Cenni storici Rimasta per
lunghi secoli quasi disabitata, la vasta area fino a quel tempo coltivata a
vigna venne donata nel 1253 dal
nobilomo Marco Ziani, figlio del Dose Pietro, ai frati minori di San
Francesco perché costruissero il loro convento. Nel 1534 il Dose Andrea Gritti pose la
prima pietra della nuova chiesa di San Francesco e contemporaneamente avviava
un programma di valorizzazione edilizia di questa parte del Sestiere di
Castello, dove esistevano depositi di legname, un “bersaglio” per il tiro con
l’arco e una “cavallerizza”, ossia maneggio per i nobilomeni veneziani che
poteva ospitare fino a settanta cavalli. Il monastero
e la chiesa di San Francesco, chiamata “della vigna”, vennero fondati nel 1253 dall’ordine dei frati minori o
predicatori. La tradizione vuole però che in questo stesso luogo esistesse
fin dai tempi più antichi un piccolo oratorio dedicato a San Marco, a ricordo
del breve, leggendario, soggiorno che l’Evangelista avrebbe effettuato su
questi lidi durante il suo viaggio verso Aquileia. La situazione
urbana ed edilizia del complesso di San Francesco è delineata con la consueta
precisione nella pianta prospettica della città del De’ Barbari. La chiesa
prospetta su un vasto spazio con la facciata tripartita da lesene, aperta da
un rosone centrale e con linea di coronamento a spioventi conclusi da edicole
marmoree. Il fianco
destro, a quell’epoca prospiciente uno spazio cintato appartenente al
convento ed adibito ad orto, al pari di quello retrostante le absidi, si
presenta scandito da lesene e dai lunghi finestroni ogivali. Nel 1534 per iniziativa del Dose Andrea Gritti, che in campo possedeva il
palazzo rinascimentale d’angolo detto della “Nunziatura”, si pose mano alla
nuova edificazione della chiesa, secondo il disegno preparato da Jacopo
Sansovino, al quale era stata affidata la progettazione del nuovo edificio.
L’epigrafe commemorativa della posa della prima pietra è inserita nel
pilastro sinistro della cappella maggiore, mentre in quello destro è
riportata la consacrazione.
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Opere d’arte all’interno navata: il soffitto a crociera ha sostituito il precedente, originario,
a capriate lignee.
lato destro, prima
cappella: cappella Bragadin Dedicata a Santa
Caterina, la cappella fu acquistata nel 1537 dal nobilomo Girolamo Bragadin, Procurator de San Marco, assieme alla
consorte, la nobildonna Caterina,
con diritto di sepoltura. Gli stemmi di Ca’ Bragadin sono collocati ai lati
dell'altare. parete a destra: dipinto Ultima Cena (prima metà XV secolo) di F. da Santacroce,
(proviene dalla chiesa soppressa e
demolita di Santa Ternita) l'altare: di semplice fattura classica; pala con Caterina d’Alessandria con i Santi Gerolamo, Giovanni
Battista, Giacomo Apostolo (metà XVI secolo) di G. Porta Salviati,
parete a sinistra: dipinto Resurrezione di Cristo (XVI secolo) di G. da Asola,
(proviene dalla chiesa soppressa e
demolita di Santa Ternita) al pavimento: lastra
tombale di Girolamo Bragadin (1545) con al centro lo stemma gentilizio della
famiglia. lato destro, seconda
cappella: cappella Badoer -
Surian Dedicata inizialmente al Santo Crocefisso, qui collocato nel 1583 dal chiostro dei
frati perché miracoloso, nel 1836 passò all’Immacolata e dal 1850 alla Beata Vergine della Celestia. La cappella venne acquistata nel 1535 dal nobilomo Piero Badoer, Procurator de San Marco. balaustri: in marmo
policromo (secolo XVI). parete a destra: dipinto Sacrificio di Isacco (1715-20) di GB. Pittoni,
(proviene dalla scuola soppressa
di San Pasquale Baylon), segue:
dipinto Rebecca al pozzo con Eleazar
(1715-20) di N. Grassi, (proviene dalla scuola soppressa di
San Pasquale Baylon). l'altare: dalle maestose forme barocche, entro nicchia in marmo
policromo (XVII secolo), una statua in legno policromo della Beata Vergine Maria di autore ignoto. sopra l’altare: dipinto Immacolata e San
Cristoforo (1685) scuola veneta. parete a sinistra: dipinto Samaritana al pozzo (1715) di F. Polazzo,
(proviene dalla scuola soppressa
di San Pasquale Baylon), segue
dipinto Guarigione del cieco nato (1715)
di A. Trevisani, (proviene dalla scuola soppressa
di San Pasquale Baylon) al pavimento: lastra
tombale di Cristoforo Surian (1563) con stemma gentilizio della famiglia. lato destro, terza
cappella: cappella Contarini Dedicata a San Francesco
