organi costituzionali

Repubblica Serenissima

Mazor Consejo

LA  "SERRATA"

 

le peculiarità del Comune Veneziano.

respinto il primo tentativo di approvazione.

il nuovo Dose ottiene l'approvazione.

le nuove norme di accessibilità.

 

Le peculiarità del Comune veneziano.

Dopo aver visto nella precedente sezione quali fermenti attraversassero il corpo sociale e la classe aristocratica, è tempo ora di affrontare il delicato passaggio attraverso il quale il patriziato veneziano arrivò all'approvazione della Parte fondamentale conosciuta come "della serrata del Mazor Consejo".

E' però necessario anteporre una breve disamina generale sull'evolversi della situazione sociale e politica verso la fine del XIII secolo, che ben presto avrebbe violentemente scosso le basi costituzionali della fiorente civiltà comunale italiana. Avverso la classe aristocratica, che aveva fondato il Comune, si preparavano ad insorgere le classi sociali che dal governo di quello erano rimaste escluse ma che ora avrebbero reclamato con forza il loro inserimento nella vita pubblica.

Era infatti successo che grazie ai fiorenti traffici commerciali, ogni diversità patrimoniale con le famiglie nobili era stata quasi del tutto annullata, e le ricche ed intraprendenti classi borghesi tentavano ora di organizzarsi politicamente, anche autonomamente istituendo organi antagonisti a quelli già esistenti (il Comune del popolo ed il Capitano del popolo contro il Comune e il Podestà) con il risultato di generare una letale contrapposizione che minò ogni possibile ritorno ad un'unità politica dell'organismo comunale.

I Comuni italiani non riusciranno a resistere a lungo alla forte pressione di richiesta di partecipazione alla vita politica proveniente dalle classi escluse, e la causa va ricercata principalmente nel fatto che il Comune ha dell'organizzazione statale tutte le forme esteriori, difettando invece della basilare essenza perchè un'organizzazione politica inserita in un determinato territorio possa conservarsi come unica ed esclusiva: la coscienza della sovranità.

Lo scontro che si svilupperà tra le due fazioni, di una ferocia inaudita, genererà morte, lutti, disordini e quindi sfiducia, insicurezza, paura, per poi trasformarsi in aperta richiesta di ritorno alla pace e alla tranquillità sociale. La generale anarchia altro non potrà fare che indirizzare il popolo alla ricerca dell'uomo forte, di qualcuno che sappia finalmente imporsi, anche con l’uso della forza, al di sopra delle fazioni.

Così morirà il libero Comune, e al suo posto trionferà a monarchia Signorile.


L'unica diversità, nel generale deterioramento dell'indipendenza politica dei Comuni italiani, è non a caso rappresentata dal Comune veneziano.

Quando prendono forma le prime avvisaglie di malcontento, a Venezia la coscienza della sovranità è già un principio fortemente radicato e tradotto da tempo in una realtà giuridica salda ed indiscutibile. Lasciata definitivamente alle spalle ogni dipendenza politica con Bisanzio, la città ha già sviluppato un'organizzazione politica che trae dalle sue origini aristocratiche il fondamento dei pubblici ordinamenti.   

Sotto l'ormai formale presidenza del Dose, spetta al Mazor Consejo istituire gli organi minori destinati a semplificare la sua opera (il Senato e la Quarantia), nonché l'organo destinato a sorvegliare il Capo dello Stato ed a presenziare la vita dell'ordinamento pubblico: il Minor Consejo.

Anche Venezia conoscerà un fenomenale sviluppo dei commerci, che porterà ben presto l'industria locale a riconoscere i pericoli derivanti da una smodata concorrenza interna. Anche qui dunque saranno istituite le corporazioni di mestiere e, come dappertutto, anche qui gli ordinamenti corporativi ricalcheranno gli ordinamenti comunali. Tuttavia, a sostanziale differenza degli altri Comuni, qui le corporazioni non potranno mai arrivare a costituirsi in potere autonomo: la sovranità aristocratica, esercitata con inflessibile vigoria, proclamerà sempre, senza mai il minimo sbandamento, la loro assoluta subordinazione allo Stato.

Per questo motivo, mano a mano che le corporazioni vedranno accrescere la propria importanza come organizzazioni sociali, di pari passo la sorveglianza politica si farà sempre più stretta, partendo dall’ufficio dei Giustizieri Veci, dei Giustizieri Novi, dei Provedadori de Comun, dei Censori e fino ad interessare direttamente il Consejo dei Diese.

