Istituzione.
L'ufficio dei tre Aggionti ai Sovrintendenti al Somario de le
Leggi venne istituito con Parte approvata dal
Senato nel giugno del 1784, con il
compito di procedere alla catalogazione sistematica di tutta la
produzione normativa penale esistente.
Essi ebbero inoltre assegnato l'incarico di provvedere anche
all'eliminazione delle Parti considerabili implicanti
(cioè doppioni) privilegiando, nella scelta di quali fossero da
conservare, quelle che erano state emanate dall'autorità più
qualificata. Viceversa essi avrebbero potuto procedere a
supplire ad eventuali mancanze attingendo alle decisioni assunte
su casi particolari aventi però un valore giuridico generale.
Nei progetti del Senato, dalla pratica applicazione di queste
direttive sarebbe dovuto sortire il tanto atteso codice
penale, che avrebbe significato prima di tutto la certezza
di norme univocamente applicate, e di conseguenza l'unificazione
dei sistemi di procedura penale e di giudizio.
Competenze.
Dopo che erano trascorsi solo due mesi dalla loro istituzione,
gli Aggionti illustrarono al Senato un primo programma di
lavoro, sottolineando la necessità che, per ben riuscire,
sarebbe stato obbligatorio riscontrare tutta la legislazione in
materia criminale, a partire dai testi più antichi.
Per poter far fronte materialmente all'impresa, essi
sollecitarono la creazione di un piccolo apparato burocratico,
composto da un dirigente (individuato in Vincenzo Ricci,
cittadino originario), due impiegati esecutivi e tre o quattro
assistenti stipendiati in modo che a loro volta potessero
permettersi degli aiutanti; il Senato approvò la proposta, e gli
Aggionti assieme al Ricci ed ai suoi collaboratori
iniziarono il lavoro.
L'immensità e la complessità della produzione legislativa che
questo piccolo ufficio si avviava ad analizzare era
indescrivibile: leggi che regolavano una determinata materia
erano seguite dopo pochi anni da nuovi aggiustamenti;
controleggi che modificavano nuovamente le leggi ed i loro
aggiustamenti; regole dettate in situazioni del tutto
particolari che, anziché decadere col tempo, venivano confuse
dal legislatore con altre regole dettate per situazioni
generali; competenze legislative e giudiziarie di collegi
giudicanti che, non ben delineate fin dalle origini loro, ora si
intersecavano, poi si sovrapponevano, non di rado si lasciavano
affidare dalla casualità l'oggetto del loro legiferare e del
loro giudicare.
Vennero individuati decreti emessi da opposte magistrature che
vicendevolmente si facevano notare puntigliosi dettami di
comportamento; esistevano alcune consuetudini che, evolutesi nel
corso dei secoli, molto spesso venivano richiamate dai giudici
come se si trattasse di fatti successi pochi giorni prima.
Come tutto ciò avesse potuto reggere al passare del tempo e
degli uomini, era spiegabile solo grazie alla puntigliosa
applicazione del principio legislativo veneziano detto della
conservazione dinamica, in forza del quale nulla veniva mai
definitivamente accantonato ma tutto era continuamente
rimescolato. Se qualsivoglia disposizione veniva trascurata, ciò
rappresentava sicuramente una momentanea forma di oblio, poichè
essa sarebbe stata in seguito sicuramente ripresa, anche a
distanza di decenni quando non addirittura di secoli. Per quanto
riguardava invece lo stile giudicante adottato dai Consigli e
dai Collegi della Repubblica, gli Aggionti si trovarono
di fronte a riti che divergevano profondamente fra di
loro, quali ad esempio:
-
le
tre Quarantie (al Criminal, al Civil Vecio, al Civil Novo),
composte ognuna da 40 zudesi, davanti ai quali i
contraddittori dell'accusa e gli avvocati difensori
dibattevano le imputazioni in presenza dell'accusato;
-
il
Consejo dei Diese, dove i magistrati si limitavano solamente a
leggere all'imputato la requisitoria dell'accusa, mantenendo
segreti i nomi degli accusatori, intimando le difese personali e
quindi comunicando la sentenza, offrendo all'imputato quale
garanzia di giustizia nulla di più che la prudenza stessa del
tribunale.
-
gli Inquisidori de Stato, che agivano per via d'imperio, per
modo che all'imputato spesso non venivano comunicati esattamente
i capi d'accusa, altre volte troppo blandamente motivata la
condanna.
