SESTIER DE

DORSODURO

ciexa dei Gesuati

CONTRADA

S. AGNESE

 

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Cenni storici:

A causa della drastica diminuzione delle vocazioni, forse anche per l’eccessiva disinvoltura dei costumi degli ultimi affiliati, la Compagnia dei poveri Gesuati (vedi scheda chiesa della Visitazion) fu soppressa nel 1668 da papa Clemente IX.

Il convento fu quindi messo all’asta e acquistato nel 1669 dall’Ordine dei Domenicani, che poscia vi si installarono nel 1670.

Con ciò, questa zona della città fu detta inizialmente dai veneziani dei Domenicani ai Gesuati, per poi però accorciarsi  irrimediabilmente in Gesuati, ai quali quindi restò per sempre accreditato il grande complesso religioso, compresa la nuova chiesa (mentre invece la sua dedicazione ufficiale è a Santa Maria del Rosario).

Subito attivi nella predicazione, i Domenicani giunsero presto alla decisione di costruire una nuova chiesa, assai più ampia e di maggior rilievo architettonico, poiché apparve loro evidente che la chiesetta rinascimentale della Visitazion era troppo angusta per ospitare i numerosi fedeli.

Un primo progetto fu elaborato dal matematico Musalo ma la sua morte improvvisa ne bloccò la realizzazione, ciò malgrado l’interessamento dimostrato dal suo discepolo, lo Scalfarotto. La costruzione venne infine affidata al Massari, sulla base di un modello da egli presentato nel 1724, dove, in questa sua prima opera veneziana, è evidente l’ispirazione tratta dalla razionalità dell’architettura palladiana. Nel nuovo complesso dei Gesuati l’influenza del grande maestro si manifesta non solo negli schemi planimetrici o nell’atrio corinzio che precede il grande chiostro ma nella scala ellissoidale e, all’interno della chiesa, negli spazi attorno all’altar maggiore e al coro, dove ritornano i motivi realizzati dal Palladio nel convento della Carità (Sestier de Dorsoduro, Contrada San Trovaso) e nelle chiese del Redentor (Isola de la Zueca) e di San Francesco de la vigna. (Sestier de Castelo, Contrada Santa Giustina) 

Nella migliore tradizione dei proti veneziani, il Massari non si limitò a progettare solo la struttura muraria ma pianificò con cura estrema anche l’apparato decorativo, gli altari, il coro, i banchi e i confessionali.

La costruzione ebbe inizio nel 1726 (il 17 maggio avvenne la posa della prima pietra) e contrariamente a una prassi comune nella Venezia del Settecento, quando gli antichi edifici venivano abbattuti per costruire i nuovi sulle fondamenta preesistenti, il Massari scelse invece di impostare la  costruzione della nuova fabbrica sull’area adiacente alla chiesetta della Visitazion, una zona che allora era occupata dall’ala nord-orientale dell’antico monastero della Compagnia dei poveri Gesuati, dove erano ospitate le cucine e il refettorio. In questo angolo il corpo di fabbrica del chiostro, come anche ben si nota nella celebre veduta del de’ Barbari del 1500, era stato edificato giusto sul filo del rio dei Gesuati che lo cingeva dal lato nord e dal lato est.

La realizzazione del nuovo complesso conventuale necessitava però di ben altro spazio e prontamente i Domenicani, tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, acquistarono una vasta porzione di terreno situata oltre il rio dei Gesuati. Il Massari superò l’ostacolo naturale progettando una soluzione adottata anche nel 1294 dagli Agostiniani, la cui chiesa conventuale di Santo Stefano ha l’abside che poggia appunto su una grande struttura a ponte sul sottostante rio del Santissimo.

I lavori procedettero assai spediti, giungendo nel 1735 alla costruzione del tetto e dei due snelli campanili laterali, impostati davanti alla grandiosa cupola rivestita in piombo. La chiesa poté dirsi conclusa nel 1736 e fu infine consacrata dal patriarca Alvise Foscari il 29 settembre 1743. La vicina chiesa della Visitazion cessò così di essere officiata, per venir trasformata in biblioteca, dove fu sistemata l’importante raccolta di volumi lasciata in eredità ai Domenicani da Apostolo Zeno; per la custodia dei libri fu lo stesso Massari a disegnare gli armadi, oggi conservati presso le Gallerie dell’Accademia.

