del 1764, è strutturato in modo da usufruire dell’intera parete e delle due finestre; viene attribuito a G. Massari.

nel paliotto: lavorato a rilievi geometrici con al centro Croce espansa in policromia marmorea.

all'altare: tela La Vergine e il Bambino in gloria con Sant’Antonio, San Giuseppe, San Giacomo, San Lorenzo e San Sebastiano (1764), di G. Pittoni.

sulla sinistra: colonna ionica, celebre monolite di marmo in verde antico, recata a Venezia da Bisanzio dal nipote del Dose Enrico Dandolo (1192-1205) e forse in chiesa sin dal 1200.

a lato della porta della sacrestia nuova : statuetta in pietra San Giacomo (fine secolo XVII), di B. Cabianca.

 

SACRESTIA NUOVA

Venne costruita nel 1903 sull’area dell’antica schola de devozion de San Giacomo che fu perciò demolita.

al soffitto: a cinque comparti dorati, al centro Allegoria della Fede e ai quattro tondi i dottori della chiesa occidentale: San Gregorio Magno – San Girolamo – Sant’Agostino - Sant’Ambrogio (1577) di P. Veronese, composizione in origine preparata per il soffitto della schola de devozion del SS. Sacramento.

parete a destra: pala Presentazione della Vergine al tempio (1771) di F. Zugno. (già nella chiesa di Sant’Agostin e poi in quella di San Zan Degolà da dove pervenne nel 1840) segue: tela Crocifisso tra la Madonna e San Giovanni (1575/1581) di J. Palma il giovane, un tempo in sacrestia vecchia; al centro: intaglio ligneo dorato a fondo azzurro (secolo XVI), frammento di più ampia decorazione della chiesa.

al di sotto: tela Nozze di Cana (1498-1550) dipinto attribuito a J. Palma il giovane.

al di sopra: tela La predicazione del Battista (1570), di F. Bassano, eseguita per incarico del mercante Gaspare Dolzoni.

di fronte alle finestre, in alto: tela Lavanda dei piedi, (secolo XVI) di M. Colonna.

sopra: tela Agonia di Cristo nell’orto con committente (fine secolo XVI) del Tizianello, eseguita per la schola de devozion del SS. Sacramento

alla parete d’ingresso: tela La Vergine in gloria con San Giovanni e San Nicolò , (1570), di F. Bassano, eseguita per incarico del mercante Gaspare Dolzoni. e pala dell’altare della cappella absidale sinistra, dal quale fu rimossa nel 1596, alla morte del committente.

sopra la porta: tela Immacolata con Sant’Anna, San Gioacchino, Sant’Antonio da Padova, San Giuseppe e San Francesco di Sales, (1734), di GB. Cromer.

appena usciti: tela Cena in Emmaus (principio secolo XVI), di scuola del Bonifazio

 

CAPPELLE ABSIDALI

cappella absidale destra: cappella del SS. Sacramento

Iniziata nel 1549 e completata nel 1604; subì un intervento di riordino nel 1753. Entrando, collocata al centro, grande balaustra marmorea in marmi policromi (1750). L’innalzamento della cupola e lo sfondamento del muro perimetrale per ottenere l’abside hanno di fatto turbato l’originaria armonia dei volumi.

cupola: è circondata da una balaustra lignea, secondo lo schema palladiano.

ai quattro pennacchi: affreschi San Luca, San Marco, San Matteo, San Giovanni di A. Varottari detto il Padovanino;

alla cupola: vasto affresco Angeli turibolanti, non completamente attribuito a J. Guarana, con decorazioni a stucco;

al catino absidale: affresco Angeli tribolanti (1830), di G. Paoletti.

altare: a forma di tempio palladiano, con sei colonne che reggono un’ampia cupola, sormontata dal Redentore. Splendida la porticina del tabernacolo, con scena di Gesù agonizzante nell’orto (secolo XIX)

alle pareti:

a destra, in alto: tela in lunettone Flagellazione (1598), di Tizianello; a sinistra, in alto: tela in lunettone Ecce Homo (1598), di G. Dal Moro; sotto: tela Via Crucis (1598), di J. Palma il giovane.; a destra, in basso: Deposizione nel Sepolcro (1598) di J. Palma il giovane.