Esistevano inoltre alcune sentenze contro le quali era possibile
il ricorso in appello ed altri giudizi che restavano formalmente
inappellabili ma comunque mitigabili solo però attraverso la
domanda di grazia.
Non va dimenticato ciò che già si è avuto modo di osservare:
l'organizzazione burocratica veneziana non prevedeva un corpo
giudicante a sè stante, la stragrande maggioranza degli uffici
dell'amministrazione pubblica aveva riconosciuta la possibilità
di trasformarsi anche in collegio penale, pronunciare sentenze e
comminare pene; se una distinzione esisteva, essa riguardava la
materia affidata, le categorie dei soggetti perseguibili dalla
magistratura, la natura dell'infrazione.
Così, mentre i segretari lentamente macinavano il loro lavoro
di copiatura e di confronto (all'inizio del 1791 gli Aggionti
informeranno il Senato che l'ufficio aveva ormai consultato
ben 1032 fra registri e filze, da cui erano stati tratti
circa 100 volumi di copie di leggi suddivise in rapporto alle
magistrature che le avevano emanate), Vincenzo Ricci nel 1785
presentava ufficialmente in Senato il sistema studiato
per la compilazione del codice penale e di procedura penale,
articolato in tre principali sezioni: le persone, i delitti, le
forme dei giudizi; all'interno di ciascuna sezione trovavano poi
la loro collocazione altre suddivisioni più particolari.
Alla proposta avanzata dal Ricci, seguì un lungo dibattito, al
quale fece da contorno una interessante polemica che insorse in
Senato tra la Quarantia al Criminal da una parte e gli
Avogadori de Comun dall'altra, approssimativamente tra il
1786 ed il 1787, riguardante il tenore della sezione che avrebbe
trattato la pratica della tortura del sospetto.
Più in generale però vi era un nutrito gruppo di senatori che
avvertiva la necessità di dover modificare, pur se leggermente,
il piano che era stato concepito dal Ricci e la maggioranza
acconsentì ai cambiamenti che vennero richiesti, limitandoli
però entro precisi ambiti, preoccupato com'era che il realizzo
dell'impresa fosse ritardata allo scopo di rimettere in
discussione criteri e fini del lavoro.
Fu
così che si arrivò al 1791, quando finalmente era pronto il
nuovo piano, riveduto e corretto secondo le indicazioni, anche
se in questa edizione venne fatta trasparire una più puntigliosa
rivendicazione delle originarie competenze giudiziarie assegnate
dalla costituzione, con esplicito riferimento al Maggior
Consiglio quale organo sovrano e detentore di ogni autorità.
Il
lavoro degli Aggionti intanto proseguiva e nel 1792 essi
erano oramai arrivati a consultare i testi di legge più antichi,
per cui chiesero al Senato che venisse loro assegnato uno
studioso di diritto veneto, preparato anche in latino ed esperto
di scrittura antica.
Nel corso del 1793 si spegneva Vincenzo Ricci e mentre non si
provvide ad eleggerne immediatamente il suo sostituto, sembrò
invece cominciare a serpeggiare in Senato l'idea che il
protrarsi ulteriore del lavoro non avrebbe potuto approdare ad
altro che a ciò cui era già arrivato: una grandiosa ricerca
storica delle leggi penali venete.
Nel 1794 in Senato venne avanzata l'ipotesi di istituire una
conferenza tra la magistratura dei Soprintendenti al Sommario
delle Leggi, che parallelamente si stavano occupando della
codificazione civile, e gli Aggionti, preposti appunto
alla compilazione del codice penale.
Approvata la proposta ed immediatamente istituita, la Conferenza
ebbe modo di riunirsi per la prima volta nell'agosto del 1795,
dopo di che emerse con chiarezza la netta opposizione degli
interessati ad unificare le due imprese, mentre invece veniva
ribadita l'urgenza di procedere ad istituire un'apposita
commissione affinchè, lavorando sulla monumentale opera lasciata
in eredità dal Ricci, si arrivasse finalmente a varare il tanto
atteso e sospirato codice penale.
Non è purtroppo noto se questa commissione venisse in seguito
istituita, in ogni caso la caduta della Repubblica, il giorno 12
maggio 1797, ne avrebbe fermato per sempre i lavori.
Dignità politica.
Trattandosi di un ufficio a carattere meramente esecutivo,
gli
Aggionti
non
ebbero
mai
concesso l'ingresso
in
Senato.
Bibliografia essenziale.
COZZI : "Stato, società, giustizia..."
Vol. 2, pag.381 segg.