la mariegola |
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La prima notizia sui magister fenestrarum è in un documento dell’11 maggio del 1474, dove il Consejo dei Diese accordava a questi artigiani il permesso di poter cercare una scolam et locum ove riunirsi; il decreto ometteva tuttavia di specificare il Patrono dei lavoranti e oltretutto non indicava il luogo (di solito una chiesa) dove la stessa avrebbe potuto fisicamente stabilirsi. Viene però chiaramente stabilito che la mariegola abbia ad essere esaminata dalla Giustizia Vechia e dai Provedadori de Comun, per poi ritornare al Consejo dei Diese per la conferma finale. In una menzione
del 1564 si legge di una “casetta appo la chiesa, sora la
sagrestia, la qual tien ad affitto la scola de’ fenestreri fin
dal 1522”. Passando ancora
oggi dietro la ciesa de la Madalena
la schola è chiaramente individuabile
nell’edificio a due piani, addossato
all’abside, con una facciata prospiciente calle de la scuola e l’altra lungo la fondamenta de la madalena con
porta d'entrata principale da questo lato. Va ricordato che
anche ai fenestreri furono applicate le
disposizioni di un decreto del Senato,
secondo cui nessun svizzero proveniente dal Cantone dei Grigioni (dove era
professata la religione protestante) poteva essere eletto capomastro
(identica proibizione era estesa alle arti degli Acquaviteri,
Gua cortelini e Pestrineri) se i votanti della Banca
e del Capitolo non fossero stati per
almeno due terzi cattolici. I garzoni
potevano essere assunti a quattordici anni e fu imposto un numero massimo a
partire dal 1673, quando venne
stabilito che in ogni bottega ve ne poteva essere uno soltanto invece che due
o tre, poichè “li qualli,
come hanno finito il suo tempo, non trovano da lavorare et
cossì vanno a ramengo, con dano
suo et anco de l’arte”.
Il provvedimento però non fu rispettato e perciò nel 1687 fu deciso di sospendere per dieci anni tutte le assunzioni,
con pena di 25 ducati per i trasgressori. La prova di
ammissione all’Arte consisteva nel saper costruire una finestra di forma
quadrata, di cinque piedi veneti per lato, con il telaio ad un solo
sportello, finita con vetri tondi e perfettamente a squadra. Lo stesso
Sansovino ha tramandato quanto nella Venezia di fine Cinquecento fosse
diffuso l’uso di finestre con “bianchissimi
e fini vetri, rinchiusi in telaro di legno et fermati con ferro e piombo con meraviglia dei
forestieri”. Per diventare
invece Maestro, fino alla seconda metà del
Settecento la prova consisteva nel saper eseguire un vetro costituito da
almeno 30 “rui da l’ochio de bò”. I “rui” o “ruodi”, erano i vetri a forma di disco, prodotti dai
maestri vetrai di Murano. Il 28 febbraio 1807, al momento della soppressione
della schola
in conseguenza degli editti napoleonici, l'Arte
teneva in ciesa de la Madalena
il proprio altare in marmo, adorno di pala con soaza
indorada
(cornice dorata), mentre invece nella sede vi erano le panche con spalliere
in abete e un secondo altare, anch'esso adorno della sua pala. Posto a disposizione del Demanio e successivamente venduto, l’edificio della schola è oggi adibito ad uso parrocchiale.
L’edificio della scuola
addossato alla chiesa
L’angolo fra la fondamenta de la madalena
e la calle de la scuola.
La bassa porta d’entrata in
calle.
La nicchia dello scomparso
capitello. |
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