I lavori per la costruzione del nuovo convento, progettato su due cortili attigui posti dietro alla chiesa, partirono nel 1751; il primo cortile fu completato ma il secondo si interruppe repentinamente per la morte del Massari e forse anche per la sopravvenuta mancanza di fondi. L’avvenuta interruzione, palese nel secondo chiostro, è però evidente anche dallo stato in cui fu lasciata la muratura lungo il fianco sinistro della chiesa.

Caduta la Repubblica, con editto del 1810 emanato da Napoleone, gli occupanti francesi dichiararono soppresse tutte le corporazioni religiose del Regno d’Italia. I Domenicani dovettero lasciare il convento, in abiti civili, entro venti giorni. Subito dopo, il complesso religioso dei Gesuati fu avocato al Demanio dello Stato.

La chiesa è oggi sede principale dell'ampia parrocchia omonima, che estende i suoi confini dalla Punta della Dogana fino a quella di San Trovaso. Appartengono alla parrocchia dei Gesuati, quali chiese sussidiarie, la chiesa dello Spirito Santo e la chiesa della Salute. Le chiese di Sant'Agnese e della Visitazion sono invece chiese conventuali gestite dai frati che tuttora hanno un loro monastero nelle immediate adiacenze.

Visita della chiesa:

NAVATA

volta: riccamente decorata da cornici a stucco policromo di A. Pella.

riquadro verso la porta: affresco Gloria di San Domenico (1737-39) di G.B. Tiepolo.

riquadro al centro della navata: affresco Istituzione del Rosario (1737-39) di G.B. Tiepolo.

riquadro verso il presbiterio: affresco Apparizione della Vergine a San Domenico (1737-39) di G.B. Tiepolo.

LATO DESTRO

Controfacciata

in basso: statua Abramo (1754) di G.M. Morlaiter,

in alto: rilievo Gesù e il centurione (1754) di G.M. Morlaiter.

Prima Cappella

all’altare: tela La Vergine appare alle Sante Rosa da Lima, Caterina da Siena e Agnese da Montepulciano (1748) di G.B. Tiepolo.

Intercolumno

in basso: statua Aronne (1750) di G.M. Morlaiter,

in alto: rilievo Gesù guarisce il cieco (1750) di G.M. Morlaiter.

Seconda Cappella

all’altare: cornice in gruppo marmoreo Gloria d’angeli (1739) di G.M. Morlaiter, al centro: tela San Domenico (1739) di G.B. Piazzetta.

Intercolumno

in basso: statua San Paolo Apostolo (1747) di G.M. Morlaiter,

in alto: rilievo Apparizione di Gesù alla Maddalena (1743) di G.M. Morlaiter.

Terza Cappella

all’altare: tela Visione dei Santi Lodovico Bertrando, Vincenzo Ferreri e Giacinto (1738) di G.B. Piazzetta.

Pulpito

al di sopra: rilievo Apparizione di Gesù a Tommaso (1747) di G.M. Morlaiter.

SACRESTIA DESTRA

alla parete: tela Ritratto del piovan Antonio Ferrari (1797) di S. Longhi.

PRESBITERIO

Cappella Maggiore.

a destra, sopra la porta che immette nella sacrestia: cantoria.

altar maggiore: costruito nel 1633 vi venne in seguito adattata la pala ivi alloggiata. Isolato al centro del presbiterio, esso ne divide lo spazio rispetto all’abside, riproposta da un secondo arco, in successione a quello trionfale. Frontalmente l’altare è definito da una grande nicchia che ospita l’elaborato tabernacolo ed è coronata da un timpano curvilineo; sul retro la serie di eleganti colonne corinzie è disposta in ampio semicerchio al pari dell’alta trabeazione.

a sinistra, sopra la porta che immette nella sacrestia: nella cantoria sopra il presbiterio, in cornu evangelii, l’organo; in origine vi era quello consegnato nel 1740 da Nachich, sostituito poi nel 1856 dall’attuale, costruito da J. Bazzani e figli, eredi del Callido.

