SESTIER DE CASTELO |
ciexa de Santa Maria Formosa |
CONTRADA S. MARIA FORMOSA |
“andata” del Dose |
Cenni storici: Posta al confine tra il sestier de San Marco e il sestier de Casteo, fulcro
dell’arioso ed omonimo campo (uno dei più vasti della città) la chiesa di Santa Maria
Formosa rappresenta uno degli edifici di culto più
antichi di Venezia. La sua fondazione si vuole sia avvenuta nel VII secolo, a spese della famiglia
Tribuno, dopo che a San Magno, vescovo di Opitergium (l’odierna Oderzo), la Vergine sarebbe apparsa in sogno
comandandogli di costruire una chiesa nel punto dove egli avesse veduto
formarsi una piccola ma candida nuvola. Al vago aspetto dell’apparizione si
fece poi risalire la assai particolare denominazione della chiesa (“formosa” ossia “in forma di”). Sebbene la totale assenza di
documentazione nel periodo compreso tra il VI e il
IX secolo, impedisce di avere un quadro certo sulle vicende accadute
all’edificio in quel periodo, essendo comunque fuori discussione l’antichità
della sua fondazione, i primi documenti nei quali la chiesa viene
esplicitamente nominata risalgono al 1060.
Da questi si ricava che nell’864,
a spese dei figli di Marino Patrizio, la chiesa venne profondamente rinnovata
e in quell’occasione essa acquistò il titolo di parrocchia. Santa Maria
Formosa è una delle cinque chiese matrici della città e dal 1245
ospitò anche l’omonima congregazione del clero, una delle nove della città. E’ ritenuto certo che anche questa fabbrica
sia andata distrutta nel grande incendio che nel 1105 devastò larghissime porzioni della città, essa però venne
subito ricostruita. Ipotizzando che tra l’XI
e il XII secolo la trama edilizia intorno al campo fosse molto simile a
quella attuale, la chiesa rappresentava dunque la principale espressione
architettonica dell’insula. Tralasciando, per
quanto sopra detto, la chiesa fondata da San Magno, l’edificio eretto nel IX secolo fu posto con l’asse
longitudinale perpendicolare alla riva sul rio
del mondo novo e in leggero arretramento, a formare la fondamenta Santa
Maria Formosa. La facciata principale era bloccata sulla
destra da una casa (che poi ospitò la Schola dei
Bombardieri)
che raggiungeva il filo del rio,
mentre sul fianco sinistro, in questo tempo molto probabilmente ancora
isolato, sorgeva il campanile romanico. Ad eccezione della facciata
principale, il resto dell’edificio viveva nel campo Santa Maria Formosa
retrostante, modulandolo con lo svolgersi del suo insolito perimetro. Infatti, pur concepita fondamentalmente
in stile bizantino, rispetto alle altre chiese veneziane coeve (o anche
posteriori), che vennero tutte realizzate su pianta basilicale a tre navate, Santa Maria
Formosa presentava invece un disegno planimetro a croce greca, con
la cupola posta all’incrocio dei bracci e molto simile, a parere del Sansovino, “al
corpo di mezzo della chiesa di San Marco”. La particolare
schematizzazione planimetrica a croce greca venne peraltro mantenuta anche
durante i secoli successivi, nonostante le radicali trasformazioni
strutturali che interessarono l’edificio. Giunta che fu alla fine del XV secolo, la chiesa dimostrava ormai
tutta la sua vetustà, sia nelle cadenti murature che nelle pessime condizioni
statiche in cui versavano le strutture portanti. La ricostruzione, che ebbe
inizio nel 1492, fu affidata al
celebre architetto Codussi, il quale stimò di
iniziare l’opera prima di tutto atterrando l’edificio. Successivamente, usufruendo delle
medesime fondazioni dell’edificio del IX secolo e pur non alterando di
massima l’antichissima disposizione planimetrica, egli non mancò di riversare
sulla stessa il suo gusto di artista rinascimentale. Sull’esistente pianta a
croce greca egli adattò infatti la pianta latina a tre navate, con
presbiterio e absidi semicircolari. Quindi affiancò alle navate minori una
serie delle profondissime cappelle, corrispondenti in larghezza alla campata
della navata stessa, ottenendo così una considerevolmente dilatazione dello
spazio interno. Sulle testate del transetto egli aprì gli opposti ingressi
laterali e, prolungando per quanto necessario i muri d’ambito, li fece
arrivare a coincidere da una parte e dall’altra con il primo semicerchio
absidale; in questo modo poté ricavare altre due cappelle e gli ambienti
della sacrestia. L’odierna fronte della chiesa verso il rio del mondo novo corrisponde in realtà
solo al corpo centrale della fabbrica, che invece, come visto, si era
dilatato perché sommava alla larghezza del corpo delle navate vere e proprie
anche la larghezza delle cappelle laterali. Ne consegue che sulla cappella di
destra, adibita a battistero, si sovrappone il fabbricato che chiude fino al rio lo spazio del sagrato; la cappella a
sinistra, che mette in collegamento la chiesa al campanile, fu sede della Scola de Devozion de Santa Maria Formosa (Purificazion) e de San Clemente e che, grazie
alla sua configurazione architettonica con finestre e porta d’ingresso,
dall’esterno essa appare come del tutto estranea alla struttura della chiesa.