d’Assisi, la cappella viene acquistata nel 1536 dal nobilomo Zuane Contarini. balaustri: in marmo policromo (secolo XVII). volta a botte: decorata a finti lacunari (secolo XVI), opera di ignoto. parete a destra: epigrafe funeraria sormontata dal busto del Dose Alvise Contarini
(1716) di A. Gai. l'altare: di foggia classica, sopra il timpano, al centro un Angelo e alle estremità la Giustizia e la Prudenza, figure realizzate in stucco. Il
dipinto Vergine in gloria e Santi
(1624) è opera di J. Palma il Giovane. parete a sinistra: epigrafe
funeraria sormontata dal busto del Dose Francesco Contarini (1716) di A. Gai, al pavimento: lastra tombale muta (secolo XVIII), sede di ossario. lato destro, quarta
cappella: cappella Malipiero -
Badoer Dedicata alla Resurrezione,
la cappella venne acquistata nel 1546 dal nobilomo
Sebastiano Malipiero, con diritto di sepoltura. A causa di problemi
testamentari però, un secolo dopo la cappella viene ceduta alla famiglia
Badoer. balaustri: in marmo
bianco con cimasa in giallo verona
(secolo XVI). parete a destra: epigrafe
funeraria di Andrea
Badoer (fine secolo XVI). l'altare: in marmo policromo ha foggia tipica del linguaggio
manierista; la pala Resurrezione di Cristo
(1560) è opera di P. Caliari detto
il Veronese. parete a sinistra: epigrafe
funeraria di Alberto
Badoer (1592). al pavimento: lastra
tombale muta (fine secolo XVI), sede di ossario. lato destro, quinta
cappella: cappella Barbaro La nobile famiglia Barbaro possedeva già una cappella
nella vecchia chiesa, concessa alla schola de devozion del SS. Nome de Gesù per le sue
funzioni. Con la ricostruzione della chiesa, la cappella venne dedicata a San Giovanni Battista. balaustri: colonnine
in rosso di Verona e cimasa in pietra d’Istria (secolo XVI). parete a destra: epigrafe funeraria
di Francesco Barbaro
(secolo XVI). l'altare: in marmo policromo, con la sua articolata mole accentua
la solennità monumentale; la pala Battesimo di
Cristo tra San Francesco e San Bernardino da Siena (1540-50) è
opera di B. Franco detto il Semolei. parete a sinistra: epigrafe
funeraria di Zaccaria
Barbaro (secolo XVI). al pavimento: lastra
tombale muta (fine secolo XVI), ossario di Ermolao Barbaro e di Giosafat Barbaro. lato destro, pulpito: A proprie spese Matteo Goretto fece costruire il pulpito
in cornu epistola ed il sottostante
altare dedicato a San Matteo. sopra il pulpito: dipinto La Vergine Assunta
(fine secolo XVI) di F. Montemezzano.
pulpito:
decorato sia sul fonte che sui
lati, ha nella parte inferiore, entro un cerchio, bassorilievo del Padre Eterno. l'altare: al
parapetto epigrafe funeraria di Matteo Goretto, alla base epigrafe funeraria di Giacomo e Luigi Goretto;
il dipinto San Matteo Apostolo è opera di F.
Montemezzano. lato destro, sesta
cappella: cappella Morosini (o
delle Sbarre)
Dedicata inizialmente a Santa Chiara, poi all’Assunta
ed infine alla Madonna del Parto,
il nobilomo Marc’Antonio Morosini
lasciava nel 1508 precise disposizioni per la realizzazione della cappella e
quando morì, nel 1509, fu sepolto in abito francescano nel chiostro del
convento per poi essere qui trasferito nel 1536, quando l’erede Silvestro
Morosini fece concludere i lavori della cappella, dando così esecuzione alla
volontà dell’avo. Tra il 1540 e il 1552 A. Cappello e V. Grimani, Procuratori de supra, ed esecutori del
testamento di Marc’Antonio Morosini, curarono la ricostruzione della cappella
dando incarico al Sansovino di adattare l’altare originale al nuovo spazio ed
inserendo una decorazione con marmi policromi, secondo le volontà testamentarie
del Morosini. parete a destra: stemma
gentilizio di Ca’ Morosini con leone marciano (secolo XVI), sotto, epigrafe
funeraria di Silvestro
Morosini (secolo XVI). l'altare: in
rarissimi marmi policromi, dalle linee eleganti ed essenziali; in lunetta: dipinto Padre Eterno (1500)
opera di B. Rusconi detto Diana, al di sotto: pala La Vergine in trono col
Bambino (1450-60) di Fra’
Antonio da Negroponte. parete a sinistra: epigrafe
funeraria di Marca’Antonio
Morosini (secolo XVI). al pavimento: lastra tombale
muta. lato destro, transetto,
portale d’ingresso:
la realizzazione del portale, detto di Terra Santa, è attribuito al Sansovino, ma ritenuta opera del
bergamasco G. de’ Grigi. Esso ha
funzione di monumento dedicato alla memoria del Capitano da mar Domenico
Trevisan, padre del Dose Marc’Antonio
Trevisan. parete
a destra: dipinto Sant’Agostino
(fine secolo XVI), scuola di J.