CORO

al soffitto: affresco David che suona l’arpa (1739) di G.B. Tiepolo.

alle pareti: coro ligneo a stalli (1740-44) ideato dal Massari e intagliato da Ceroni, Medici e Gasparini.

al centro: grande leggìo in legno (1743) di Ceroni.

alla parete: pala in basso: San Domenico e le Sante Margherita, Chiara, Barbara e Agata, in alto: Vergine col Bambino e Sant’Anna (1630) di M. Ingoli.

SACRESTIA SINISTRA

alla parete: tavola su fondo oro Madonna col Bambino (1375-80) di S. da Sant’Agnese.

LATO SINISTRO

Pulpito

al di sopra: rilievo Battesimo di Cristo (1746) di G.M. Morlaiter.

Terza Cappella

all’altare: pala Crocifissione (1565) di J. Tintoretto. In origine nella vicina chiesetta de La Visitazion e qui portata nel 1743.

Intercolumno

in basso: statua San Pietro (1744) di G.M. Morlaiter,

in alto: rilievo La Samaritana al pozzo (1744) di G.M. Morlaiter.

Seconda Cappella

all’altare: statua Madonna del Rosario (1836) di A. Bosa. Del tipo delle Madonne vestite, è seduta su un trono di legno dipinto di Arrigoni detto Sega.

Intercolumno

al pavimento: trono usato per la processione del rosario di F. Bernardoni. Vi è seduta la statua Madonna del Rosario con Bambino, di gusto spagnoleggiante delle Madonne vestite, prezioso documento della pietà popolare settecentesca.

in basso: statua Mosè (1748-50) di G.M. Morlaiter,

in alto: rilievo La piscina probatica (1748-50) di G.M. Morlaiter.

Prima Cappella

all’altare: tela San Pio V, San Tommaso d’Aquino e San Pietro Martire (1730-33) di S. Ricci. Tutti dell’Ordine dei Domenicani.

Controfacciata

in basso: statua Melchisedech (1755) di G.M. Morlaiter,

in alto: rilievo San Pietro salvato dalle acque (1755) di G.M. Morlaiter.


 

Rio del Santissimo.

Sin dal loro insediamento, il corto rio dei Gesuati (oggi scomparso) aveva costituito il limite naturale sul lato orientale e settentrionale della proprietà dei Gesuati, sul filo del quale essi avevano edificato il corpo di fabbrica del loro chiostro. Per vedere invece realizzata la loro nuova chiesa e l’esteso complesso conventuale, tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, i Domenicani acquistarono una vasta porzione di terreno situato oltre questo rio, preparandosi dunque a oltrepassarlo. Il Massari, nell’allora assoluta impossibilità di interrarlo, nel 1726 realizzò sotto la chiesa un largo volto in pietra, sotto cui poté continuare a fluire liberamente l’acqua. Una soluzione peraltro già felicemente adottata nel 1294 dagli Agostiniani, la cui  chiesa conventuale di Santo Stefano, ha l’abside che poggia appunto su una grande struttura a ponte sul sottostante rio del Santissimo, non a caso così denominato. Sul fianco orientale della chiesa dei Gesuati è infatti ancora oggi visibile l’arco terminale di pietra del cunicolo, murato e in parte seppellito, che passava sotto il corpo della fabbrica. Quale abbellimento, al culmine dell’arco è collocato lo stemma settecentesco dei Domenicani, sormontato dal levriero (simbolo dell’Ordine) e al di sopra, alla parete, un rilievo tardo-quattrocentesco, di stile donatelliano, raffigurante Cristo sostenuto dagli angeli, qui probabilmente trasferito dalla vicina chiesa della Visitasion.