presbiterio:

sopraelevato rispetto al piano della chiesa da gradini in rosso di Verona. Conserva dell’impianto romanico la linea d’insieme, si avvertono le decorazioni aggiunte nel corso del 1510 ottenute con l’uso di tarsìe marmoree.

appeso al centro dell’arcone di volta: in legno di pioppo, grande Crocefisso (1324), di P. Veneziano;

parete destra e sinistra: ciascuna con grande Croce murale, a fini marmi, di stile lombardesco (principio secolo XVI)

altar maggiore: demolito nel 1960 quello originario, fu sostituito dall’attuale.

parete absidale:  pala Vergine col Putto fra i Santi Andrea, Giacomo, Cosma e Damiano (1546) di L. Lotto (un tempo nel primo altare di sinistra); sotto: bassorilievo Martirio di San Giacomo (1704), attribuito a G. Torretto, è il paliotto dell’altar maggiore demolito nel 1960.

ai piedi dell’abside: lapide commemorativa della dedicazione della chiesa, ad intarsio marmoreo di palme legate assieme, chiara allusione al martirio del patrono San Giacomo.

a sinistra del presbiterio:  scultura Madonna Annunciata (secolo XIV), in pietra dura (già sopra l’ingresso della chiesa di Santa Maria Mater Domini e qui portata nel 1972).

cappella absidale sinistra: cappella dell’Addolorata

Di gusto barocco, fu ampliata nella struttura absidale fra il 1621 e il 1624 dai fratelli Contin, per conto della schola de devozion de l’Annunciata.

alla parete destra: monocromi Daniele e David (1532), attribuiti a G. Padovano, sul verso delle portelle dell’antico organo.

alla parete sinistra: monocromi San Giovanni Evangelista e San Giacomo col bastone da pellegrino (1532), attribuiti ad A. Schiavone, sul verso delle portelle dell’antico organo.

all'altare: pala Addolorata fra angeli in pianto (1770), di L. Gramiccia.

sopra la porta d’ingresso alla sacrestia vecchia: altorilievo Madonna con Putto e donatore (principio secolo XV), raccolto entro un arco ad ogiva a doppi dentelli, con un Angelo (secolo XIII), ritto sul vertice ad ali spiegate.

 

SACRESTIA VECCHIA

piccolo ambiente che conserva intatti i dossali del ‘500 ed il lavabo al centro dell’armadio che appartiene alla fabbrica cinquecentesca della sacrestia.

soffitto: Eucarestia adorata dai quattro evangelisti (1575) dipinto di J. Palma il giovane.

angolo a sinistra: Agnello Pasquale, sopra la porta: Cristo deposto nel sepolcro, segue: Passaggio del Mar Rosso, segue: Il parroco da Ponte davanti alla Vergine, San Marco, San Silvestro e San Giacomo, parete sinistra: Serpente di bronzo, segue: Raccolta della manna, segue:  Elia cibato dall’angelo (1575), sei dipinti di J. Palma il giovane.

 

BRACCIO SINISTRO DEL TRANSETTO

alla parete: tavola San Sebastiano fra San Rocco e San Lorenzo, (1498-1500) dipinto di G. Bonconsiglio detto Marescalco. (già pala della schola de devozion de San Sebastian nel primo altare a destra).

secondo altare: cappella di San Lorenzo

la devozione al Santo martire esisteva in questa cappella sin dal 1434.

alla parete destra: San Lorenzo benefica i poveri (1575), di J. Palma il giovane;

alla parete sinistra: Martirio del Santo (1575) di J. Palma il giovane;

all'altare: pala San Lorenzo, San Giuliano e San Prospero, (1581), di P. Veronese, eseguita a spese della nobildona Laura Barbarigo, vedova del nobilomo Giacomo Malipiero defunto nel 1572.

 

NAVATA SINISTRA

- pulpito:

collocato fra il transetto e la prima colonna, realizzato nel 1581 a forma di grande calice ottagonale, sostenuto da gambo a nodo; è decorato in ogni lato a partizioni geometriche in marmo e agli spigoli da una mensola ricurva rivestita di foglia d’olivo; accanto al pulpito: colonna di granito con tipico capitello corinzio a foglie accartocciate, di origine bizantina vicino a forme di consimili situati nel nartece della chiesa di San Marco.