Tintoretto
(proviene dalla scuola soppressa
di San Francesco), sotto: monumentale panca in pietra d’Istria con il simbolo della
Terra Santa. sopra
il portale:
bassorilievo leone marciano (1535), attribuito a G. de’ Grigi; al di sotto: epigrafe celebrativa dedicata a Domenico Trevisan. parete
a sinistra:
dipinto San Lorenzo (fine secolo XVI), scuola di J. Tintoretto (proviene dalla scuola soppressa
di San Francesco), sotto: monumentale panca in pietra d’Istria con il simbolo della
Terra Santa. al pavimento: lastre
tombali; a
destra: epigrafe funeraria di Luigi Briani; al centro: epigrafe funeraria di Bernardo e Nicola Sagredo; a sinistra: epigrafe funeraria di Grazioso Asolari. cappella a destra del
presbiterio:
cappella Giustinian
“dei vescovi”
Dedicata a San Pietro
d’Alcàntara apparteneva da sempre a Ca’ Giustinian “dei vescovi”,
ramo di quella nobile famiglia così chiamata per il numero elevato di vescovi
che dette alla chiesa, come si poteva leggere in una iscrizione su una tavola
pendente, tolta nel 1904. cancellata: in ferro battuto. volta a botte: decorata con stucchi settecenteschi, al centro medaglione Gloria di San Pietro d’Alcàntara (1765) di F. Fontebasso. parete a destra: stalli
lignei (secolo XVIII); in
alto, da destra, inseriti dentro cornici a stucco: La morte di San Pietro
d’Alcàntara (1765) di F.
Fontebasso, Le virtù teologali
(1785) di J. Marieschi, San Pietro e la regina di Spagna (1765) di F. Fontebasso. l'altare: imponente
nel ricco gioco di marmi policromi che interessano anche il tabernacolo; sopra il timpano spezzato,
al centro: un Angelo
in gloria e alle due estremità:
Angeli in meditazione, figure
realizzate in stucco. Il dipinto San Francesco
d’Assisi riceve dalla Vergine il Bambino (inizio secolo XVII) è
opera di S. Peranda. parete a sinistra: stalli
lignei (secolo XVIII); in
alto, da sinistra, inseriti dentro cornici a stucco: San Pietro addita a Santa
Tersa d’Avila la via del Paradiso (1765) di F. Fontebasso, La Penitenza e la
Meditazione (1789) di F.
Maggiotto, Estasi di San Pietro
(1765) di F. Fontebasso. al pavimento: lastra
tombale muta, con cornice decorata a motivi geometrici (secolo XVIII), sede
di ossario. a
sinistra della cappella: statua in
legno policromo Sant’Antonio da Padova,
di F. Stueplesser. pavimento del transetto: al centro: lastra tombale del Dose Marc’Antonio Trevisan (m. 1568), la più grande di
tutte quelle che si trovano in chiesa. a destra: lastra tombale di Bartolomeo Gradenigo (m. 1778) a sinistra: lastra tombale di Leonardo Foscarini (m. 1616). lato destro del vestibolo: in alto: dipinto Visitazione (inizio secolo XVI) di S. Peranda. In basso: sarcofago in pietra d’Istria con epigrafe funeraria di Giovanni Morosini. parete di fondo: oltre un piccolo cancello in ferro battuto (secolo XVI),
la cappellina di San
Bonaventura, sull’altare: dipinto San Bonaventura e urna che un tempo conteneva il corpo di Sant’Anastasio. (qui
collocata nel 1842, proveniente dalla demolita chiesa di Santa Ternita ). Parete
a destra: ancona scolpita in legno dorato Vergine e altri Santi (proveniente dalla demolita chiesa di Santa Ternita ); parete
a sinistra: dipinto San Bonaventura in preghiera
(secolo XVI) opera di fra’ Anzolo. pavimento del vestibolo: da destra a sinistra: lastre tombali di Alvise Gritti Mocenigo (m. 1610), di Bernardo Alvise frates Gritti
(m. 1666); di Antonio
Girardo (m. 1568); di Andrea
Bragadin (m. 1487) benefattore della chiesa; di Joseph de Rubeis (m.
1631); di Francesco
Querini (m. 1588); di Pietro
Falgher (m. 1543). cappella maggiore: pilastro
destro: epigrafe in ricordo della consacrazione
della chiesa, dopo la ricostruzione iniziata nel 1534. parete
destra: monumento funebre ed epigrafe in
ricordo del senatore Tradiano Gritti (m.
