La Consulta “Nera”.
Nel
biennio che immediatamente precedette la
fine della Repubblica, quando il generale
e disastroso
immobilismo politico del patriziato
veneziano
aveva condotto la grande maggioranza dei
nobili a disertare gli incarichi pubblici
loro assegnati, il solo organo istituzionale che il
generoso Dose Lodovico Manin riuscì, in
quei tempi foschi ed incerti, a radunare con
qualche continuità fu il solo Pien Collegio, e particolarmente proprio
alla Consulta spettò l’onere di continuare
a riunirsi per la trattazione di affari di
ordinaria amministrazione dello Stato non
altrimenti procrastinabili.
L’aggettivo nera
associato alla Consulta derivò dal
fatto che dovendo suddividere le gravi responsabilità delle
decisioni da assumere entro il maggior
numero possibile di nobilomeni, per ottenere
anche la qualificata opinione
di tutti i coloro che avevano
precedentemente servito in Consulta, il
Dose ottenne che ai dibattiti
intervenissero anche tutti i Savi che già
avevano legalmente esaurito il loro
incarico.
I membri di questa sorta di Zonta partecipavano
però alle
riunioni senza poter indossare la veste
dell'apposito colore che la legge
prevedeva per i Savi di ciascuna Mano,
mettendo quindi quella
semplicemente nera, usata normalmente dai
nobilomeni che partecipavano alle riunioni del
Mazor Consejo.
Da
qui il titolo di sapore vagamente
romantico di Consulta
Nera.