La
redazione tecnica della "Parte".
La redazione
tecnica di una proposta di legge nella forma tipica
veneziana della Parte inizialmente
fu compito esclusivo della Signoria, facoltà che le
competeva in quanto al tempo l'organo preconsultivo del
Mazor Consejo. Successivamente però, in seguito
all'istituzione della Consulta dei Savi,
la delicata prerogativa
venne integralmente trasmessa a questo nuovo organo, sortito
dalla fusione tra la Signoria e la Consulta: il
Pien
Collegio.
Strutturalmente, la Parte iniziava sempre con un
proemio cui era demandato il compito di illustrare, con
dovizia di particolari, per quale motivo il nuovo
provvedimento fosse proposto alla generale attenzione e
quali fossero le specifiche finalità per cui se ne
richiedeva l'approvazione.
Seguiva quindi il dispositivo d'applicazione, che poteva
constare nella formula l'anderà Parte, che di norma
introduceva il testo vero e proprio della legge, stilato
in modo semplice ma alquanto preciso e con notevole proprietà di
linguaggio giuridico, oppure con da mò sia preso
che, allocuzione che rappresentava l’urgenza
con la quale il decreto doveva essere applicato.
Seguivano in coda le varie sanzioni che erano previste a
carico degli inosservanti e l'indicazione delle
magistrature che erano incaricate di far rispettare la
Parte. A volte, con eccesso di zelo, erano
finanche indicate le magistrature incaricate di vigilare
l'operato degli uffici incaricati di far rispettare la
legge.
La
pubblica cognizione.
Norma singolarmente veneziana, la
cognizione
imponeva che ogni Parte da discutersi dovesse prima essere
letta dal Cancellier Grando in
Mazor Consejo nel suo
testo integrale, e solo dopo che fosse trascorso il
termine minimo di otto giorni dalla sua pubblicazione, il
dibattito poteva legalmente avere inizio.
Naturalmente a tale termine era sempre possibile derogare in particolari casi di
necessità ed urgenza, ma sempre era obbligatorio che la
maggioranza si fosse espressa in questo senso.
La
discussione.
Spirato
il termine degli otto giorni, nel
consueto silenzio generale, la Parte veniva riletta
all'assemblea a cura del Cancellier Grando e subito dopo
venivano cacciati di cappello tutti coloro
che notoriamente vantassero interessi personali nella
materia che si andava a trattare; quindi era il momento in
cui il proponente
saliva il pulpito ed esponeva all'assemblea le sue
ragioni.
Seguiva il dibattito, amplissimo e per il
quale non fu mai stabilita per legge una durata massima nè
di tempo e tantomeno di oratori.
Durante i loro interventi, tenuti obbligatoriamente dal pulpito,
i patrizi avevano anche la possibilità di accennare a nuove
proposte, tuttavia queste non potevano però assolutamente essere
poste ai voti se prima non fossero state redatte nella forma
di Parte. Questa importante procedura, che impediva
efficacemente i colpi di mano da parte di minoranze, inizialmente
era utilizzata
solo dal Mazor Consejo e solo in seguito
fu adottata anche in Senato.
Come ben si comprende dunque, ciò che nel linguaggio
del diritto moderno si definisce emendamento, non
aveva casa nella cultura politica veneziana. Seppure le proposte di modifica
al testo di una Parte in esame potevano essere
liberamente avanzate, non potevano
però in alcun modo intaccare la sostanza della
proposta che era oggetto del dibattito. Tale rigida procedura
corrispondeva però esattamente alla filosofia del diritto
pubblico veneziano, dove tutte le deliberazioni presentate erano
considerate a priori come necessarie ed urgenti.
Con l'applicazione costante ed automatica di questo
impedimento, prima di tutto si evitava efficacemente che
il dibattito generale degenerasse fino addirittura ad
abbandonare l'iniziale oggetto della
discussione, secondariamente veniva di fatto impedito a
qualunque minoranza organizzata di praticare con qualche
successo l'ostruzionismo.
Le
procedure di voto.
Una
volta che
la discussione, che di norma si protraeva per molti
giorni, veniva dichiarata chiusa, iniziava la procedura di
votazione, codificata in modo del tutto analogo a
quella prevista per le operazioni elettive, con la
differenza che in questo caso invece del bossolo
(urna) doppio, per il sì o per il no, veniva usato il
bossolo triplice, sempre coperto, in modo che i membri del
consiglio potessero esprimere il loro voto de Parte
(sì), de Non (no) oppure non sincero.
Quest'ultima scelta, seppure sortisse gli stessi effetti della
moderna astensione, non deve assolutamente essere intesa
come
basata sullo stesso principio. L'espressione del
voto era, nel diritto pubblico veneziano, un dovere al
quale non era possibile rinunciare; i voti non sinceri
rappresentavano in questo caso una precisa richiesta di rinvio da parte
di coloro che ritenevano fosse necessaria una più
ponderata riflessione sulla legge proposta.