1474) scuola palladiana (metà del secolo XVI); al pavimento la lastra
sepolcrale. altar
maggiore: in legno di abete e pioppo
policromo, realizzato nella seconda metà del secolo XVI su disegno attribuito
a G. Campagna, che dopo varie peripezie finì costituito da una mensa in
pietra, da un gruppo di quattro colonne in legno per lato, all’interno di cui
stavano le statue di San Francesco e di Sant’Antonio. Al centro dopo che
venne tolta la pala, fu inserita una Croce . Nel 1649 a B. Longhena ne venne
affidata la ricostruzione ed egli al di sopra delle otto colonne corinzie
sovrappose una cimasa in stile barocco. Nella seconda metà dell’Ottocento
venne inserito il grande tabernacolo proveniente dalla distrutta chiesa di Santa Lussia e vennero tolte nel contempo le
statue di San Francesco e di Sant’Antonio. Troppo ingombrante però il
tabernacolo, esso venne tolto nel 1939 e l’altare ricondotto ad una severità
più consona alla spiritualità francescana. sul
frontone dell’arco trionfale:
Padre Eterno,
ai lati: Annunciazione
con Arcangelo a sinistra e Vergine Annunciata a destra, legno policromo (seconda metà secolo XVI), attribuito a G. Campagna. ai
lati: due gruppi di quattro colonne
scanalate con capitelli corinzi. al
centro: tabernacolo con porticina
decorata in rame dorato (secolo XVIII) di Anonimo e, sopra: Crocifisso (secolo XVI) di Anonimo. Al soffitto: tondo con Dio Padre benedicente (secolo XVI)
opera di Anonimo. altar maggiore, parete
destra: paliotto in tessuto ricamato Sant’Antonio da
Padova (1804) opera di Bernon. sulla porta destra che
immette al coro: statua in legno di Sant’Antonio (secolo XVI) attribuita a G. Campagna. coro: alla
parete di destra: stalli lignei (1710) con spalliera
ad intarsio (secolo XVI) opera di G.M.
Canozio da Lendinara. parete
destra: dipinto La Vergine porge il Bambino a San Francesco
(inizio secolo XVII) attribuito a J.
Palma il Giovane; dipinto Cena a casa del
fariseo (inizio secolo XVII) di A. Michiel detto il Vicentino; dipinto Santissima Trinità (fine secolo XVIII) di F. Francesco detto il Maggiotto (proveniente dalla demolita chiesa di Santa Ternita); dipinto San Pietro
d’Alcantara attraversa miracolosamente il fiume (secolo XVII) di Umile da Foligno; dipinto La Vergine supplica Cristo di liberare Venezia dalla peste
(1637) opera di D. Tintoretto. alla
parete di fondo: coro ligneo appartenente alla
chiesa precedente al restauro del 1534, opera di Anonimo. Al di sopra: organo (secolo XVIII) di P. Nacchini. alla
parete di sinistra: stalli
lignei (1710) con spalliera ad intarsio (secolo XVI) opera di G.M. Canozio da Lendinara. parete
sinistra: dipinto La Vergine con il Bambino esaudisce le preghiere dei santi
Francesco e Domenico liberando Venezia dalla peste (1631) opera di
D. Tintoretto; dipinto San Pietro d’Alcantara comunica Santa teresa d’Avila (secolo
XVII) di Umile da Foligno; dipinto
Immacolata (1710-14) di G. Lazzarini; dipinto Cristo benedice Venezia, la Vergine e i Santi
(1604) di J. Palma il Giovane;
dipinto San Francesco intercede per una inferma
(1643) opera di P. Mera. al pavimento: lastra
tombale muta, ossario della nobile famiglia Lippomano. uscendo dal coro verso la
sacrestia: affresco Crocifissione (secolo XV) attribuito a F. Battista detto il Semolei. Alla
parete è affisso un Crocifisso (secolo XV) in legno di autore
anonimo. uscendo dal coro verso la
navata: statua in legno di San Francesco (secolo XVI) attribuita a G. Campagna. altar maggiore, parete
sinistra: paliotto in tessuto ricamato Stimmate di San Francesco (1804)
opera di Bernon. cappella maggiore: parete
sinistra: monumento funebre ed epigrafe in ricordo del Dose Andrea Gritti (m. 1538) scuola palladiana (metà
del secolo XVI); al pavimento la lastra sepolcrale. pilastro
sinistro: epigrafe in ricordo della posa
della prima pietra della ricostruzione, il 25 agosto 1534. lato sinistro del
vestibolo:
in alto: dipinto Flagellazione (1600) di J. Palma il Giovane. Sotto: tempera su
tavola Madonna
dell’Umiltà (fine secolo XIV) di Anonimo. In
basso: tomba di Matteo da Bascio (m. 1552). Fino al secolo
XVIII era usanza dei devoti accendere candele sulla ringhiera un tempo
disposta attorno alla tomba di questo celebre predicatore e la tradizione
vuole che per togliere ogni parvenza di culto fosse posto al di sopra il
quadro della madonna. parete di fondo: oltre l’inferriata la cappellina di San Diego d’Alcalà, acquistata da
Pietro Falgher nel 1538 e dallo stesso arredata di altare, pala ed
inferriate. Sull’altare: dipinto San Diego guarisce
gli ammalati (inizio secolo
XVII) di S. Peranda. cappella a sinistra del
presbiterio:
cappella Badoer -
Giustinian
Dedicata a San Girolamo,
la sua realizzazione fu completata nel 1509 a spese del nobilomo Girolamo
Badoer, la del quale figli, Agnesina, fece qui seppellire nel 1532 anche
Girolamo Giustinian, suo secondo marito. parete a destra, in basso: epigrafe
funeraria (1690); sopra,
dal basso: Due
Evangelisti (secolo XV) di T.