- battistero:

eretto nel 1566, ha l’ingresso a portale con timpano cinquecentesco e al centro lo stemma del Da Ponte, il parroco che lo fece costruire; all’interno: la vasca battesimale cinquecentesca, in rosso di Verona, lavorata a costoloni. Completamente scomparse le originarie dorature.

- andito:

l’ingresso all’andito della porta laterale settentrionale ha interessanti stipiti in marmo anatolico, qui inseriti nel corso del ‘500; al di sopra: tela Miracolo di San Giacomo che resuscita il gallo (secolo XVI) di A. Palma.

all’interno, parete a destra: ligneo Crocefisso (1350) di scuola toscana; parete a sinistra: tela Cristo sostenuto da un angelo (1610) di J. Palma il giovane.

- primo altare: altare del Crocefisso

Realizzazione del tardo ‘600, ravvisabile nella struttura del timpano ad arco spezzato, è pervenuto da altra chiesa soppressa e fu qui posto nel 1826.

al paliotto: altorilievo Vergine confortata dalle pie donne (secolo XVII), attribuito a P. Baratta.

all'altare: marmoreo Crocefisso (secolo XVII), attribuito a P. Baratta.

Portale e facciata:

La facciata principale, che dà sul campiello del Piovan a sua volta lambito dal Rio de Sant’Agostin, ha oggi in evidenza solo la parte corrispondente alla navata maggiore, anch’essa parzialmente nascosta sulla destra dalla modesta casa che funge tuttora da abitazione del parroco.

Gli elementi che caratterizzano questa anonima parete sono: al vertice dello scomparto centrale una croce patriarchina in ferro a doppia traversa, al di sotto un occhio circolare posto al vertice degli spioventi del tetto, più in basso, ai lati, due finestre (forse ampliate nel ‘700 rispetto alla luce del ‘500), al centro una croce greca ansata col sostegno rigonfio, databile forse attorno alla metà del secolo XVI. Al fastigio dell’arco ribassato del portale, su un peduccio, la statuetta in bianca pietra d’Istria di San Giacomo Maggiore.  

Le stesse caratteristiche compositive, forse meno anonime pur nella loro estrema semplicità, si ritrovano nei prospetti delle due braccia del transetto, con una maggiore definizione per quello che guarda verso meridione.

Absidi:

verso il campo guardano le tre absidi della chiesa, in evidente disarmonia stilistica.

Quella centrale, duecentesca, è scompartita in lesene e chiusa da archetti pensili. Resta assai discutibile la soluzione delle colonnine superiori, qui collocate con il restauro del 1903.

Le due absidi laterali sono state erette in tempi diversi: quella di sinistra, del Santissimo, è stata costruita nell’ultimo decennio del 1500, quella di destra, dell’Addolorata, fu realizzata nel 1621.

Degne di particolare nota le inferriate alle finestre di quest’ultima, che seguono la curvatura dell’abside, lavoro in ferro battuto del ‘700.

L’interno:

la pianta dell’edificio, a croce latina a tre navate, ha la navata centrale divisa dalle due laterali da una serie di cinque colonne per lato: in pietra d’Istria, prive di basamento (secondo la tecnica degli edifici romanici lagunari), con capitelli del ‘300 a becco di civetta con dorature sugli angoli.

Lavoro del 1532 di anonimo intagliatore, l’intradosso di ciascun arco è decorato a grottesche su fondo ligneo con tracce di doratura, ripetendo un motivo ravvisabile negli intradossi degli archi della navata di San Marco.

Nelle due navate laterali non si osserva l’irregolare distribuzione dello spazio: quella di destra, tra la seconda e la terza colonna, piega verso il transetto a tre navate, quella di sinistra si apre fra la quarta e la quinta al braccio del transetto ridotto qui ad una sola navata, in conseguenza degli edifici (casa del clero, sacrestia, battistero, andito di uscita) addossati nel corso del ‘500 e del ‘700.

Sviluppato come sopra descritto, il grande transetto costituisce la caratteristica specifica della chiesa. Visto dall’esterno, il braccio settentrionale appare incorporato entro la navata laterale (conseguenza degli edifici addossati alla fabbrica nel ‘500), mentre invece al lato opposto il braccio si estende al di fuori delle mura perimetrali.