Le fratellanze di mestiere, all'interno del Comune veneziano, non potranno mai svilupparsi contro od in antagonismo con l’ordinamento del Comune stesso, ma sempre subordinatamente alle sue leggi, perciò, lungi dal trasformarsi in fonte di disordini sociali, esse si dovranno accontentare di  diventare docili strumenti al servizio del Governo, integrando con la loro attività mutualistica gli altri interventi pubblici in campo economico ed assistenziale.

L'acume politico della nobiltà rialtina si spinse anche più in là. Esautorato il Dose di ogni autorità politica ed inglobate all'interno dell'organismo statale tutte le corporazioni del popolo, completerà l’opera di consolidamento del potere inserendo nella Promissione ducale del 1275 l'assoluto divieto per il Capo dello Stato di poter ricevere a palazzo le corporazioni.

Si evitava così che i due elementi esclusi dal potere venissero in contatto tra loro per allearsi contro la classe dominante; solamente più tardi una specialissima prerogativa venne concessa agli operai dell'Arsenale, i famosi arsenalotti, i quali venivano ufficialmente invitati a pranzo dal Dose una volta l'anno in palazzo ducale, il giorno della Sensa (la festa dell’Ascensione).

In questo specialissimo caso va notato che l'aristocrazia veneziana godeva della massima fedeltà e dedizione da parte delle maestranze dell'Arsenale, devozione che venne sempre ampiamente ripagata per mezzo di larghi benefici.


Nonostante tutto, pur non arrivando dal popolo o dalla borghesia, una gravissima minaccia verrà comunque portata alle istituzioni pubbliche, ed essa sarà così dura e così profonda da scuotere violentemente e mettere a dura prova la saldezza dello Stato.

La classe nobiliare si troverà davanti al dilemma se riconfermare con fermezza le fondamenta stesse della Repubblica aristocratica, oppure abbandonarsi alla demagogia di una fazione di forsennati. Accogliere la prima soluzione comportava la definitiva negazione del potere al popolo ed alle classi borghesi; accettare la seconda avrebbe significato consegnare i liberi ordini al caos più totale, generatore a sua volta della nascita di un Principe assoluto di Venezia.

Fu perciò nel seno stesso dell’aristocrazia veneziana che maturò il tentativo di scompaginare violentemente lo status‑quo. Studiato ed attuato da una fazione minoritaria, più precisamente da quella frangia nobiliare che, per sua incapacità o per semplice sfortuna, non aveva saputo trarre vantaggio dal turbine d'affari e di scambi commerciali propri del periodo comunale. L’assottigliarsi delle ricchezze e la perdita di consistenza del patrimonio familiare, coincideva infatti con la drastica diminuzione d'influenza e di potere politico.

Sebbene, agli inizi della terribile crisi, la classe aristocratica cercasse ancora di celare, per quanto possibile, il dissidio interno onde apparire in quei tempi difficili sempre un'infrangibile unità, tuttavia col passare degli anni, soprattutto lo scontro tra i due gruppi predominanti si faceva sempre più aspro: nell'uno emergevano le famiglie dei Tiepolo, Querini, Badoer, Dauro, Barozi, Lombardo, Pedoni; nell'altro le famiglie dei Dandolo, Contarini, Foscari, Gradenigo, Giustinian, Steno, Ziani, Morosini, Moro, Grimani, Memmo.

L'evidente disparità delle forze in campo, spinse la famiglia dei Tiepolo a congegnare l'infelice strategia secondo cui era necessario ricercare alleanze anche al di fuori della propria classe sociale, seminando in questo modo pericolosissimi germi d'inquietudine tra la fiorente borghesia e il popolo, ambedue chiamati a partecipare in prima persona alla lotta che si andava preparando.

 

Respinto il primo tentativo di approvazione.

Il gravissimo errore politico compiuto dai Tiepolo mise in allarme l'aristocrazia conservatrice. Particolarmente odioso alla maggioranza fu anche il fatto che attraverso una continua infiltrazione di zente nova in Mazor Consejo, il partito dei cosiddetti progressisti cercava di passare da minoranza in maggioranza, ed infine tentare il gran balzo verso la conquista del potere.

