SESTIER DE CASTELO |
ciexa de San Francesco de Paula |
CONTRADA S. PIERO DE CASTELO |
Minimi detti “paolotti” |
Cenni storici: L’evoluzione storica della chiesa di San Francesco
de Paula è notoriamente interessata dalla confusione che
attraversa le cronache, dovuta principalmente al fatto che per qualche tempo
sono esistiti in loco due edifici
sacri entrambi dedicati all’Apostolo San Bartolomeo: il più antico era l’oratorio
annesso ad un ospedale, l’altro invece la vera e propria chiesa. Per quanto riguarda la chiesa, nell’840 su di una motta
di terreno non lontana dall’isola di Olivolo (oggi
isola San
Piero de Castelo) fu costruita una
chiesetta in legno che venne dedicata a San Demetrio di Tessalonica.
Nel 1070
a spese del Dose Domenico Selvo l’edificio
viene rinnovato e dedicato all’Apostolo San Bartolomeo. La chiesa avrà quale
primo vicario Giovanni, figlio del Dose Piero Polani. Per quanto invece riguarda l’oratorio, nel
1291 il vescovo di Castello,
Bartolomeo I Querini, istituisce per testamento un ospeal e nel 1296 il Capitolo della chiesa di San Piero de Castelo
ne autorizza il Prior
ad erigere un piccolo oratorio, dedicato anch’esso all’Apostolo San
Bartolomeo. A questo punto è probabile che, separata
dall’oratorio solo dalla presenza dell’ospeal, attorno al 1300 si mettesse mano alla vecchia chiesa
dedicata a San Bartolomeo, probabilmente ricostruendola dalle fondamenta in
forme gotiche. E’ certo che nel 1342
papa Giovanni XXII pone la chiesa sotto la giurisdizione del patriarca di
Grado. Per avere ulteriori notizie sulla chiesa
(e sull’oratorio) bisogna arrivare alla veduta del de’ Barbari del 1500, dove delineata lungo la stretta
fondamenta
si vede una chiesa in stile essenzialmente gotico, intitolata a San Bartolomeo,
ma che per volumetria e per gli attributi architettonici pare davvero arduo
poter definire “oratorio”. Anche perché osservando a destra oltre il
campanile e il breve tratto del muro di cinta che delimita una corticella interna (forse pertinenza dell’ospeal), si nota un piccolo
edificio con tetto a capanna ma caratterizzato da un portale d’ingresso posto
in posizione centrale e dalla presenza di due finestroni laterali, tipologia
costruttiva certo più religiosa che civile. Potrebbe trattarsi dell’oratorio
? Restando alla chiesa, nella veduta il suo
asse longitudinale si pone parallelo al rio de Castelo, prospettando lungo la stretta fondamenta
con il fianco sinistro, scandito da lesene collegate in alto da archetti
ciechi, Negli interspazi si aprono le finestre e il portale laterale
d’ingresso. Il tetto, a due falde, indica uno schema planimetrico ad una sola
navata, anche questo un elemento caratteristico delle chiese del periodo
gotico. Se l’oratorio e l’ospeal
cominciano a mostrare i segni della vetustà ma la grave scarsità di mezzi dell’istituzione
rendeva assai difficile affrontare lavori radicali di restauro, nel 1558, come si legge nell’iscrizione
scolpita nella lastra di marmo posta a lato della cappella maggiore, la
chiesa veniva sottoposta ad un parziale restauro. Il destino però volle che nel 1584 il Generale dei Minimi indirizzasse a Venezia due confratelli
(frate Nicola de’ Cristiani e frate Giacomo Saracini) con la missione di
fondare in questa città una casa religiosa di quell’Ordine. Qui giunti, dopo alcuni
mesi di contatti ed aiutati in ciò da un segretario del Consejo de Diese, i due religiosi ottennero dal Senato l’autorizzazione
ad insediarsi in città. Con il consueto pragmatismo, il massimo organo di
governo della Repubblica assegnò ai Minimi
il complesso di San Bartolomeo, imponendo però l’obbligo di continuare
l’attività assistenziale dell’ospeal. Interpellata sul punto, la famiglia Querini dalle Papozze accettò (anche per riconoscenza del fatto che
un suo congiunto aveva da poco ottenuto il vescovado di Concordia) e mantenendo