La chiesa che il de’ Barbari delinea
nella famosa veduta del 1500
risulta essere abbastanza corrispondente al progetto che il Codussi andava realizzando in quegli anni, ciò che ancora
non appare costruito è la struttura della cupola, poiché i due bracci della
croce si scorgono coperti di un semplice tetto a tegole. Nel 1504,
anno in cui morì l’architetto, la chiesa al suo interno era quasi completata,
mentre non si poteva dire lo stesso per l’esterno che, a causa della lunga
interruzione dei lavori che ne seguì, rimase per parecchi anni spoglio ed
incompleto. Infine, la facciata verso il rio del mondo novo fu eretta nel 1542 a spese della famiglia Cappello
e, oltre mezzo secolo più tardi, nel 1604,
ancora la famiglia Cappello erigeva a sue spese anche la seconda facciata sul
campo Santa
Maria Formosa. Durante il terremoto del 1668 crollò la cupola, che però venne
subito ricostruita a spese della famiglia Tassoni.
Al termine dei lavori essa apparve tuttavia leggermente diversa da quella che
aveva pensato il Codussi, avendo ora un arco di
sezione più rilevato. Nel 1810
la parrocchia perse alcune frazioni del territorio di pertinenza che furono
assegnate a San Zaccaria, e a San Zanipolo, mentre
incamerò quello di Santa Marina (che fu demolita), San Zulian
e San Lio Per dare maggiore luce all’interno, nel 1840 furono aperte le finestre del
tamburo. |
Organo con tribuna
marmorea, costruita nel 1542, in occasione di un rimaneggiamento dell’avancorpo
della chiesa. A sinistra: ricordi funebre di Vincenzo Cappello, la cui statua ed urna sono collocate
sulla facciata esterna. a lato:
entro cornice settecentesca, tela Madonna con
Putto (secolo XVI).
Seconda Cappella dedicata all'Addolorata. Il portale esterno in pietra d'Istria, di
gusto rinascimentale, ha lesene laterali e capitelli corinzi su cui poggia un
timpano triangolare. Sull'apice, opera di A. Franco, è collocato il busto bronzeo del conte Giovanni Battista Venier,
benefattore della ricostruzione del 1921. alla parete, sopra la bifora: tela Ultima
Cena di L. Bassano. Sotto la bifora: lapide marmorea
della Schola dei Bombardieri. altare: paliotto
marmoreo Maria Santissima trafitta da sette spade
sostenuta da angeli. all'altare: tela La Pietà e San
Francesco di J. Palma il
Giovane.
alla parete destra: tela Ultima
Cena (fine secolo XVI) di L.
Bassano. alla parete di
fondo:
realizzato nel corso del XVII secolo, il monumento funebre della famiglia Hellemans,
ricchi mercanti di Anversa stabilitisi a Venezia, edificato dopo il 1638. E’
realizzato in marmi monocromi: due lesene e due colonne a ridosso della porta
sostengono una trabeazione al centro della quale vi è l'urna di Guglielmo Hellemans. Altare altare della Schola dei Bombardieri che il sodalizio chiese ed ottenne di poter edificare nel 1520 dedicandolo a Santa Barbara, loro patrona. Fu rinnovato nel 1719 e poi riportato nel sito originario da dove era stato tolto nel 1823. altare: paliotto
in marmo di Carrara Martirio di Santa Barbara (1719)
di G. Torretti.