Nel 1737 i Domenicani chiedevano però al Senato la possibilità di modificare la spigolosa conformazione della stretta curva dove finiva il rio de la Carità e iniziava quello dei Gesuati, in modo da poter ricavare lo spazio sufficiente per ampliare ulteriormente il loro convento. Nonostante il parere positivo delle magistrature preposte, la mancanza di fondi impedì di proseguire.

Nel 1750 i Domenicani tornarono però sul punto, questa volta proponendo al Senato la modifica del tratto settentrionale del rio dei Gesuati, in modo da interrare definitivamente il cunicolo sottostante la chiesa. Il progetto, positivamente valutato dal Magistrato a le Aque e dai Provedadori de Comun, prevedeva la scomparsa della curva spigolosa con l’arretramento dell’acqua fino al nuovo tratto di rio che, passando attraverso i varchi ricavati al di sotto di alcuni edifici di proprietà dei Domenicani, tornava a sfociare nel rio de Sant’Agnese. Il Senato con Parte del 25 luglio 1750 approvava senz’altro la nuova sistemazione idraulica, con oneri a carico del richiedente. Sul muro esterno del monastero è infatti visibile, anch’esso murato e parzialmente seppellito, un secondo arco, meno elaborato del primo, ad indicare il definitivo sbocco del rio che tale rimase fino alla fine della Repubblica.

Nel corso dell’Ottocento, discutibili quanto barbari interventi di supposta “manutenzione” della rete dei canali cittadini, causarono la dolorosa perdita in città di un gran numero di rii.

Nel nostro caso, si iniziò nel 1817, quando fu approvato l’interramento del rio de la Carità, di cui è oggi sopravvissuto solo un corto tratto di una ventina di metri dalla parte del Canal Grando.

Il tratto superstite del rio dei Gesuati, dunque dalla parte del canal de la Zueca fu interrato nel 1838, quando venne stimato troppo costoso il restauro delle rive e dei due ponti che lo attraversavano. Si procedette perciò con l’interramento di circa 48 metri e con la creazione di una nuova testata di riva davanti alla cavana del convento (di cui dall’esterno si vede l’arco murato e parzialmente seppellito e all’interno si è conservato l’ambiente). Un condotto sotterraneo avrebbe garantito il flusso sotterraneo dell’acqua. I lavori, così malamente condotti che causarono lesioni alle fondazioni della chiesa, si conclusero nel 1839 con la definitiva congiunzione dei due tratti della fondamenta Zatere ai Gesuati e con la demolizione del ponte dei Gesuati (o della guerra) e del retrostante ponte de Sant’Agnese.

Infine, i lavori di interramento del rio de Sant’Agnese iniziarono nel 1858 e terminarono nel 1864, sotto la direzione del tristemente famoso ing. Capo Municipale Giuseppe Bianco. In seguito scomparve anche il toponimo, che fu sostituito da   rio terà Antonio Foscarini, tranne che nel breve tratto parallelo alla chiesa omonima, dove mutò in rio terà dei Gesuati.

 

Ponte dei pugni.

Quando il rio dei Gesuati (oggi scomparso) sfociava in canal de la Zueca, un ponte, ben visibile nelle stampe e nei quadri dell’epoca, collegava tra loro i due tronconi in cui era allora divisa la fondamenta Zatere ai Gesuati.

Tale ponte, stando a quanto si apprende dal Coronelli, era inizialmente privo di bande (parapetti) e denominato ponte dei Gesuati della Guerra, in quanto su di esso come in determinanti altri ponti sparsi per Venezia, si svolgevano frequentemente le famose battagliole, combattute a mani nude o armati di canne, fra le fazioni cittadine dei Nicoloti e quella dei Castelani.

 

 

 

L'interno:

l'interno, in stile barocco veneziano, è a unica navata rettangolare, smussata agli angoli, tale per cui la planimetria della chiesa viene ad assumere una forma ellissoidale che rammenta molto da vicino la soluzione adottata dal Gaspari per la chiesa della Fava (Sestier de Castelo, Contrada San Lio) la cui costruzione fu portata poi a compimento proprio dal Massari.

