SESTIER DE S. POLO |
ciexa de San Giacometo |
CONTRADA S. ZUANE DE RIALTO |
Cenni storici: la chiesa di San Giacomo di
Rialto è anche detta di San Giacometo vuoi
per le ristrette proporzioni dell’edificio e vuoi anche perché in questo modo
il popolo la distingueva facilmente dall’altra chiesa dedicata a San Giacomo da
l’orio. A proposito della
sua fondazione, un’antichissima tradizione veneziana, ripresa largamente
anche dalla cronaca antica, vuole che la costruzione venisse intrapresa per il
voto di un tale Candioto, di mestiere carpentiere,
al tempo in cui i primi fuggiaschi arrivarono nelle isole, perciò nell’anno 421. Studi più recenti
e documentati invece ne collocano l’effettiva costruzione attorno alla
seconda metà del XII secolo, potendo comunque precisare che l’anno della
consacrazione fu il 1177, essendo Dose Sebastiano Ziani.
Un’ulteriore conferma si è potuto ricavarla da un testamento del 1152, dove tale Piero Zusto detta le sue volontà al notaio Enrico Navigaioso, il quale è definito nel documento piovan
(parroco) di San
Zuane e di San Giacometo a
Rialto. L’edificio era all’epoca già esistente, sebbene la sua consacrazione
sia avvenuta appunto venticinque anni più tardi, forse in studiata
coincidenza con la concessione delle particolari indulgenze che papa
Alessandro III elargì in favore di Venezia dopo l’ottima prova di mediazione
culminata con l’incontro del papa con l’Imperatore Barbarossa in piazza San
Marco. Al divampare del
grande incendio del 1514, come in
quell’anno scrisse Marin Sanudo
nel suo diario "[...] solum restò in piedi
la chiesia di San Giacomo di Rialto coperta di
piombo qual era in mezo dil
fuogo, e ita Deo volente si preservò. La qual fu la prima chiexia edificata in Venetia dil 421 a dì 25 Marzo, come in le nostre croniche si leze [...]" ma non vennero risparmiati dalla
devastazione un ampio numero di edifici contigui (che presto saranno
soppiantati dalle Fabbriche Vecchie,
realizzate sotto la direzione dello Scarpagnino) compreso
anche il campanile della chiesa, che non venne ricostruito. Nonostante i
numerosi restauri cui fu sottoposta nel tempo, San Giacometo
conservò pressoché intatta la prima, antica configurazione, tanto che gli
interventi del 1531 e del 1601 restano facilmente individuabili
sulla facciata, nella cupola e, all’interno, nella copertura con l’aggiunta
di crociere a volta di botte. Fino alla caduta della Repubblica, la chiesa fu sempre annualmente visitata dal Dose nel giorno del giovedì Santo, e ciò in ricordo delle importantissime indulgenze concesse da papa Alessandro III nel 1177. |
Visita alla chiesa:
Altare
dell’Annunziata della
schola picola
dei Garbeladori. a lato: tela
La nascita della Vergine di L.
Bassano. all’altare: pala Annunciazione
(secolo XVI) del pittore tizianesco M.
Vecellio. a lato: tela Lo sposalizio della Vergine di M. Vecellio.
La cappella maggiore, realizzata a spese
della schola picola
dei Casaroli è impreziosita da decorazioni e
stucchi dorati. all’altar maggiore: entro una nicchia
decorata a mosaico, statua San Giacomo Apostolo (1602) di A.
Vittoria. sotto: tabernacolo
marmoreo con bronzetti dorati (1605) scuola di A. Vittoria.