Di fronte all’altare, lapide della Schola dei
Bombardieri un
tempo nella vicina sede. all'altare: entro cornice marmorea, in luogo dell’antica in
legno dorato, polittico. Al
centro:
Santa Barbara; a destra: Sant’Antonio
Abate; a sinistra: San Sebastiano. In alto a
destra: Vincenzo Ferreri; in alto a sinistra
San Giovanni Battista; nella cimasa: La
Pietà.
Opera di J. Palma il Vecchio.
Cappella Absidale
destra dedicata a San Lorenzo Giustiniani, primo patriarca di Venezia,
eletto nel 1451. Fu data in patronato alla famiglia Querini che nel 1592 sostenne
le spese per la decorazione marmorea dell’abside e dell’altare. all’altare, nicchia al centro: statua di San
Lorenzo Giustiniani, nicchia a sinistra: statua di San Sebastiano; nicchia a destra: statua di S. Francesco d'Assisi. Opere di G. Campagna. parete a sinistra: tela Maria Maddalena ai piedi del Redentore di P.
Liberi. catino: composto da festoni, alternati a
cassettoni degradanti con fiorone centrale. Presbiterio alle pareti: sono murate due Urne funebri della famiglia Donà, in stile
rinascimentale. I due amboni
posti ai lati del Presbiterio sono ricostruzioni moderne. tabernacolo: un tempo ligneo,
fu poi sostituito da quello attuale, marmoreo, negli anni 1722-1723, compiuto
a spese dei confratelli della Schola de la
Santissima Trinità. parete dietro il tabernacolo: inizialmente
pala Assunta di J. Tintoretto
in seguito dispersa. Nel periodo in cui venne cambiato il tabernacolo, fu
dipinta una nuova pala Vergine, Santa Barbara, San Marco, San Magno e Venezia
di G. Lama. altar maggiore: fu rinnovato nel 1592 dall'architetto F. Smeraldi
detto Fracà,
proto della Procuratia de Supra, a spese dei confratelli della Schola del
Santissimo Sacramento. Venne staccato dalla parete nel 1921, avanzato
verso il presbiterio e composto con 4 colonne in marmo verde orientale. Sotto il colonnato, a destra: San Domenico; a sinistra:
San Paolo; (metà del '600) statue
provenienti dalla demolita chiesa di Santa Marina in Contrada Santa Marina. catino: tela presentazione
al Doge delle spose veneziane rapite dai pirati narentani
di G. Lazzarini. Vi si propone la Festa delle Marie che si celebrava il
2 febbraio di ogni anno alla presenza del Doge, con la partecipazione di
tutta la città. Prima Cappella
Absidale sinistra dedicata alla Madonna del Parto, dal 1509
iniziò ad officiarvi la Schola dei Casselleri. La cappella fu data in patronato anche
al ramo della famiglia Grimani che aveva la Ca’ nella vicina calle Ruga Giuffa. Antonio Grimani, vescovo di Torcello, fece rifare l'altare e ornare l'abside con la decorazione
marmorea e i mosaici. accanto alle finestre: statue marmoree
a tutto tondo; nicchia a destra: San Giacomo
Apostolo; nicchia a sinistra: San
Matteo Apostolo ed Evangelista. all’altare: affresco Maria che allatta il Bimbo e due Angeli che le sostengono
la corona posta sopra il suo capo. Più conosciuto come Madonna del Parto, diede il nome alla cappella
quando l’immagine venne qui trasferita nel 1612 da un vicino capitello. catino: nei 14 cassettoni si trovano altrettanti
mosaici con sposalizio di Maria e Giuseppe
tra profeti e sibille (1610 – 1620) su
cartoni di J. Palma il Giovane. Seconda Cappella
Absidale sinistra Dedicata inizialmente
alla Santissima
Trinità, poi al Santissimo Sacramento, dal 1526 la cappella fu
data in patronato alla famiglia Vitturi, abitante in parrocchia fin
dal secolo XII. alle pareti, a destra vicino alla porta: tavola Presentazione di Gesù al Tempio (seconda metà
del '400) di Maestro Veneto; accanto:
tela Natività di Maria si rifà a
modelli tintorettiani. Nella parete opposta: dipinto Cristo deposto compianto da
Maria e dalla Maddalena e S. Giovanni di P.