lo juspatronato
e venendo dichiarata dal Generale dell’Ordine “fondatrice del monastero”, con
atto stipulato in data 16 settembre 1585
cedeva l’uso del complesso ai Minimi. Con inusitata ma giustificata prontezza,
la donazione venne immediatamente confermata anche da papa Sisto V, che in questo
modo sopì la tenace opposizione che avevano sollevato i Domenicani del vicino monastero di San Domenego de Castelo,
rilevando che l’esistenza del rio de Castelo fosse sufficiente perché il nuovo
insediamento religioso non apportasse alcun nocumento all’altro. Nel 1586
i Querini manifestarono l’intenzione di voler intervenire
per restaurare oratorio e ospeal, entrambi vecchi
e cadenti, per le cui spese si pensò di chiamare a contribuire i fedeli con
le loro elemosine. I Minimi però, desiderando
fervidamente di dotarsi di una nuova chiesa e di un vero monastero, esercitando
una discreta ma continua pressione sui Querini alfine
li convincono a chiudere l’antico ospeal per trasferirlo
altrove. Finalmente nel 1588 i Minimi possono provvedere
alla completa demolizione di tutti i fabbricati (chiesa, oratorio, ospeal) e, alla presenza del Dose Pasquale Cicogna, viene posata la prima pietra del nuovo
complesso, benedetta dal Patriarca di Venezia, Giovanni Trevisan. La chiesa fu completamente riedificata
sull’area d’angolo fra la fondamenta e la calle San Francesco de Paula
(nome derivato dalla nuova intitolazione della chiesa) e alla fine dell’intervento
la situazione edilizia risultò completamente mutata. In particolare, secondo
le concezioni urbane in voga nel cinquecento, il corpo della chiesa era stato
fatto ruotare di novanta gradi in modo che la facciata prospettasse direttamente
sulla fondamenta.
La fabbrica fu consacrata il 19 aprile 1619
da Giovanni Perpignano, vescovo di Canea, col
doppio titolo dei Santi Bartolomeo Apostolo e
Francesco di Paola Confessore. Caduta la Repubblica nel 1797, nell’ottobre del 1806 il convento venne soppresso e i
frati dovettero lasciare Venezia per raggiungere i confratelli di Verona. La
chiesa rimase aperta al culto e affidata ad un vicario. In tempi più recenti, rimase succursale fino al 1952, quando fu staccata da San Piero de Castelo ed elevata a Chiesa Parrocchiale, quale è tuttora, assegnata ai Padri Salesiani. |
sopra la
porta d’ingresso: il barco (coro pensile), si appoggia alla
controfacciata e si prolunga lungo le pareti laterali con due braccia, nelle
cui profondità sono ricavate le cappelle laterali, quattro per ciascun lato,
di cui una sotto il barco e tre,
architettonicamente più elaborate, sotto il braccio. sopra il
braccio destro del barco: episodi della
vita di San Francesco da Paola: Il Santo
resuscita un bambino (1748) di G.F. Soliman, Il Santo
guarisce un Ossesso (1748) di D.
Tiepolo; Il Santo resuscita San Tommaso di Turre
travolto da un albero di V. da
Canal; Il Santo Guarisce un cieco di
Anonimo. sopra il
braccio sinistro del barco: episodi della
vita di San Francesco da Paola: Ricordo di un
restauro della chiesa (1877); Il
Santo fa camminare un albero tagliato in due dal suo bastone (1745)
di M. Grassi; Il Santo disegna con
il dito occhi e bocca a un bimbo nato senza di M. Schiavoni; Il Santo con un fiasco di vino e un paniere nutre una
moltitudine (1748) di G.M.
Bordese.
interessante esempio di soffitto
cinquecentesco di chiesa veneziana, con teleri (quadri) inseriti in
riquadri formati da cornici intagliate e grande ovale centrale, realizzato
nel 1585 da G. Contarini,
La Resurrezione; La Natività; L’Annunciazione; Guarigione di un Ossesso; Il Santo dona pane ai poveri; Il Santo fa uscire l’acqua dalla roccia; Il Santo attraversa lo stretto di Messina; I quattro Evangelisti; i quattro Dottori della Chiesa; quattro stemmi
della famiglia Carafa; due Episodi storici della famiglia Carafa.