La volta è decorata da cornici a stucco policromo che seguendo le linee strutturali della vela, inquadrano lo splendido soffitto affrescato con tre grandi riquadri e numerosi monocromi.

Su entrambi i lati maggiori si aprono tre grandi arcate che introducono ad altrettante cappelle di pregevole fattura, intercomunicanti fra loro tramite brevi corridoi interni ma risultando separate all’esterno da interspazi che hanno ai lati semicolonne corinzie e al centro statue entro nicchie e rilievi.

Sulle smussature degli angoli verso il presbiterio sono collocati i due pulpiti monumentali, tipici delle chiese di un ordine di predicatori quale è quello Domenicano.

L’unitarietà dell’insieme è sottolineata dal correre nella parte alta delle pareti delle quattro cornici continue in diverso aggetto. La prima, esile, inserita fra le statue e i rilievi, segue la rientranza delle cappelle laterali; la seconda, più rilevata, si snoda sopra i capitelli delle semicolonne; la terza, retta da barbacani, funge da divisorio fra pareti e soffitto; infine la quarta, in lieve aggetto, congiunge le basi delle vele del soffitto.

La volta è aperta lateralmente da ampi e luminosi finestrati e la presenza di questa diffusa luminosità in tutta la chiesa, più che da una scelta del Massari potrebbe derivare dalla dottrina domenicana della manifestazione ai fedeli della Verità attraverso la luce.

In faccia al grande portale d’ingresso, si trova l’arco trionfale che immette al presbiterio. A pianta quadrata, esso è sopraelevato di tre gradini rispetto alla navata e diviso da essa da una balaustra in marmo di Carrara. Al centro vi è collocato l’altar maggiore, intensamente illuminato dalla luce che proviene dalle grandi aperture. L’alta cupola che sovrasta il presbiterio si conclude con un’alta lanterna. Sui lati brevi, sopra le porte che immettono nelle sacrestie si trovano le cantorie; su quella di sinistra è ospitato l’organo.

Sfruttando la maggiore larghezza del presbiterio rispetto alla navata, il Massari ricavò ai lati due piccoli ambienti rettangolari ad uso di sacrestia.

L’abside, infine, si presenta come un momento originale e spazialmente diverso dal resto della chiesa, dilatato com’è in larghezza secondo la curvatura delle esedre laterali. Lo spazio alle pareti è occupato dagli stalli lignei del coro e nel mezzo troneggia un grande leggìo.

 Facciata e portale:

La realizzazione della facciata (per sostenerne il peso della quale fu necessario compattare il terreno con 270 pali) comportò anche la sistemazione della riva, la creazione di una nuova scalinata acquea e il rinnovo della pavimentazione del sagrato, caratterizzata dal gioco bicromatico dei motivi geometrici realizzati in pietra bianca di Rovigno sullo sfondo della trachite Euganea. Da qui si diparte la breve gradinata a cinque elementi, che immette al portale della chiesa.

L'imponente facciata domina il tratto omonimo della fondamenta Zatere ai Gesuati e si specchia direttamente sul canal de la Zueca. Essa è strutturata a unico ordine, suddivisa da quattro altissime semicolonne corinzie sulle quali, oltre all’elegante cornicione lavorato a dentelli da F. Bonazza, è impostato il timpano triangolare con foro ovale al centro.

Sopra l’imponente portale incassato, sormontato da un timpano curvilineo, si trova la lapide dedicatoria, inserita entro una mossa cornice marmorea, lavorata anch’essa dal Bonazza.

All’interno degli spazi laterali, entro nicchie sovrapposte, sono collocate le statue allegoriche delle quattro virtù cardinali: lato sinistro, in basso la Fortezza (1736) di G. Bernardi detto Il Torretti, in alto la Prudenza (1736) di G. Susali; lato destro, in basso la Temperanza (17137) di A. Tagliapietra, in alto la Giustizia (1736) di F. Bonazza.

Uno stretto fascio di colonne e di pilastri, sfalsati, conclude la facciata nelle due estremità, conferendo all’insieme un’illusoria profondità di prospetto.