Lombardo e A. Lombardo; Profeti
(secolo XV) di P. Lombardo, Ciclo Cristologico (secolo XV) di P. Lombardo. l'altare: il
paliotto riporta il Giudizio Universale,
mentre sopra la mensa il trittico marmoreo San
Girolamo e quattro Santi, con lesene che separano i fornici, fregi
e fastigio, (secolo XV) opera di Lombardo. parete a sinistra, in basso: epigrafe
funeraria (1688); sopra,
dal basso: Due
Profeti (secolo XV) di P.
Lombardo; Due Evangelisti (secolo
XV) di P. Lombardo, Ciclo Cristologico (secolo XV) di P. Lombardo. al pavimento: lastra
tombale muta (secolo XVI), sede di ossario. lato sinistro, transetto,
portale d’ingresso:
anche questo portale, attribuito al Sansovino, viene oggi ritenuto opera del bergamasco G. de’ Grigi. Esso ha funzione di
monumento dedicato alla memoria del Dose
Marc’Antonio Trevisan. parete
a destra: una testa di leone regge lo stemma di Ca’ Trevisan, sotto: statua in pietra di Santo in
abito pontificale (secolo XIV) di Anonimo. sopra
il portale:
bassorilievo il Dose Marc’Antonio Trevisan inginocchiato davanti al
crocefisso (scolo XVI), attribuito a G. de’ Grigi; al
di sotto: epigrafe celebrativa dedicata al
Dose Marco Antonio
Trevisan. parete
a sinistra:
una testa di leone regge lo stemma
di Ca’ Trevisan, sotto: epigrafe dedicata al parroco Giuseppe Segalini. al pavimento, al centro: epigrafe funeraria del senatore Girolamo Marcello, l’imponente la lastra
tombale è circondata da ben quattro cornici di altrettanti tipi diversi di
marmo. lato sinistro, sesta
cappella: cappella Priuli Dedicata a San Pasquale
Baylon, non si hanno sufficienti notizie circa origine e
costruzione, ma viene indicata come appartenuta alla nobile Ca’ Priuli. balaustra: in marmo policromo (secolo XVI). parete a destra: dipinto Addolorata (secolo XVII) attribuito a Vassillacchi,
sotto: (murata) la pietra dove fu fatta inginocchiare Santa Giustina per il suo martirio (proviene dalla chiesa soppressa di Santa Giustina), sotto: (murata) la pietra tombale di Padre Bonaventura da Venezia. l'altare: di
imponente fattura è decorato di marmi pregiati; nella nicchia centrale: statua lignea di San
Pasquale Baylon (1691) di M.
Molziner (rimossa
nel 1898 dalla cappella Giustinian “della Salute”
e qui collocata); sotto: Crocifisso (secolo
XVIII) di Ignoto; sulla mensa: urna con il corpo di Santa
Cristina (martire a 13 anni nel 297 d.C.)(qui proviene nel 1810 dalla chiesa soppressa di Santa
Giustina). lato sinistro, pulpito: Vi si accede dalla Cappella Priuli, il pulpito in cornu evangelii in pietra d’Istria ha caratteristica tipica del
balcone, squadrato e decorato con lastre marmoree. sopra il pulpito: dipinto Redentore
di F. da Santacroce (proviene
dalla chiesa soppressa e distrutta di Santa Ternita) pulpito:
fronte divisa in due quadri
simmetrici separati con paraste agli angoli. all'altare: dipinto Martirio di San Lorenzo opera di G.
da Santacroce.