PRIMa cappella altare
cinquecentesco, in marmo. all'altare: statua Sant’Antonio da Padova entro nicchia mosaicata d’oro. SECONDa cappella altare
cinquecentesco, in marmo. all'altare: dipinto Beata Vergine dei Sette Dolori TERZa cappella altare
cinquecentesco, in marmo. alla mensa dell’altare: crocifisso
ligneo cinquecentesco; all’altare: tela Vergine, San Giovanni Evangelista e donatori di
J. Palma il Giovane. QUARTa cappella altare cinquecentesco, in marmo con
colonne tortili. all’altare: tela San Francesco di
Paola attribuita a A. del Friso.
(copia del dipinto esistente nella chiesa di San Trovaso). primo altare cinquecentesco, in marmo. parete a destra dell’altare, in alto: dipinto San Francesco resuscita un agnellino di F. Zanchi; in basso: Pesci
restituiscono le monete perse da un benefattore di F. Zanchi. all’altare: statua policroma Beata
Vergine del Rosario (qui traslata nel 1619 dalla chiesa di San Domenego de Castelo). parete a destra dell’altare, in alto: dipinto Il Santo spezza in due una moneta d’oro di F. Zanchi; in basso: La
buona morte del Re di Francia Luigi XI di F. Zanchi.
Cappella laterale
destra sopra l’arcone: dipinto Il
Santo guarisce gli appestati del Frejus
(1745) di G. Diziani. all’altare: dipinto
Annunciazione (1585) di J. Palma il Giovane. Presbiterio rimaneggiato nel
XVIII secolo. alla volta: affresco San Francesco di Paola in gloria di M.
Schiavoni detto il chioggiotto.
Ai quattro angoli: Evangelisti; due monocromi L’antica e la nuova Legge ai lati dell’altare: due
statue marmoree, a sinistra: San Marco di G. Morleiter; a destra:
San Bartolomeo di A. Cattajapiera. altar maggiore: con tabernacolo in marmo verde di Genova, fu
consacrato la notte di Natale del 1749. all’altare: la pala originaria
Martirio di San Bartolomeo di J. Marieschi è oggi al primo altare di sinistra (qui rimane
l’originale cornice marmorea) Cappella laterale
sinistra sopra l’arcone: dipinto Il
Santo attraversa lo stretto di Messina sul suo mantello e donatori
(1745) di G. Alberghetti. all’altare: dipinto Gesù in Gloria e i santi Antonio da Padova e Antonio Abate.
ORGANO realizzato nel 1799 dal celebre organista
Gaetano Callido. TERZA CAPPELLA altare
cinquecentesco, in marmo. all'altare: dipinto Le Sante Caterina, Chiara, Gertrude e Marina
attribuito a J. Palma il Giovane;
su legno Mater Consolationis
(XIV secolo) SECONDA CAPPELLA altare
cinquecentesco, in marmo. all'altare: dipinto Santi Anna, Osvaldo e Gaetano; dipinto Sacro Cuore, Sante Rita e Teresa del Bambin
Gesù PRIMA CAPPELLA altare
cinquecentesco, in marmo. all'altare: dipinto San Vincenzo Ferrer di Anonimo (qui portato dalla
demolita chiesa di San Domenego de Castelo) BATTISTERO fontana
battesimale cinquecentesca in marmo rosso di Verona. alla parete: pala Martirio di San Bartolomeo (1764) di J. Marieschi (qui spostata dall’altar maggiore nel 1953).