Altare di
Sant’Antonio Abate della
schola picola
dei Oresi e Argentieri, che a Rialto avevano
le loro famose botteghe. all’altare: statua in bronzo Sant’Antonio Abate cui due angeli, di bronzo anch’essi, gli sostengono sul capo la mitria; (secolo XVI) di G. Campagna. |
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L'interno: la pianta interna
della chiesa, inizialmente concepita a croce latina, mutò nel tempo assumendo
infine la forma della croce greca. Suddivisa in tre navate di uguale
ampiezza, con la zona absidale composta da tre cappelle rettangolari, delle
quali la centrale è anche leggermente rilevata all’esterno. All’incrocio
della navata centrale con il transetto si alza la piccola cupola. Disposte al
centro del tempio, le sei colonne in marmo greco dividono lo spazio nelle tre
navate. Lungo le pareti
laterali, i due altari sono inseriti entro delle nicchie poco profonde e
anche queste di forma rettangolare. Le parti originarie del tempio sono
costituite dalle colonne in marmo greco delle navate e dai loro capitelli a
fogliami, quest’ultimi tra di loro anche stilisticamente diversi. Certamente
i più antichi sono materiale di recupero di costruzioni veneto-bizantine,
risalenti ad epoche precedenti alla chiesa e qui, come d’uso, abilmente
reimpiegati. |
Le Scuole di mestiere: posta al centro dell’area mercantile di
Rialto, la chiesetta ospitò nel corso dei secoli un gran numero di scuole di
mestiere i cui confratelli erano impiegati nelle attività della zona. Ebbe qui il suo altare la scuola degli Oresi, quella dei Compravendi, dei Casaroli,
dei Travasadori da Ogio,
dei Biavaroli, dei Garbeladori,
dei Ligadori de Comun e inoltre anche le seguenti schole de devozion:
alla Beata Vergine Assunta di Sendrina, dei Barcaroli del Buso, dei Boladori de Comun. La Chiesa: sulle rendite di San
Giacometo, in verità molto modeste, nonché sul
diritto di eleggere il suo piovan, fiorì una lunga e spinosa controversia fra il
Capitolo della chiesa patriarcale (in quel tempo a San Pietro di Castello) e
la Repubblica. La contesa venne alfine risolta a
vantaggio della Repubblica, grazie all’apposita bolla di papa Clemente VII,
il quale sancì l’annessione della chiesa alla Cappella Ducale (oggi chiesa di
San Marco), che passò così sotto la diretta dipendenza del Primicerio del
Capitolo di San Marco. Iscrizione esterna nell’abside: chi proviene dal ponte di Rialto,
superato sulla destra il palazzo dei Camerlenghi, giunge accanto all’abside
di San Giacometo
ben riconoscibile dalla larga fascia in pietra d’Istra,
posta sotto la croce, dove è scolpita un’antica iscrizione: “HOC CIRCA
TEMPLUM SIT JUS MERCATIBUS AEQUUM, PONDERA NEC VERGANT, NEC SIT CONVENTIO
PRAVA” (intorno a questo tempio sia
equa la legge del mercante, giusti i pesi e leali i contratti). |
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Facciata e portale: grazie al suo
composito genere, la facciata odierna rappresenta un unicum a Venezia,
essendo evidentemente il risultato finale dei continui rimaneggiamenti che
essa ebbe a subire nel corso del tempo. In particolare,
la caratterizza il porticato, aggiunto nel corso del XV secolo, ritmato da
cinque colonne gotiche architravate e la copertura in legno, restaurato nel 1758. Esso corre lungo tutta la
fronte ma continua a sinistra, coprendo parzialmente anche l’edificio
contiguo. Questo portico, assieme a quello della chiesa di San Nicolò dei
Mendingoli (Contrada San Nicolò dei Mendingoli), peraltro
ricostruito, rappresentano oggi gli unici esempi sopravvissuti di un tipo di
struttura un tempo assai frequente nei molti edifici religiosi della città ma
in seguito volutamente demoliti. La facciata che
si eleva sopra il portico, realizzata in pietre di cotto, è costituita da due
corpi laterali, più bassi, posti a coronamento orizzontale di un corpo
centrale assai più alto, che culmina in un campaniletto
a vela in pietra d’Istria, realizzato per sostituire il vecchio campanile
distrutto dal devastante incendio del 1514. Il campaniletto
venne rifatto nel 1792. Al centro della
facciata, dove troneggia il grande orologio, sin dalla fine del XIV secolo
vennero aggiunte ai lati due statue lignee che battevano le ore. Nel 1749 l’orologio fu completamente
rifatto, per poi essere ancora rinnovato alla fine dello stesso secolo. Al di sopra
dell’orologio è collocato il caratteristico cesendelo che racchiude la “Madonna col Putto”, realizzato nel XV secolo. Le finestre a lunetta furono invece
aperte solo nel corso del Seicento. |
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Campanile: (campaniel) come facilmente si nota nella famosa
veduta del de’ Barbari del 1500,
un vero e proprio campanile in cotto ad alta cuspide si elevava sul lato del
campo opposto alla chiesa. Esso venne però completamente distrutto,
assieme agli altri edifici, nel furioso incendio del 1514. Tuttavia tale calamità ne anticipò in verità un
abbattimento che già era stato pianificato allo scopo di ricavare maggior
spazio da destinare alle attività commerciali che si svolgevano in campo. |
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Bibliografia: M. Sanudo "I diarii di Marino Sanuto",
T. 17 [1513-1514], Venezia, a spese degli
editori, 1886, col. 461 Flaminio Corner “Venetia città nobilissima et singolare”. Stefano Curti, Venezia 1663 Flaminio Corner “Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello, tratte dalle chiese veneziane e torcellane” Stamperia del
Seminario, Padova 1758 Giambattista Albrizzi “Forestier illuminato. Intorno le cose più rare e curiose, antiche e moderne,
della città di Venezia e dell’isole circonvicine.” Giambattista Albrizzi, Venezia 1765 Umberto Franzoi / Dina Di Stefano “Le chiese di Venezia” Azienda Autonoma
Soggiorno e Turismo, Venezia 1975 Tudy Sammartini / Daniele
Resini “Campanili di Venezia” Edizioni Grafiche
Vianello, Treviso 2002 |