Negri; accanto: dipinto Maria Maddalena unge i piedi a Cristo in casa di Simone
(seconda metà del '600) di M. Liberi. all’altare, entro un ricco ciborio (proveniente
dalla demolita chiesa di Santa Marina in Contrada Santa Marina), sopra il tabernacolo marmoreo: statua Cristo
Redentore modellata da Giulio del Moro. Ai lati, sopra mensole ornate: due Angeli adoranti.
alla parete di fondo: vasta tela Il Pontefice
Pio V approva l’istituzione dell’Opera Pia per il riscatto degli Schiavi
(secolo XVI) di B. D’Anna. al di sotto: tabernacolo La Madonna del
Sassoferrato copia dall’Oratorio di L. Querena.
Seconda Cappella dedicata alla Purificazione di Maria o alla Presentazione
di gesù al Tempio, era officiata dalla
omonima Schola de Devozion. alla parete di sinistra, sulla bifora: scultura Natività
di Gesù (1974) di G. Aricò. altare: paliotto
a scacchiera con marmi policromi incastonati. all'altare: trittico su tavola, al centro: Simeone
mostra il Bambino Gesù, che tiene sulle braccia, attorniato da Maria e
Giuseppe, scomparto a
sinistra:
Sant’Antonio da Padova, scomparto a destra: San
Luigi Gonzaga
(‘800) di A. Paoletti.
Prima Cappella Originariamente dedicata San Giosafat patrono
dei Fruttaroli, poi al Sacro Cuore, ospita l’altare
appartenente alla Schola dei Fruttaroli, il cui patrono è visibile nel bassorilievo
esterno. alla parete di sinistra: tavola Cattura del Cristo nell'orto del Getsemani
(secolo XVI) di scuola giorgionesca. all'altare: trittico su tavola, al centro: Sacro Cuore,
Sant’Alfonso de’ Liri e San Luigi Gonzaga, scomparto a sinistra: San Vincenzo, scomparto a destra: San Pietro (1843) di L. Querena. Altare fu edificato nel
1590 per volontà di Marco
Querini, come attestano le due lapidi ai
lati di esso ed è dedicato a Santa Marina, patrona minore della città. altare: nel
1810 vi fu deposto il corpo della monaca libanese Santa
Marina Vergine, provenienti dalla demolita chiesa di Santa Marina
in Contrada Santa Marina. all'altare: originariamente: pala Crocefisso e tre Marie di L. Corona (ora al Museo Vetraio). Oggi:
dipinto Santa Barbara (‘800) di L. Querena.
Nell’edificio che
collega la chiesa al campanile, sopra alla Sacrestia vi è la sala dell'oratorio
dedicato all’Annunciazione. altare: quattrocentesco, a fianco del tabernacolo: due statue Arcangelo Gabriele e Annunciata. alle pareti: immagini
classiche della devozione veneziana alla Madonna: Cristo
porta la croce e Madonna con putto e
san Domenico di G.B.
Tiepolo, Madonna con putto di B. Cignaroli, Madonna con putto di G.B. Salvi detto il Sassoferrato, Vergine con putto di P. da Messina.
alla parete: si vede murato
un Frontone di Sarcofago, in parte
rovinato (fine secolo XIV). |
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L'interno: Indubbiamente l’interno della chiesa
rende omaggio alla grandissima abilità costruttiva del Codussi,
che anche qui riuscì ad esprimere al meglio la dialettica fra i valori spaziali attraverso l’estrema
essenzialità del disegno strutturale. Egli coprì la navata principale e il
transetto con volte a crociera poggianti su capitelli pensili e all’incrocio
dei bracci voltò la cupola sostenuta dagli arconi
all’altezza della trabeazione superiore. Sui pilastri centrali e su quelli
corrispondenti alle testate dei muri delle cappelle laterali impostò gli
archi longitudinali della navata maggiore e delle cappelle, nonché quelli
trasversali delle navate minori. Queste ultime rimasero perciò divise in
campate sulle quali, riproponendo in dimensioni ridotte il motivo della
cupola centrale, l’architetto costruì le cupolette emisferiche in serie, tre
per lato. I muri divisori delle cappelle, a fondo piatto e volta a botte, sono
aperti da eleganti bifore. Anche la luce che entra dalle varie
finestre è utilizzata dall’architetto quale primo o l’ultimo mezzo per
realizzare l’equilibrio fra le parti. Al raggiungimento dell’essenzialità
contribuisce inoltre l’uso contenuto della decorazione e il ridotto gioco
cromatico instaurato tra il grigio degli elementi marmorei e il bianco delle
superfici intonacate delle pareti e delle volte. Nel 1689