Quale prima reazione, i conservatori cercarono di escogitare un rimedio efficace per stroncare la continua infiltrazione di zente nova all’interno del Mazor Consejo, rivelatasi a volte anche non nobile. Tappare immediatamente questa falla avrebbe intanto permesso di stabilizzare la predominanza sulla fazione progressista.

A tradurre in realtà questo obiettivo venne incaricata la Quarantia, siccome composta nella stragrande maggioranza da uomini fedeli al regime, grazie soprattutto alla particolare procedura con la quale quei gravi magistrati venivano scelti. I risultati infatti non tardarono ad arrivare, e il giorno 5 ottobre 1286 venne presentata una Parte, assai articolata, che se approvata prevedeva:

  • l'accesso al Mazor Consejo riconosciuto solo a coloro che in precedenza vi avessero appartenuto;

  • l'appartenenza era accettata anche nel caso che il padre o l'avo paterno avessero avuto accesso in Consiglio;

  • chi invece non rientrava nelle condizioni sopra descritte, poteva essere ammesso ma solo previa l’iscrizione in uno speciale elenco compilato a cura di un ufficio composto di tre “grandi elettori” e quindi con la successiva conferma del Minor e del Mazor Consejo con la maggioranza assoluta dei voti.

Sottoposta ai voti, la proposta non venne approvata: dei 140 nobili presenti quel giorno, ben 82 votarono contro (de Non), solo 48 a favore (de Parte) e 10 furono i non sinceri.

Gli storici ipotizzano che la mancata approvazione sia probabilmente da imputare alla poca preparazione del corpo votante sulla questione, non sembra però di poter escludere quella teoria secondo la quale ciò che veramente era mancato, e mancava, era la figura dell'uomo forte della situazione, colui cioè che con energia sapesse attirare sulla proposta anche i consensi di tutti quei patrizi che, vuoi per rispetto della tradizione, vuoi per timore verso un meccanismo legislativo che poco avevano compreso nei suoi estesi effetti, ancora erano titubanti.

 

Il nuovo Dose ottiene l'approvazione.

Comunque fosse, vero è che la risolutezza di carattere non era certo la qualità predominante del Dose Giovanni Dandolo il quale, vecchio e debole, vedeva anche continuamente bloccate dall’autorità del Minor Consejo le proprie aspirazioni ad intervenire attivamente nella crisi politica. Egli passò dunque a miglior vita nel 1289, rendendo così vacante il supremo consesso e ponendo quindi all’ordine del giorno il problema della successione alla massima carica dello Stato.

Immediatamente le due fazioni in lotta intuirono che ottenere l’insediamento di un proprio partigiano addirittura sul trono ducale avrebbe quasi certamente assicurato la vittoria finale. La fazione progressista avanzò in Mazor Consejo la candidatura di Jacopo Tiepolo, ed immediatamente una parte del popolo radunato in piazza esplose scandendo a gran voce proprio quel nome: le corporazioni ambivano a partecipare alla gestione del potere, e lo dimostravano apertamente sostenendo la fazione aristocratica che pareva meglio disposta verso di loro. Comprensibilmente, l'allarme suscitato nel patriziato conservatore riunito fu grandissimo; altrettanto generale fu lo scandalo per l’ormai palese tentativo di alleanza con il popolo attuato dai Tiepolo, cosa che li rendeva quasi dei rei di alto tradimento.

L'energica risposta alla grave provocazione non tardò ad arrivare, raccogliendo anche i voti di quei nobili ora non più incerti, il giorno di Santa Caterina, il 25 novembre 1289, il conclave elesse il nuovo Dose nella persona di Piero Gradenigo, uomo conosciuto ed apprezzato sia per l'indole fiera e focosa che per la provata fedeltà ai principi della ragion di Stato aristocratica. Egli era inoltre un Principe giovanissimo per la consuetudine veneziana (avendo appena 38 anni) e quindi pronto a gettarsi, con tutto il vigore dei migliori anni della vita di un uomo, nel vivo della lotta.

Acquisita questa brillante vittoria, l'aristocrazia conservatrice parve allora placarsi, accingendosi a risolvere a suo definitivo favore la crisi politica con una lentezza più volte definita dagli storici quasi innaturale; lentezza che può apparire giustificabile solo dal fatto che, dopo ottenuto l’importantissimo successo, non si voleva ulteriormente esasperare la fazione battuta con provvedimenti ravvicinati.

