Istituzione.
In
seguito alle conquiste territoriali effettuate dalla Repubblica nel corso del XV
secolo, venne subito ravvisata dal Governo la
pericolosa tendenza secondo cui, ogni qualvolta si dava
pratica esecuzione alle procedure previste per il passaggio di
proprietà dei
beni demaniali, molto spesso le comunità soggette afferravano
l'occasione per usurparne il possesso, dichiarando come privati i beni
pubblici che
invece erano stati loro concessi per lo
sfruttamento dai Principi o Signori ai quali in realtà
appartenevano. Beni
Comunali erano per definizione del diritto pubblico
veneziano, tutte quelle proprietà pubbliche che venivano godute,
spesso in uso collettivo, dalle comunità di Terra Ferma e
talvolta anche dell'Istria; solitamente si trattava di terreni
paludosi, boschivi o pascolivi.
Imparata la lezione, subentrando al vecchio potere il Governo iniziò
sistematicamente a dichiarare tutte le aree di
usufrutto collettivo beni di esclusiva proprietà dello
Stato, che continuavano ad essere concessi in uso precario, e dunque sempre
revocabile, alle comunità interessate.
Nel 1461 intervenne in materia il Consejo dei Diese, il
quale dispose una severa regolamentazione alla
materia, ordinando che in tutti i
territori di recente conquista fossero rispettati esclusivamente i
diritti di coloro che, dichiarandosi legittimi proprietari di
beni conosciuti in loco come demaniali, potessero provare
tale possesso per una durata ininterrotta di almeno 30 anni.
Con lo stesso decreto i Dieci non dimenticarono di vietare
tassativamente ai Comuni di poter
alienare dai loro possedimenti qualsiasi bene,
vendendolo od affittandolo a privati.
L'esecuzione e l'osservanza di questo importante decreto venne
dapprima delegata alla magistratura degli Officiali a le
Rason Vecie ma rivelatosi questo ufficio già
troppo impegnato, si decise di delegare alla sovrintendenza
della delicata materia l'ufficio dei Provedadori sora
Camere.
Tuttavia fu presto evidente che la vastità e la complessità
della materia necessitavano di un organo che seguisse
appositamente tutta la problematica, senza che fosse già oberato
da altri incarichi; tale considerazione fece sì che ancora il
Consejo dei Diese nel 1536 provvedesse all'elezione di due nobilomeni a ciò
espressamente deputati, che ebbero inizialmente il titolo di
Provedadori sora usurpi de li Beni Comunali.
Iniziando ad operare con carattere del tutto provvisorio,
l'ufficio in seguito decadde, per venire quindi nuovamente
rinnovato, sempre a cura del Consejo dei Diese, nel 1538 e
ancora nel 1542.
A
rendere perpetua la rielezione di questa importante magistratura
ci penserà alfine il Senato che, intervenendo direttamente nella
competenza elettiva dei Provveditori, con Parte del 17
ottobre 1574, decretò l'elezione di tre nobili col titolo di
Provedadori sora li Beni Comunali, organo ora dipendente dal
Senato (non più del Consejo dei Diese) e con ampia responsabilità di
gestione sull'intera materia.
La
durata in carica venne fissata in un anno, mentre vennero
esclusi dalla possibilità di candidarsi tutti coloro che
vantassero la proprietà di terreni confinanti con beni pubblici
o che avessero anche semplicemente interessi diretti od
indiretti sugli stessi.
Da
questo momento uno dei Provveditori assunse anche il titolo di
Inquisitore, con competenza sia di formare processo
contro i casi di usurpo potendo per questo utilizzare il rito
del Senato, sia la possibilità di gestire direttamente la
vendita ai privati di tutti quei dei beni comunali che fossero
stati ritenuti superflui.
Competenze.
Quale compito principale, i Provveditori dovevano redigere e
conservare con diligenza gli speciali registri che contenevano il catasto aggiornato dei terreni demaniali, avendo facoltà di
concedere e di rinnovare i permessi di usufrutto, dovevano
adoperarsi attivamente per impedire usurpi ed alienazioni,
avevano competenza di giudicare in prima istanza le controversie
che insorgessero tra i Comuni ed il
Fisco; dal 1757 ebbero pure l'incombenza di abilitare i pubblici
periti agrimensori.
Da
accennare, nel quadro dei provvedimenti presi direttamente dal
Senato in materia di beni comunali, una legge del 1646, nella
quale le proprietà pubbliche vennero classificate in due
categorie, ambedue interessate alla vendita dei terreni in
beneficio all'Erario:
v
i
beni pubblici riconosciuti alienati da privati,
v
i
beni pubblici classificati superflui ai Comuni.
Entrambe le categorie di beni, una volta acquistati dai privati,
rimanevano comunque sottoposti alla legge che stabiliva come
anche questi terreni erano da intendersi sottoposti alle
medesime gravezze che normalmente venivano applicate sui
beni dei privati cittadini, non potendo comunque essere invocata
alcuna esenzione in memoria del precedente status di bene
pubblico.
In
tutte le cause civili o penali, trattate anche da altre
magistrature, in cui l'oggetto del dibattito fosse stato la
disposizione di beni comunali, era d'obbligo che intervenissero
sempre gli Avvocati dello Stato detti Fiscali della Signoria,
pena l'invalidità della sentenza così raggiunta.
Le
richieste d'appello contro le sentenze emesse da questa
magistratura venivano giudicate in ultima istanza dal
Collegio dei XX Savi del corpo del Senato.
Dignità politica.
All'interno della struttura burocratica dello Stato, questo
ufficio aveva dignità di Magistratura Senatoria
(eleggibile cioè entro il numero dei soli senatori) ed il titolo
di aperta.
Bibliografia essenziale.
BESTA "Il Senato veneziano" pag.165\170
FERRO "Dizionario di diritto..." tomo
2, pag.257
SANDI "Principi di Storia..." P.III^,
vol.II, pag.504
ASV "Cartografia, disegni,
miniature..." pag.112
ROMANIN "Storia documentata di..." tomo
VIII, pag.251