l’interno della chiesa venne rinnovato a spese del ricco mercante Torrino Tononi. Grazie alla generosità del conte Giovanni
Battista Venier, nel 1921 la
cupola fu nuovamente ricomposta e in parte anche ricostruita, dopo che
essa, era stata gravemente danneggiata
nel 1918 a causa di un bombardamento aereo austriaco. Con l’occasione furono
anche demoliti gli affreschi ottocenteschi (opera di Paoletti,
Pividor, Casa), aperte le finestre circolari della
navata centrale, così che la chiesa riacquistò la semplice ed elegante
struttura originaria. |
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Portali e
facciate: La facciata verso il rio
del mondo novo fu eretta nel 1542 a spese della famiglia
Cappello che volle così ricordare con un monumento funebre il congiunto
Vincenzo Cappello, valente Capitano da
Mar, più volte vincitore della flotta turca, che era morto l’anno
precedente. La fronte presenta un semplice disegno a capanna, tripartito da
pilastri corinzi che sostengono una rilevata trabeazione, sopra la quale si
imposta il modesto timpano triangolare. Come appare evidente, in tale
progetto l’ignoto autore ha del tutto trascurato la lezione codussiana. Sopra l’ingresso principale, i cui stipiti in
marmo greco appartengono all’edificio più antico, con ciò intendendo la
rifabbrica del XII secolo, fu eretta l’urna con la statua del Cappello,
scolpita dallo scultore Domenico di Pietro Grazioli da Salò, seguace del Sansovino. Oltre mezzo secolo più tardi, nel 1604, la stessa famiglia Cappello
provvedeva ad erigere anche la
facciata sul campo Santa Maria Formosa, che in
realtà, come visto, corrisponde al fianco sinistro della chiesa. Anche in
questo caso non si conosce l’autore, ma a differenza dell’altra, questa è
espressa in forme stilisticamente correlate alla struttura interna. La parte centrale, che si riferisce alla
testata del transetto, è messa particolarmente in rilievo oltre che dal
portale e dalle colonne laterali, dal timpano triangolare e dal grande occhio
circolare. I tre busti posti sull’ordine superiore rappresentano altrettanti
componenti della famiglia Cappello, tra cui il Senatore Vincenzo, morto nel
1604, e testimoniano la consuetudine, invalsa a Venezia a partire dal
Cinquecento, di trasformare le facciate degli edifici pubblici (in
particolare le chiese) in monumenti commemorativi a gloria di persone o
famiglie. |
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Il campanile: Nella veduta del de’ Barbari del 1500, il campanile, che risulta
collegato alla chiesa, conserva ancora la sua antica struttura romanica, con
robusta e tozza canna lesenata in laterizio, la
cella a trifore e i quattro pinnacoli con la cuspide conica evidentemente
aggiunti nel periodo gotico. Esso fu rinnovato dalle fondamenta nel 1611, posto com’era in posizione di
particolare rilevanza urbana, all’incrocio di tutte le direttrici viabili. Fu il sacerdote Francesco Zucconi ad
elaborare l’originale progetto, davvero inconsueto per forme ed ornamenti e
che rimase anche in seguito l’unico esempio di singolare fantasia. La canna, di notevole altezza, ha i
fianchi ornati da lineari partiture geometriche in rilievo; la cella
campanaria, incoronata da timpani e sormontata da un tamburo, assieme alla
cuspide, a sua volta circondata da una balaustra e coperta di piombo,
rappresentano certamente la soluzione architettonica più ricca e fantasiosa,
parendo l’insieme suggerire l’idea di una candela accesa con i rivoli di cera
sciolta che scendono lungo i fianchi. Sotto la cella, sui quattro lati
troneggia un orologio. I due lati visibili della base sono
abbelliti da un bugnato-marmoreo a tronco di piramide. Sul lato verso il rio del mondo novo si apre la piccola
porta d’ingresso, che ha in chiave d’arco una testa grottesca. Il campanile
fu terminato secondo il progetto originario nel 1688. |
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Bibliografia: Umberto Franzoi / Dina Di Stefano “Le chiese di Venezia” Azienda Autonoma
Soggiorno e Turismo, Venezia 1975 Giulio Lorenzetti “Venezia e il suo estuario” Edizioni Lint, Trieste 1956 Tudy Sammartini / Daniele
Resini “Campanili di Venezia” Edizioni Grafiche
Vianello, Treviso 2002 |