La sarìa curiosa ...

do colòne acritane

SESTIER DE

 S. MARCO

La storia delle  do colòne acritane , i due monoliti piantati davanti alla facciata meridionale della Basilica di San Marco, si intreccia con la particolarità costituita dai due complicati geroglifici che vi sono incisi ed infine racchiude un'importante nota: in occasione della vittoriosa guerra della quale essi costituirono parte del bottino, venne per la prima volta usato dai veneziani il glorioso gonfalone di San Marco, che sostituì il precedente vessillo del ducato, costituito da una croce rossa in campo bianco.

Per l'interpretazione dei monogrammi, il Miozzi (Venezia nei secoli, la città, VENEZIA, 1957, vol.I, pag.143) riporta una delle ipotesi:

"(...) A memoria di questo trionfo i Veneziani inviarono in patria un grosso tronco di colonna di porfido, già usato in Acri per rendere pubblici i bandi e le grida; ed inoltre due pilastri che servivano da stipiti della Chiesa di S. Saba adorni di geroglifici che significano nel linguaggio simbolico d'oriente: monogramma A Dio Supremo, sommo, massimo, ed al Figliol suo, esauditore, avvocato, salvatore; monogramma a lui onore e gloria".  

Dal Tassini (Curiosità veneziane) non viene alcuna indicazione, mentre il Lorenzetti (Venezia e il suo estuario), Trieste 1963, pag.170), si sofferma sulla descrizione delle principali caratteristiche: "(…) Isolati, in faccia al prospetto della Basilica, i due Pilastri Acritani: Trofeo della Vittoria riportata dai Veneziani sui Genovesi cacciati da S. Giov. D'Acri (Siria) nel 1256; provenienti o dalla chiesa di S. Saba (sorreggenti forse il Protiro di una delle porte della chiesa) o dalla fortezza di "Mongioia", torre costruita dai genovesi (Pasini). Interessante esempio di arte siriaca del VI sec. con motivi simili alle decorazioni di stoffe seriche di Antiochia; fra racemi e volute, monogrammi non bene identificati. Il prof. Caliga, in un più recente studio (1939), ritiene i pilastri di altra provenienza: essi sarebbero stati "corpi" di un' "avamporta" delle mura di Tolemaide, portati a Venezia da veneziani che li asportarono dalla città; opera di influssi vari, islamici e bizantini, eseguiti durante il regno di Emanuele Comneno (1158-1180) del quale si troverebbe il nome (in epigrafe non in monogramma) nei medaglioni ornanti il tronco dei pilastri".

Nel XIII secolo furono frequentissimi i contatti commerciali con l'antica Tolemaide, e tra le Repubbliche marinare italiane non mancavano Genova e Venezia, eterne rivali sui mari. La Storia racconta che, dopo varie insistenze, il console genovese Luca Grimani ottenesse dalle Autorità religiose di Acri che ai veneziani fosse vietato l'ingresso nella Chiesa di San Saba, in quanto esclusivamente riservata ai genovesi. Naturalmente ciò venne ritenuto dai veneziani inammissibile ma nonostante il pronto intervento del console Marco Giustinian presso il Papa, la decisione non venne ritirata. La tensione fra le due comunità crebbe enormemente ma quando la parola stava per passare alle armi, intervenne allora Filippo di Monfort, governatore di Tiro ed Acri, il quale parteggiando per i genovesi, dispose l'immediato bando dei veneziani.

Giunta la notizia a Venezia, la Repubblica reagì allestendo  una flotta di quattordici galee, che posta sotto il comando di Lorenzo Tiepolo, venne inviata ad Acri. Giunta la squadra in vista del porto, i genovesi, vistisi perduti, ripararono entro le mura del convento di San Saba dove però, nonostante la resistenza, in breve tempo furono sconfitti ed il fortino ridotto ad un cumulo di macerie. Gli sconfitti allora si umiliarono chiedendo, ed alfine ottenendo, una tregua di due mesi, mentre però già sapevano che da Genova era salpata in loro aiuto una flotta di ben quarantaquattro galee, al comando di Guglielmo Boccanegra. Svelato l'inganno, Venezia non rimase inerte ed il Doge Renier Zen inviò subito ulteriori soccorsi al Tiepolo: altre quindici galee unite a dieci piccole navi chiamate "taredi".

Era la vigilia del giorno di San Giovanni quando al Tiepolo venne comunicato che la squadra genovese manovrava ormai al largo di Acri e conscio del fatto di aver di fronte un nemico assai superiore in forze, attese il calare della notte per dare l'ordine ai suoi marinai di mettere in mare un gran numero di pezzi di legno con sopra ciascuno una lanterna, così da spingere il nemico a credere che nuovi rinforzi stessero sopraggiungendo da Candia in aiuto ai veneziani. A quella vista notturna, l'ardore dei genovesi sbollì e s'insinuò invece il timore che fu sufficiente a permettere ai veneziani di ingaggiare battaglia e di sconfiggere la flotta nemica. Nuovamente vittoriosi, questa volta il porto di Acri venne dichiarato interdetto ai liguri.

Rientrando a Venezia da trionfatore, quale bottino di guerra il Tiepolo volle portare con sé anche le due colonne quadrate che abbellivano il portone d'ingresso alla distrutta chiesa di San Saba in Acri. I due pilastri vennero collocati vicino alla Basilica attorno al 1256, quale perenne ammonimento a tutti coloro che avessero in futuro avuto l'ardire di attraversare la strada della Serenissima.

 


 

 

 

 

CONTRADA

S. MARCO

PIAZZA

S. MARCO

torna indrìo a st'altre

<< Curiosità del Sestier

 

 

<< torna indrìo