(copia dell’originale del 1520 asportato nel 1797 durante la spoliazione
napoleonica) lato sinistro, quinta
cappella: cappella Giustinian
“della Salute”
Dedicata alla Beata Vergine
della Salute, la cappella veniva acquistata nel 1536 dal nobilomo Lorenzo Giustinian. La
cappella fu sede della schola
de devozion de la B.V. de la Salute, che vi aggiunse a proprie spese
la cupoletta e i balaustri. balaustri: in marmo policromo (secolo XVII). parete a destra: dipinto Vergine col bambino e pastori (secolo XVII) di A. Vassillacchi. nicchia a destra dell’altare: un tempo ospitava la statua in legno di San Pasquale Baylon (rimossa nel 1898 e oggi sull’altare della cappella
omonima) l'altare: in pietra
d’Istria, in stile corinzio con colonne scanalate; al centro: dipinto Sacra Famiglia con
Santa Caterina e Sant’Antonio Abate (1551) di P. Caliari detto il Veronese. sopra l’altare: l’oculo è coperto dal simbolo della B.V. Maria (secolo XVIII); nicchia a sinistra
dell’altare: un tempo ospitava la statua in
legno di San Giovanni da Capestrano di
F. Pianta (rimossa nel 1898 e non più in chiesa) parete a sinistra: dipinto Vergine con il Bambino (secolo XVII) di A. Vassillacchi,. al pavimento: lastra
tombale muta (secolo XVI) sede di ossario. lato sinistro, quarta
cappella: cappella Dandolo Dedicata a San Bernardo,
la cappella viene acquistata nel 1538 dal nobilomo
Vincenzo Grimani, Procurator de San
Marco, ed in seguito rivenduta ad Elisabetta Dandolo che l’acquistò per
ricordare Antonio Dandolo (m. 1554 - MV 1553) e Bernardo Dandolo (m. 1555). balaustri: in marmo policromo (secolo XVII). parete a destra: epigrafe
funeraria di Antonio
Dandolo (1553); a destra dell’altare: sulla finestra tamponata, affresco Sibilla Eritrea (1570) di G. Porta detto il Salviati,
in basso: nicchia confessionale con oculo murato (secolo XVII); l'altare: di
semplice fattura, in stile corinzio con colonne scanalate; al centro: dipinto Vergine con il
Bambino, Sant’Antonio Abate e San
Bernardo (1555) di G. Porta
detto il Salviati. sopra l’altare: sull’oculo tamponato, affresco Padre Eterno (secolo XVI); a sinistra dell’altare: sulla finestra tamponata affresco Profeta Isaia (1570) di G. Porta detto il Salviati,
in basso: nicchia confessionale con oculo murato (secolo XVII); parete a sinistra: epigrafe
funeraria di Bernardo
Dandolo (1553); al pavimento: lastra
tombale muta (secolo XVI) sede di ossario. lato sinistro, terza
cappella: cappella Basso -
Sagredo Dedicata a San Gerardo
Sagredo, la cappella viene acquistata nel 1548 dai fratelli Alberto
e Giovanni Basso e nel 1663 passa in possesso della nobile Ca’ Sagredo, la
quale per onorare l’illustre antenato, martire in Ungheria, la trasforma in
una delle più sontuose cappelle della chiesa. balaustri: in marmo policromo (secolo XVIII). volta della cupola: affresco Apoteosi di San
Gerardo (1741) di G.
Pellegrini. pennacchi: (in senso orario, dalla sinistra dell’altare) San Matteo, San
Marco, San Luca, San Giovanni. parete a destra: epigrafe
funeraria di Nicolò
Sagredo (1743), sopra: busto del Dose
Nicolò
Sagredo (1745) di G. Gai, in
alto: festoni di stucco (1743) di G. B. Tiepolo, sopra: affresco Allegoria di tre
Virtù (1743) di G.B.
Tiepolo. l'altare: tutto in
marmo bianco di Carrara; sotto: paliotto intarsiato in marmo commesso (secolo XVIII) di B. Corberelli; all’altare: statua di San Gerardo Sagredo (secolo XVII) opera di A. Cominelli, sopra: tre statue Madonna col
Bambino e Angeli musicanti (secolo XVII) opera di A. Cominelli. parete a sinistra: epigrafe
funeraria di Alvise Sagredo
(1743), sopra: busto del Patriarca Alvise
Sagredo (1745) di G. Gai, in
alto: festoni di stucco (1743) di G. B. Tiepolo, sopra: affresco Allegoria di tre
Virtù (1743) di G.B.