Quest’ultima soluzione, in origine presente anche sul lato settentrionale, è probabile che sia stata introdotta nella ristrutturazione trecentesca della chiesa, quando il transetto fu ampliato con archi gotici pur mantenendo inalterato il carattere romanico delle due facciate.

Il transetto è quindi il risultato del riadattamento di un edificio precedente: si osservi infatti la misura diversa degli archi, dei quali nessuno corrisponde in modo esatto all’altro.

Con la sovrapposizione della pianta a croce greca, data dal largo transetto, su quella a croce latina, data dalle tre navate longitudinali (prescindendo dal presbiterio, transetto e navata centrale sono di dimensioni quasi uguali), si individuano due edifici a tre navate a sé stanti: quello romanico nel senso est-ovest e quello gotico nel senso nord-sud. Nel corso del ‘500 si sono poi aggiunte modifiche rinascimentali nel presbiterio e nella cappella presbiteriale di destra.

Nella navata centrale, al di sopra delle arcate a tutto sesto, corre una cornice lignea intagliata ad aggetto, realizzata nel 1532, che risponde ad esigenze culturali rinascimentali. Fu restaurata ed integrata nei pezzi mancanti nel 1903.

 

Il campanile:

Nel 1225, in occasione della ricostruzione della chiesa, fu innalzato anche l’attuale campanile veneto-bizantino in cotto, alto 44 metri, il cui insieme rivela la dipendenza stilistica da quello di Torcello.

A pianta quadrata, ha su ciascun lato doppie ed ampie lesene che partono da terra per terminare ad arco sotto la cella campanaria.

Quest’ultima si apre ai quattro lati con quadrifore scandite da colonnine binate su doppi capitelli di pietra ed archi romanici.

Una decorazione ad archetti ciechi corre lungo i lati immediatamente sotto il basso tetto a quattro falde.

A circa un terzo della canna, dal lato del transetto, si aprono nella canna due piccole bifore parallele ed una monofora superiore. Le bifore sono ottenute con una colonnina di trachite e con un capitello a stampella, decorato a motivi floreali che sostiene il piedritto.

Sopra la porta d’ingresso è collocato un bassorilievo in marmo greco con la raffigurazione di San Giorgio in piedi che regge lancia e scudo e la didascalia in lettere greche: O Ag(ios) Gheorghios (San Giorgio). Datato fra il X o XI secolo, di area bizantina, è anteriore alla prima crociata (1096-1099).

Il campanile è stato restaurato nel 1903.

 

 

Un mistero che da sempre affascina chiunque vi si accosti, è costituito dall’origine ed il significato del toponimo Orio.

Una prima interpretazione, difficilmente credibile, fa derivare Orio da una serie di successive variazioni etimologiche: Lupao, Lopio, Lupi, Lupriolo, Lupiro, Lupario, Lorio, Orio e si riferisce alla presenza in questi luoghi di branchi di lupi calati in epoche remotissime.

Francesco Sansovino avanzava invece l’ipotesi che Orio fosse più semplicemente una corruzione dialettale di dal rio ad indicare l’orientamento della vera facciata della chiesa, appunto verso il Rio de Sant’Agostin.

Una terza ipotesi prende forma a partire dal luogo, un toponimo quindi di natura geografica, come anche intuì il Sabellico nel ‘400, senza però poterlo provare. In questo senso la base di partenza sarebbe la radice lup, che nel dominio romanzo allude a suolo emergente da zona paludosa. Essendo in Venezia la vasta area di Luprio il dato più antico riportato nei documenti quando ci si riferisce a quella zona della città che arrivava fino a Rialto, ne discende che non gli Ori, documentati in Contrada, hanno dato il nome all’isola, semmai è successo l’inverso. Dal toponimo essi hanno derivato il cognome, grazie ad una casuale convergenza fonetica fra il toponimo Orio (geonomastico) e la famiglia Orio derivante dal cognome Aurii, ampiamente documentato a cavallo del Mille nella Venezia rialtina.

Bibliografia:

Niero Antonio

“Chiesa di San Giacomo dall’Orio”

Tipografia Salvagno, Venezia 1990

 

 

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