Santi Alfonso e Giacinto martiri (corpo). |
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Interno: ad unica
navata con presbiterio e due cappelle absidali, benché sia stato rimaneggiato
alla metà del settecento, ha sostanzialmente mantenuto le caratteristiche
originali. Un
motivo di interesse è costituito dal barco (ovvero il coro pensile), che si appoggia alla
controfacciata e poi si prolunga lungo le pareti laterali fino a raggiungere
la metà dell’aula. La conformazione architettonica richiama quello esistente
nella chiesa di San
Bastian (Sestier de Dorsoduro, Contrada Anzolo
Rafael). Sono
presenti undici altari in marmo; cinque disposti sul lato destro, tre sul
lato sinistro, uno in ciascuna cappella absidale e l’altar maggiore nel
presbiterio. Il soffitto piano, eseguito a spese della
famiglia Carafa, costituisce uno dei più
interessanti esempi di soffitto cinquecentesco di una chiesa veneziana. |
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Facciata e portale: nella
veduta del de’ Barbari del 1500,
la facciata, completamente nascosta dal campanile affiancato sul lato
sinistro, che correva parallelo al rio de Castelo, guardava all’interno del complesso assistenziale dei Querini. Dopo la
ricostruzione del 1588, la planimetria
della chiesa muta orientamento e la facciata fino al 1810 guarderà sulla stretta fondamenta che la
separava dal rio de Castelo. Di tipo
classicheggiante a due ordini, con timpano triangolare, portale e finestre
raccolti nell'interspazio centrale sottolineato, al pari degli angoli, da
lesene appena rilevate e concluse da capitelli corinzi. Sul
frontone della porta d’ingresso è scolpito il motto dell'Ordine dei Minimi: "CHARITAS" posto al centro di un sole
fiammeggiante. |
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Monastero: Nel 1588
iniziarono i lavori per la costruzione del monastero, che sorse in aderenza
al fianco destro della chiesa, ricalcando lo schema tradizionale con i corpi
di fabbrica articolati intorno all’unico chiostro. Le fabbriche del convento
che si allinearono lungo la fondamenta costituivano un’unica fronte che
inglobò anche l’antico oratorio, che scomparve. Il chiostro viene descritto dai
contemporanei come “un cortile
rettangolare circondato per tre lati da portici formati da svelte colonne dorico-romane poggianti su zoccoli cubici e sulle quali s’involtano
archivolti a piede rialzato e con la mensola adorna di una semplice foglia.
Le dimensioni delle arcate erano slanciate e grandi più dei chiostri dei Frari”. Caduta la Repubblica nel 1797, il monastero venne soppresso
nel 1806 nel corso della prima
occupazione francese. Venne trasformato in caserma per l’esercito e così
rimase fino al 1885 quando cessò
questa funzione e non senza aspre polemiche ne venne decisa dall’Amministrazione
comunale la completa demolizione. Al suo posto fu realizzata l’attuale
fabbrica, al tempo così moderna da essere definita “modello”, destinata a
scuola elementare, intitolata a Gaspare Gozzi e inaugurata il 27 dicembre 1886. |
L’orologio della chiesa. La domanda è sempre la stessa: che cosa mai
potrà significare quel quadrante di orologio dipinto sulla facciata della
chiesa che segna esattamente le nove e trenta ? La risposta attualmente più in voga
richiama il fatto che quella sarebbe l’ora in cui si spense il Santo a cui la
chiesa è intitolata (sebbene in realtà l’intitolazione sia doppia: San Francesco
di Paola Confessore e San Bartolomeo Apostolo). Oltretutto una vecchia fotografia
ottocentesca della facciata della chiesa riporta sì l’orologio ma la lancetta
è una sola e punta alle dieci. |
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Biblioteca: descritta imponente sia per il numero di
volumi e sia per la qualità dei testi che vi erano conservati. All’atto della spoliazione napoleonica
del 1806, e nonostante avesse già
subito cospicui furti di manoscritti, incunaboli e classici, da questa
Biblioteca furono tratti tanti volumi da riempire ancora quattro casse. |
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Campanile: (campaniel) nella veduta del de’ Barbari del 1500, in aderenza alla facciata della
chiesa e allineato con il fianco sinistro si eleva il robusto campanile con
caratteristiche costruttive e architettoniche coeve alla chiesa: la canna lesenata, la cella aperta da bifore e coronata da merli, la
cuspide piramidale. Il grande portale d’entrata, ad arco a
tutto sesto, evidenzia invece forme ormai rinascimentali. In seguito demolito, è stato sostituito
da una torretta sul tetto alta circa quattro metri. |
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Bibliografia: Flaminio Corner “Venetia città nobilissima et singolare”. Stefano Curti, Venezia 1663 Flaminio Corner “Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello, tratte dalle chiese veneziane e torcellane” Stamperia del
Seminario, Padova 1758 Giambattista Albrizzi “Forestier illuminato. Intorno le cose più rare e curiose, antiche e moderne,
della città di Venezia e dell’isole circonvicine.” Giambattista Albrizzi, Venezia 1765 Giulio Lorenzetti “Venezia e il suo estuario” Edizioni Lint, Trieste 1956 Umberto Franzoi / Dina Di Stefano “Le chiese di Venezia” Azienda Autonoma
Soggiorno e Turismo, Venezia 1975 |