Tiepolo. al pavimento: lastra
tombale della famiglia Basso (fine secolo XVI), sede di ossario. lato sinistro, seconda
cappella: cappella Montefeltro Nicola da Urbino, conte di Montefeltro, nel 1397 redige un
testamento in cui dispone che alla sua morte i Procuratori de San Marco spendano un terzo dei suoi 2.000
zecchini per erigere una cappella nella chiesa di San Marco. La volontà non
sarà rispettata e solo 150 anni dopo la cappella venne qui eretta in
occasione della ricostruzione della fabbrica e dedicata a Sant’Antonio Abate. parete a destra: dipinto Sacrificio di Melchisedech
(secolo XVI) di scuola veneta. a destra dell’altare, in
basso: nicchia confessionale con oculo
murato (secolo XVII); l'altare: (1561) di F. Smeraldi, ha colonne in marmo cipollino
(di cui la terza da sinistra tagliata controvena); all’altare: tre statue, al
centro San Antonio Abatea, a destra San
Sebastiano, a sinistra San Rocco (1563) opera di A. Vittoria. a sinistra dell’altare, in
basso: nicchia confessionale con oculo
murato (secolo XVII); parete a sinistra: dipinto Caduta della Manna (secolo XVI) di P. Michiel. lato sinistro, prima
cappella: cappella Grimani Dedicata ai Re Magi,
venne acquistata nel 1537 dal nobilomo
Vettor Grimani Procurator de San Marco
per la propria sepoltura e per quella del fratello Marino. Alla morte di
Vettor però, il fratello Giovanni, Patriarca di Aquileia ed ultimo rimasto,
se ne impossessava e ne fece la propria sepoltura, spostando il corpo di
Vettor nella chiesa di Sant’Antonio de Castelo. cancellata:
l’attuale in ferro battuto con borchie dorate proviene dalla cappella
Morosini e
fu qui installata nel 1939. In origine la cappella aveva un proprio cancello
ornato di bronzi, che fu però restituito a Ca’ Grimani e sostituito con
balaustrate in legno. pennacchi arcone d’ingresso: due affreschi, a destra
San Giovanni Evangelista in Patmos e a sinistra Sant’Agostino
(1550) di F. Battista detto il Semolei. nella volta: quindici medaglioni alla “romana” (cerchi concatenati a
quadrati), di cui nei sette quadrati Le Virtù
Angeliche e negli otto cerchi Le Virtù
Umane (1561) di F. Battista
detto il Semolei. parete a destra: affresco Resurrezione di Lazzaro (1561) di F. Zuccari. a destra dell’altare:
nicchia con statua in bronzo, allegoria della
Pace (1592) di T. Aspetti. l'altare: ricostruito nel 1883 da D. Fadiga ; in lunetta, tre affreschi: al centro
Resurrezione di Cristo, a destra:
Elia guarisce il figlio della vedova e
a sinistra: Elia e il carro di fuoco (1561)
di B. Franco.; all’altare: olio su marmo Adorazione dei Magi (1564) di F. Zuccari. a sinistra dell’altare:
nicchia con statua in bronzo, allegoria della Giustizia
(1592) di T. Aspetti. al pavimento: lastra
tombale (secolo XVI) con epigrafe funeraria di Giovanni Grimani. |
Portale e facciata Nella
“medaglia spinelli”, che reca incise le date MDXXIII e MDXXXIIII, anni che si
riferiscono rispettivamente all’assunzione del dogado di Andrea Gritti e alla
posa della prima pietra della nuova chiesa, si rileva che la facciata
progettata dal Sansovino era tripartita a due ordini col corpo centrale a
frontone triangolare raccordato alle navate laterali da elementi curvilinei. A trent’anni
dal suo inizio, la chiesa era ancora priva della facciata. Ad erigerla fu
chiamato nel 1562, Andrea Palladio che aveva da poco redatto il progetto
della chiesa di San Piero de Castelo. Egli accentuò l’altezza del corpo
centrale che concluse con un frontone triangolare poggiante su quattro
colonne corinzie che si impostano su un alto basamento sviluppato anche lungo
le ali. Il disegno è
ad un solo ordine ma la trabeazione mediana, in forte aggetto, che compone la
linea orizzontale delle navate laterali, viene riproposta al centro a
coronamento del portale. Quest’ultimo, a causa della notevolissima altezza,
presenta l’arco chiuso da una lastra di pietra lavorata a raggi concentrici a
rilievo. Dall’asse
mediano, dove sono concentrati i motivi architettonici di maggiore evidenza,
quali il portale riquadrato da due colonne, il finestrone centinato ed il
tondo con l’aquila in rilievo sul frontone, si passa alle ali dove sono
collocati i riquadri con iscrizioni e le nicchie con le statue in bronzo,
opera di Tiziano Aspetti, che risaltano nel biancore del marmo. La facciata
fu portata a compimento circa dieci anni dopo il suo inizio, nel 1566 i
lavori ancora fervevano, come attesta il Vasari. La fiancata meridionale della chiesa mostra dei contrafforti che suddividono il prospetto in campi corrispondenti alle campate interne (cappelle). In ciascuno di essi si apre un oculo circolare. Questo assetto esterno è opera del Sansovino. La chiesa, nella parte laterale è fornita i oculi aperti come si può vedere anche nel palazzo Gritti (“Nunziatura”). Sul fianco destro siapre il portale che fa da pendant al monumento interno a Domenico Trevisan. Le colonne ioniche sono racchiuse in nicchie, nella prte superiore lo stemma con il monogramma di Cristo, a sinistra della trabeazione un angelo annunciante con in mano un giglio e a destra la Beata Vergine che riceve l’annuncio. Ai lati dell’architrave sono presenti le cinque croci simbolo della Terra Santa e al centro delle lesene laterali i tondicon due leonii n moeca con gli sguardi convergenti. In basso, sui due piedistalli, sono scolpiti gli sstemmi delle famiglie Trevisan e Marcello. La medaglia Spinelli offre una veduta del fianco della chiesa, fianco che in origine presentava quattro cappelle, mentre in seguito ne fu aggiunta una in più. |