Sul lato destro della chiesa, un tempo costeggiato dalla stretta fondamenta de la chiesa (oggi inglobata nel rio terà dei Gesuati) che conduceva al ponte che immetteva in campo Sant’Agnese, si apre la porta secondaria di accesso all’edificio, che ripete, seppure in scala minore, le linee del grandioso portale della facciata.

Convento:

lungo il lato destro della chiesa, dove ha termine il rio terà dei Gesuati e ha inizio il rio terà Antonio Foscarini, è il  punto dove la struttura edilizia si allarga formando un breve angolo per poi riprendere secondo una linea in leggera diagonale. Qui ha inizio il complesso conventuale settecentesco, realizzato secondo il progetto elaborato dal Massari. Superato d’un balzo (grazie al volto sotto il presbiterio) il tratto settentrionale del rio dei Gesuati, nel nuovo terreno egli prevedeva la costruzione di un primo nucleo con cortile addossato al coro e di seguito, sul lato occidentale, la realizzazione di un secondo nucleo con chiostro che si sarebbe raccordato con la struttura del convento rinascimentale della Visitazion.

La struttura situata immediatamente dietro il coro della chiesa, fu iniziata nel 1751 e venne in gran parte completata. I quattro corpi di fabbrica rinserrano al loro interno un cortile (il cui piano lastricato è posto ad una quota più alta rispetto al piano stradale); in questo caso, solo al centro del lato meridionale, verso la chiesa, si apre un porticato a cinque arcate a tutto sesto.

Come detto, sul lato occidentale di questo primo nucleo, iniziarono i lavori per la realizzazione di un secondo e più ampio chiostro porticato che seguendo a filo il confine della proprietà sarebbe arrivato infine a toccare l’abside della chiesa della Visitazion (in quest’epoca biblioteca) e infine con il lato meridionale si sarebbe raccordato al convento quattrocentesco. Questa seconda fabbrica rimase però incompiuta quando i lavori giunsero a voltare il terzo arco del lato occidentale, a causa della morte del Massari, avvenuta il 20 dicembre 1766. La volontà di porre in comunicazione tutto il complesso è però testimoniata dalla presenza di una  settecentesca scala elicoidale, opera anch’essa del Massari.

Nel 1996 questo complesso, pur mantenendo rigorosamente la struttura monastica, venne trasformato in Centro Culturale e Casa Religiosa di Ospitalità. L'ingresso all'intera struttura si trova oggi in rio terà Antonio Foscarini, di fronte alla chiesa di Sant’Agnese.

Campanile: (campaniel)

inseriti nella struttura della chiesa, agli angoli estremi della navata verso il presbiterio, si elevano i due campanili gemelli. La canna è intonacata e rinforzata agli angoli, la cella campanaria, dove proseguono i pilastri angolari, ha una grande apertura ad arco rialzato su ciascuna faccia. Sul piano aggettante privo di parapetti che la sovrasta, si appoggia un tiburio ottagonale che sostiene la cupola barocca (vagamente orientaleggiante) a forma di cipolla ad otto spicchi rivestita di piombo.

 

Bibliografia:

 

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Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello, tratte dalle chiese veneziane e torcellane

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Forestier illuminato. Intorno le cose più rare e curiose, antiche e moderne, della città di Venezia e dell’isole circonvicine.

Giambattista Albrizzi, Venezia 1765

 

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Le chiese di Venezia

Azienda Autonoma Soggiorno e Turismo, Venezia 1975

 

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Chiesa dei Gesuati. Arte e devozione

Edizioni Marsilio Editori, Venezia 1994

 

Gianpietro Zucchetta

Un’altra Venezia. Immagini e storia degli antichi canali scomparsi.

Erizzo Editrice, Venezia 1995

 

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Campanili di Venezia

Edizioni Grafiche Vianello, Treviso 2002

 

Sergio Baldan

Venezia 1806. La soppressione del monastero di San Giorgio Maggiore

Marsilio Editori, Venezia 2006

 

 

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