tezoni a la gagiandra

CAXA DE L’ARSENAL

Sul tratto del muro di cinta del saliente del rio de le Verzene, prima che questi pieghi bruscamente verso sud ed assuma la denominazione di rio de San Daniel, si attestano i quattro (dei cinque originari) tezoni a le gagiandre, dei quali almeno i primi tre verso est furono impostati da subito con funzioni di deposito e forse gli altri due utilizzati come squeri.

Un tempo questi tezoni erano uniti ed allineati con il blocco degli otto squeri successivi, chiamati tezoni alti a l’isolotto.

Riportando come d’uso gli stemmi dei due Provedadori a l'Arsenal e dei tre Patroni a l'Arsenal in carica a quell’epoca, una lapide ricavata sulla prima colonna del primo tezon ad est, ricorda che il 1566 fu l’anno in cui ebbero inizio di lavori per la loro costruzione.

In merito al nome assegnato ai tezoni, vi è da dire che nella pianta redatta nel 1798 dal Maffioletti stato dell’Arsenale alla caduta della Repubblica in merito allo spiazzo che costeggia gli edifici si legge “strada scoperta detta gaiandra”, denominazione che pare sia stata mutuata dal nome di un'antica imbarcazione che qui veniva custodita in tempi antichi. Il fatto però che i tezoni non abbiano avuto un grande utilizzo come squeri, ha fatto propendere verso altra soluzione, identificando il termine con il peso o la zavorra che serviva per l'ancoraggio.

Secondo l'opinione del Casoni questi sono gli squeri ai cui ci si deve propriamente riferire con l'appellativo di gagiandre, non già alle due tettoie acquee distanti poche decine di metri, che per qualche sconosciuta motivazione vengono oggigiorno così identificate, invece che con quello proprio di tezoni aquatici a le canne.

Infine, il Boerio nel suo “dizionario del dialetto veneziano” definisce il vocabolo ”gagiandra“ quale sinonimo di tartaruga o testuggine, nel nostro caso riferito, forse, alla speciali zattere armate che servivano in tempo di guerra a sorreggere le grosse catene che chiudevano le bocche di porto.

Ancora in base alla citata pianta del Maffioletti, è possibile desumere che, procedendo da est verso ovest, i cinque tezoni a le gagiandre erano utilizzati come segue:

tezoni (1,2) - depositi di legname dolce già segato;

tezon (3) laboratorio dei segadori di legname dolce;

tezoni (4, 5) - depositi di scaloni e chiaveselle in larice ed abete.


Caduta la Repubblica, nel corso della seconda occupazione francese (1806-1814) i primi quattro tezoni a le gagiandre furono chiusi alla fronte, mentre invece il più esterno, il quinto, venne demolito condividendo così il triste destino dei successivi otto tezoni alti a l’isolotto che scomparvero per lasciare il posto a quattro grandi scali scoperti in pietra d'Istria e muratura.


Nel 1831, durante la seconda occupazione austriaca (1814-1848), uno dei tezoni venne adibito ad officina lime, funzione che però venne quasi subito, con tutto il blocco edilizio che venne adibito ad uso magazzino.


Tale sorte non mutò nel 1866, con l’annessione del Veneto al Regno d’Italia e con l’applicazione del piano di riordino dell’Arsenale voluto dalla Regia Marina.


Quando nel 1964 l’Arsenale cessò ogni attività, i tezoni rimasero affidati alla Marina Militare che li adibì inizialmente a magazzino e poi li abbandonò.


Attualmente (2006) i quattro tezoni a le gagiandre sono stati consegnati alla Biennale di Venezia che li ha restaurati ed adibiti a teatro e a spazio espositivo.

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