Solo dopo quasi un decennio, il giorno 6 marzo 1296, una nuova proposta di regolamentazione del diritto di accesso all'assemblea sovrana fu sottoposta all'esame del Mazor Consejo ed anche se con esito ancora sfavorevole, l’esame della conta dei voti faceva però chiaramente intendere che la maggioranza era ormai ad un soffio dall'accettazione. In quest'occasione infatti 178 furono de Parte, 136 de Non, e 52 i non sinceri (la proposta venne considerata respinta perchè i voti affermativi erano superati dalla somma dei voti negativi e da quelli non sinceri).

Sopraggiunse intanto il 29 settembre, dedicato a San Michele, giorno fondamentale poiché destinato dalla legge all’annuale rinnovo dei membri del Mazor Consejo; tuttavia non essendo stata ancora approvata alcuna nuova legge sulla procedura da seguirsi, venne deciso di utilizzare ancora il vecchio sistema. Vennero pertanto designati quattro grandi elettori, affinché eleggessero 150 membri ai quali vennero poi aggiunti una seconda tornata composta da altri 60.

Rinnovato così il consiglio, un altro anno si lasciò scorrere, mentre però il Dose Gradenigo ed i Consiglieri ducali completavano, limavano ed ulteriormente miglioravano la proposta di legge già due volte respinta. Alfine si stimò fosse arrivato il momento giusto ed i Capi della Quarantia furono incaricati di proporre al vaglio del Mazor Consejo il progetto per la terza volta: era il 28 febbraio 1297.

Questa volta gli accorgimenti studiati con grande abilità dalla Signoria in accordo con i membri della Quarantia, ottennero il pieno successo e la Parte venne approvata, diventando legge dello Stato. Per la cronaca 342 furono i voti de Parte, 212 de non e 34 dubii o non sinceri.

All'approvazione del provvedimento concorsero indubbiamente quei piccoli ritocchi che, se non modificavano di molto la sostanza del decreto, di certo mascheravano meglio la precisa volontà della maggioranza di escludere definitivamente tutte le altre classi sociali dal potere politico.

Inoltre un elemento di continuità con gli altri due decreti precedentemente respinti, era rappresentato dal fatto che, seppure non si rinunciava alla suddivisione in maniera distinta fra i membri eleggibili appartenenti alla vecchia aristocrazia e gli eleggibili appartenenti alla zente nova, ora quest'ultima categoria pareva godere, ma per l’appunto solo in apparenza, di un'eguale parità di trattamento.

 

Le nuove norme di accessibilità.

Quelle illustrate successivamente rappresentano, in breve dettaglio, le nuove procedure che da ora avrebbero disciplinato l'accesso al Mazor Consejo, così riformato e, oramai, definitivamente serrato:

  • tutti coloro che già avevano appartenuto al Mazor Consejo negli ultimi quattro anni conservavano il loro seggio. Il loro nominativo doveva però essere incluso in un elenco compilato a cura della Quarantia e nel quale sarebbero stati effettivamente inscritti solo superando il ballottaggio di questo consiglio con almeno 12 voti a favore (quindi poco più di una formalità).

  • Tutti gli approvati potevano automaticamente considerarsi in carica fino al 29 settembre del 1297, dopo di che essi avrebbero dovuto sottostare ad un nuovo ballottaggio per vedersi confermare in carica per un ulteriore periodo di un anno.

  • per chi non ricadeva nella condizione sopra descritta, un apposito ufficio, detto dei tre grandi elettori, sarebbe stato istituito dal Mazor Consejo con la facoltà di poter scegliere un numero imprecisato di persone tra quelle che fossero risultate escluse dal primo elenco, ciò secondo le istruzioni che il Minor Consejo avrebbe successivamente impartito loro.

  • Come per i primi, anche per questi l'ingresso in Mazor Consejo poteva avvenire solo previo ballottaggio eseguito in Quarantia con almeno 12 voti a favore, la carica aveva validità sino al 29 settembre del 1297 e quindi dovevano essere sottoposti a nuovo ballottaggio con le stesse modalità degli eletti del primo gruppo.

  • Anche i tre grandi elettori avrebbero avuto l'ingresso accordato in Mazor Consejo fino al 29 settembre, quindi altri tre sarebbero stati eletti sempre per la durata di un anno.