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Interno La cupola a pianta
ottogonale di ispirazione toscana non venne mai eretta e la copertura venne
risolta con una volta a padiglione estesa uniformemente sulla navata e sul
transetto. Tale struttura costituì una sorta di compromesso con le idee del
Giorgi che imponevano un soffitto piano. Planimetricamente
la chiesa è a croce latina, con ampia navata centrale fiancheggiata da na
serie di cinque cappelle per lato che interpretano nella nuova concezione
classica la funzione delle navate laterali. Lo spazio
delle navate, anticamente continuo e scandito soltanto da pilastri isolati a
sostegno delle arcate, viene ora suddiviso da setti murari che raggiungono il
muro d’ambito creando così degli spazi in successione singolarmente conclusi. Il piano di
calpestio delle cappelle, chiuse sulla fronte da una balaustra marmorea, è
sopraelevato rispettoal piano della navata di tre gradini che si prolungano
anche lungo il transetto e formano un disegno a “T”. La chiesa si
conclude con il profondo corpo del presbiterio, di pianta perfettamente
rettangolare, diviso in due parti da un altare passante dietro al quale era
posto il coro dei frati. Due corridoi laterali, adibiti a servizi, sono
compresi fra il muro perimetrale a quello interno che definisce la larghezza
del presbiterio. Nelle due
pareti di fondo della testata del transetto si aprono gli ingressi laterali:
a sinistra quello del convento, a destra quello pubblico che immette in campo
de la confraternita, ricavato dallo spazio tenuto ad orti, che liberò
completamente il fianco destro della chiesa e modificò la composizione urbana
della zona. Nella
“medaglia spinelli”, che reca incise le date MDXXIII e MDXXXIIII, anni che si
riferiscono rispettivamente all’assunzione del dogado di Andrea Gritti e alla
posa della prima pietra della nuova chiesa
Nel 1534 per
iniziativa del Dose Andrea Gritti, che in campo possedeva il palazzo
rinascimentale d’angolo detto della “Nunziatura”, si pose mano alla
ricostruzione della chiesa, secondo il disegno di Jacopo Sansovino al quale
venne affidata la progettazione del nuovo edificio. |
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Convento Sul fianco sinistro della
chiesa si appoggiavano i corpi di fabbrica del convento che raggiungevano il
margine lagunare. Questi sopravanzavano la linea della facciata con la quale
componevano un angolo retto e costituivano uno dei lati del campo che si
allargava poi in un ampio spazio incolto confinante con la mura di cinta del
convento di Santa Giustina. Le fabbriche del
monastero rappresentano uno dei più interessanti esempi di architettura
gotica trecentesca ancora esistenti praticamente intatti. Tre sono i chiostri che
formano il convento, ma mentre i primi due, consecutivi ed addossati alla
chiesa, sono completi di porticato lungo tutti i lati, il terzo, di maggiore
ampiezza, si presenta oggi con i due soli lati interni costruiti, così che lo
spazio del cortile si dilata verso la laguna. I porticati sono
costruiti da una serie di arcate in laterizio a vista poggianti su agili
colonne in pietra il cui semplice capitello è sormontato da un basso pulvino. La pavimentazione è
formata dalla successione ininterrotta di pietre tombali di famiglie nobili,
altri personaggi distintisi in varie attività e arche delle scuole di
mestiere. Sulle arcate si leva il
piano dei dormitori il cui sistema distributivo a celle appare dalla serie
continua di piccole finestre fra loro equidistanti. |
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Campanile Sorgeva a
ridosso della zona absidale ed era sormontato dalla tipica cuspide conica.
Tra il 1571 e il 1581 fu ricostruito il campanile nella stessa posizione che
occupava rispetto al più antico edificio gotico, cioè sull’angolo che la
navata forma con il presbiterio. Autore o
Proto ai lavori fu un certo Bernardo Ongarin. La struttura
fu in parte rimaneggiata verso la metà del XVIII secolo. |
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Harmonia mundi totius Nel 1525 il frate
minorita Francesco Giorgi dette alle stampe l’opera “Harmonia mundi totius”,
che suscitò un certo interesse in città, in cui formulava alcune teorie
legate alla tradizione cabalistica dei numeri magici posti in rapporto con
una concezione armonica del creato. Quando il Sansovino fu
chiamato a stendere il progetto della nuova chiesa, il Dose Gritti chiamò il
Giorgi a controllare e a modificare il modello dell’architetto in base alle
sue teorie filosofiche, che trovarono parziale applicazione a causa della
malavoglia dimostrata dal Sansovino nel dover subire i condizionamenti del
Giorgi. |
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