La celeberrima imbarcazione da parata, legata in modo
indissolubile alla festa della
Sensa (Ascensione), col tempo diventò uno dei
simboli più noti del mito della Repubblica e forse proprio
per questo motivo, alla sua caduta, esso fu fatto oggetto di
pubblico oltraggio sia da parte delle truppe francesi che da
quelle austriache.
L'origine di questa imbarcazione è ancora oggi alquanto
incerta. Forse una nave ornata esisteva già nel
rituale bizantino, più tardi importato a Venezia assieme ad
altri costumi della corte orientale; e per quel che invece
riguarda il nome, questo potrebbe rifarsi alle antiche
imbarcazioni piatte in uso nella laguna per il trasporto
delle merci, e definite buzo o burchio (il
diarista Marin Sanudo, a questo proposito, lo definiva come
un burchion, over bucintoro).
Fin dal 1253 le cronache parlano del Bucentaurum,
tuttavia il significato etimologico è rimasto molto
controverso: per il Renier (I, pag.132) Il naviglio
destinato al Doge...chiamavasi Bucintoro (da
ducentorum, vogato cioè da 200 rematori (?) Oppure da
Bicentauro cioè il doppio della nave Centauro
menzionata dal Virgilio (?).
Il Sansovino, dal canto suo, fa derivare il nome
direttamente dal dispositivo di una legge del 1293
che ne decretava la costruzione con questi termini: quod
fabricetur navilium ducentorum hominum.
Di certo si sa che anticamente il naviglio era costruito in
forma abbastanza sobria e semplice, pure se venne destinato
all'uso dogale fin dal 1311. Per tradizione il
Dose poteva utilizzare il
Bucintoro a suo piacimento, ma in seguito ad una Parte
approvata dal Senato del
1401, quando ciò venisse richiesto al di fuori di
manifestazioni ufficiali, egli se ne sarebbe dovuto far
carico di tutte le spese.
Il primo Bucintoro ad essere celebrato per il suo splendore
ornamentale e le notevoli proporzioni fuori tutto, fu
quello inaugurato sotto il dogado di Andrea Gritti
(1523/1538).
In questo periodo l'imbarcazione non era ancora provvista di
remi, ma veniva rimorchiata da altre imbarcazioni, vogate
inizialmente da cittadini appartenenti alla fazione
cittadina dei nicolotti. In seguito però quando il
Bucintoro venne dotato di una forza propulsiva autonoma, il
compito venne stabilmente affidato agli arsenalotti,
che già godevano di alcuni privilegi e di altri compiti di
grande fiducia. Essi accompagnavano il
Dose con 168 remiganti agli scalmi, 40 riserve ed un
numero variabile fra Proti e Capimastri pronti ad ogni
evenienza; la capitanava il massimo rappresentante delle
maestranze della caxa de l'Arsenal: il Magnifico
Ammiraglio.
Il Bucintoro inaugurato dal Dose
Andrea Gritti ospitò a bordo Enrico III, Re di Francia, che
nel 1574 venne in visita a Venezia mentre dalla
Polonia si dirigeva in Francia ad assumere la corona del
regno; nel 1557 fu utilizzato anche per trasportare a
palazzo la Dogaressa Dandolo‑Priuli , quindi nel 1597
anche per l'incoronazione della Dogaressa Morosina
Morosini‑Grimani, l'ultima che potè godere di questo
beneficio, poichè in seguito la legge vietò la cerimonia di
incoronazione della moglie del Dose (divieto che per la
verità conobbe una sola deroga nel 1649, in favore
della moglie del Dose Silvestro
Valier, Elisabetta Querini-Valier).
La spartana imbarcazione dei tempi antichi, divenuta ora
complicatissima e fragile, davvero unica nel suo genere, era
abitualmente ospitata in Arsenal e tirata a secco
all'interno dell'apposito capannone che per essa era stato
realizzato; era infatti sempre bisognosa di restauro e
oggetto di continui ritocchi ed abbellimenti ornamentali,
tanto che veniva praticamente rifatta ad ogni secolo di
vita.
Sempre più stupefacente per la ricchezza degli intagli e
delle dorature, un nuovo Bucintoro venne impostato nel 1601
e varato nel 1606, sotto il Dose
Leonardo Donà.
Nel
1719 venne posata la chiglia di un nuovo scafo che toccò
l'acqua nel 1727, dogando Alvise Mocenigo III, che lo utilizzò
ufficialmente per la festa della Sensa del 1728. Fu
con questo ultimo Bucintoro (lungo m. 34,8 ‑ largo m. 7,3 ‑
alto m. 8,35) che venne celebrato anche l'ultimo rito dello
Sposalizio della Repubblica con il mare Adriatico, nel 1796.
Nel momento drammatico in cui le truppe francesi lasciarono
Venezia, ceduta all'Austria in seguito al trattato di
Campoformido, nei primi giorni del gennaio 1798, dopo averlo
spogliato a colpi di scure di tutti gli intagli e delle
statue dorate, il Bucintoro venne dato alle fiamme, che
arsero il naviglio per tre giorni consecutivi.
Dallo scempio, immane, si salvarono solamente pochissimi,
preziosi intagli, tra i quali la sorte preservò anche la
valva dorata con l'immagine di San Marco (cioè la
porticina che si apriva dietro lo scranno dogale per
permettere di lasciar cadere in acqua la vera
sponsale), mentre lo scafo, in seguito armato con cannoni e
ribattezzato "Idra" venne posto dagli austriaci
all'imboccatura del porto di Malamocco, fino a quando venne
riportato in Arsenale dove fu completamente demolito nel
1884.