  • Seguendo un’antica consuetudine del diritto pubblico veneziano, la Parte entrava subito in vigore e passata l'elezione del 29 settembre 1297, essa rimaneva valida nei suoi effetti fino al 29 settembre 1298, giorno nel quale si sarebbe deciso se rinnovarla in perpetuo o farla invece decadere. Tuttavia, per procedere legalmente alla sua abrogazione era necessario ottenere il voto favorevole di cinque su sei Consiglieri ducali, 25 su 40 membri della Quarantia e 2\3 dei voti del Mazor Consejo.

  • Quale norma transitoria, fu stabilito che l'obbligo di proporre questa Parte in Mazor Consejo spettasse ai Consiglieri ducali, sotto pena del pagamento di Lire 10 ciascuno in caso d'inadempienza ed incaricati gli Avogadori de Comun di riscuotere la somma.

  • Fu precisato che s'intendevano senz’altro esclusi dal Mazor Consejo tutti coloro che fossero stati già esclusi dagli altri consigli dello Stato.

  • Si ordinava ai Capi della Quarantia che avendo da proporre alcuno per l'ingresso in Mazor Consejo, dovessero preventivamente notificare il loro intendimento alla stessa Quarantia al Criminal, rimanendo fermo che questa potesse deliberare legalmente solo se presenti almeno 30 dei suoi 40 membri.

Conclusa la sintetica esposizione del testo di legge, vale ora la pena soffermarsi per un momento a commentare i vari punti del decreto, onde far risaltare maggiormente tutti quei dettagli che, in pratica, nonostante un’apparente parità di diritti, implicavano una profonda diversità di contenuti.

  • Prima di tutto, per ciò che riguardava l'ammissibilità al Mazor Consejo, è chiaro che nel primo elenco erano compresi tutti coloro che dovevano basare il proprio diritto di appartenenza su di un dato di fatto indiscutibile e comunque ampiamente verificabile: l'aver appartenuto al consesso negli ultimi quattro anni.

  • Viceversa nella compilazione del secondo elenco non si trovano punti fermi, tutto era lasciato al libero arbitrio dei tre grandi elettori i quali, peraltro opportunamente istruiti dalla Signoria, formavano la lista utilizzando un proprio metro di scelta che non teneva conto di eventuali diritti goduti dalla controparte.

  • Risulta evidente che per chiunque fosse ammesso all’iscrizione nell'elenco preparato dai tre grandi elettori significava in pratica aver già superato un vero e proprio esame di affidabilità.

  • La comune conferma che doveva in seguito dare la Quarantia ad entrambe le categorie, rappresentava solo in apparenza una pura e semplice formalità; in realtà si poneva nelle sicure mani di questo consiglio la possibilità di erigersi in ogni momento quale supremo ed inappellabile filtro; impedendo quindi l'ammissione in Mazor Consejo di quegli  elementi che fossero notoriamente avversi alla ragion di Stato aristocratica.

  • Anche la presunta provvisorietà dell'efficacia della legge, altro non era che un mezzo ulteriore perché questa venisse approvata con più facilità, tanto è vero che le modalità previste per la sua eventuale abrogazione richiedevano un numero di voti che nei consigli indicati molto difficilmente sarebbe stato raggiunto.

Puntualmente, secondo le procedure che erano state approvate, il giorno di San Michele del 1297, vennero nominati tre nuovi grandi elettori, furono riballottati nuovamente tutti i membri ed ammessa ulteriore zente nova solo dopo l'assenso della Quarantia.

Nel settembre dell'anno seguente, la Parte venne sottoposta nuovamente all'approvazione del Mazor Consejo, che riaffermò la volontà che la sua composizione avvenisse secondo i dettami della legge del 1297; questa procedura venne ulteriormente riconfermata nel settembre del 1299. 


Quel giorno di febbraio del 1297 segnò il definitivo coronamento del complesso disegno politico ostinatamente perseguito fin dai primordi dalla nobiltà veneziana, Il potere politico ora apparteneva esclusivamente alla classe patrizia rialtina; questo principio, rimasto fino a questo momento occultato, emergeva ora in tutta la sua forza, per venire inflessibilmente imposto a tutte le altre classi sociali del Dogado, ed in seguito anche al popolo delle colonie e alla nobiltà non veneziana.

Con l’approvazione della serrata, il Comune veneziano si salverà dal generale decadimento politico che inesorabilmente travolse tutti gli altri comuni italiani, da quel preciso momento all'interno della Repubblica l’aristocrazia rappresenterà l’unico ed esclusivo ceto politico, attorno ad essa resterà a gravitare, accuditi ma politicamente impotente, la grande massa dei sudditi.


 

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