Istituzione.
In
origine, la gestione dei depositi degli oggetti in oro e argento
che i privati assai volentieri portavano presso la Zecca era
assegnata a rotazione alla supervisione di uno dei tre
Provedadori in Zecha. Questi riusciva però ad interessarsi
della questione solo saltuariamente e non senza qualche affanno,
vista la mole delle deleghe già assegnate all'ufficio.
Fu
dunque principalmente per
un motivo
di miglioramento dell'organizzazione in un settore certamente
vitale per la Repubblica se
il
Senato
nel
1629 intervenne istituendo la nuova magistratura dei
Provedadori sora Ori et Argenti in Zecha.
Competenze.
L'ufficio, che come si voleva venne immediatamente impegnato
nella gestione dei depositi degli oggetti preziosi, ebbe in
questa incombenza la sua attività principale e quasi esclusiva,
poiché la gestione della cassa con la quale si amministravano i
prò (gli interessi) che maturavano dagli accumuli,
divenne in breve tempo un impegno di alto livello
amministrativo.
Tale incombenza ulteriormente si ampliò nel corso del 1645,
durante la lunga e costosissima guerra per il possesso di Candia,
quando con uno speciale decreto si autorizzarono i Provveditori
a ricevere presso la Zecca, da qualunque privato, argenti ed ori
lavorati che venivano fusi e ridotti in verghe, e sulle quali lo
Stato avrebbe corrisposto al proprietario un interesse annuo.
Dal 1652 la competenza dei Provveditori in materia di
vigilanza sui depositi fruttiferi costituiti in Zecca venne
ancora aumentata, ordinando che nella cassa di questa
magistratura confluissero da questo momento tutti i depositi che
eccedessero il valore di 40 ducati, ciò in sostituzione della
procedura che permetteva alle magistrature titolate di
amministrarli in modo del tutto autonomo.
Dignità politica.
All'interno della struttura burocratica dello Stato, questo
ufficio aveva dignità di Magistratura Senatoria
(eleggibile cioè entro il numero dei soli senatori) ed il titolo
di semplicemente serrata.
Bibliografia essenziale.
FERRO "Dizionario di diritto..." tomo
X, pag.395 segg.
BESTA "Il Senato veneziano" pag.162 e
pag.165\170