fonteghi

fontego dei Todeschi

SESTIER DE

 SAN MARCO

L’edificio originario, eretto a spese della Repubblica nel corso del 1228, ci appare chiaramente nella sua composizione architettonica e suddivisione degli spazi interni nella celebra veduta di Venezia del de’ Barbari del 1500. Esso fu inizialmente destinato ad ospitare le numerose magistrature pubbliche che sovrintendevano alle varie operazioni commerciali che avevano luogo nel vicino mercato di Rialto.

Nella prima metà del XIII secolo il Governo vi approvò l’installazione del fontego dei todeschi, per ospitarvi coattivamente i numerosi mercanti tedeschi provenienti principalmente da Nuremberg, Judenburg ed Augsburg (anche se, va ricordato, con l’appellativo di “todeschi” a Venezia si indicavano pure gli austriaci, gli ungheresi e in generale tutte le popolazioni provenienti dall’Europa del nord). I motivi di tale decisione, vanno ricercati nell’irrigidirsi del controllo veneziano sul commercio estero, dettato da valutazioni di natura politico-economica e fiscale. Venezia, infatti, era perfettamente a conoscenza che il suo prosperare quale intermediario del commercio tra i paesi oltramontani e il Levante, avrebbe avuto successo soltanto se lo scambio di merci fosse avvenuto nella sfera del suo potere.

La struttura poteva ospitare permanentemente circa 100/120 mercanti e ogni mercante tedesco che giungeva in città era obbligato ad alloggiare nel fontego; ai barcaroli che li traghettavano a Venezia dalla terraferma, era proibito condurli in altro luogo che non fosse il fontego. Ad ogni mercante veniva inoltre assegnato un “messetta”, ossia un funzionario che aveva il compito di fargli da interprete e di assisterlo in tutte le sue contrattazioni.

Proprio per la motivazione per cui era stato creato, la Repubblica assunse e mantenne saldamente nelle proprie mani la direzione del fontego. In esso infatti operavano gli uffici delle magistrature veneziane dei Visdomini al fontego dei Todeschi, dei Visdomini ai ligadori del fontego dei Todeschi, dei Consoli e dei Sopraconsoli dei mercanti.

Accanto a questi funzionari direttivi, al fontego lavoravano anche un gran numero di appartenenti alle diverse Arti: i “ligadori” (incaricati di pesare e imballare), i “bastasi e segadori” (facchini e falegnami), nonché cuochi e barcaroli.

Unico in tutta Europa, il fontego fu, al contempo, anche un’alta scuola di commercio. Molti infatti furono i giovani alemanni che appresero tra le sue mura parte della mercatura. Il celebre Fugger fu appunto uno di loro.

La struttura architettonica del fontego originario è possibile osservarla solo nella celebre veduta di Venezia eseguita dal de’ Barbari nel 1500; l’edificio si presenta come una grande e complessa costruzione, realizzata in più piani, che si svolge principalmente attorno a due cortili interni principali, uno dei quali appare chiaramente abbellito da loggiati, ed altri piccoli cortili secondari.

Tutto ciò fu completamente distrutto da un furioso incendio che, appiccatosi nella notte del 27 gennaio 1505 perdurò tenacemente anche per tutto il giorno seguente. Non rimase tuttavia inerte il Senato, che con Parte del 15 giugno dello stesso anno ne approvava la rifabbrica, secondo il modello preparato dallo Scapagnino, aiutato da Giorgio Spavento e entrambi coadiuvati da tale Girolamo, un rappresentante dei mercanti tedeschi (e per questo detto “tedesco” ma il cui vero cognome è rimasto sinora sconosciuto).

I lavori ebbero inizio nel corso del 1506 e l’1 agosto 1508 Il nuovo fontego era già completato e fu inaugurato con una solenne benedizione. La spesa di 30.000 ducati sortì un edificio monumentale, imperniato nel grande cortile centrale dove si affacciano le logge dei cinque piani (compreso il piano terra), di cui tre al tempo disponevano complessivamente di più di duecento stanze per uso foresteria. Nella facciata principale, al pian terreno cinque grandi arcate a tutto sesto chiudono il portico che si affaccia sul Canalasso, da dove si trasbordavano le merci. Il secondo livello è percorso da una lunga fila di bifore e monofore a cui corrispondono simmetricamente le finestre quadrangolari minori dei due piani sovrastanti. La sommità del palazzo è merlata, mentre agli angoli della facciata emergevano in origine due tozze torrette, in seguito demolite, così come è oggi scomparsa la lunga teoria di camini a cono rovesciato.

Internamente il grande fontego, a pianta quadrata, ha un cortile (chiuso da un lucernario nei lavori del 1937) al cui centro è collocata una vera da pozzo che attingeva l’acqua dalla sottostante cisterna. Le pareti che danno sul cortile interno si aprono ariosamente in logge con archi a tutto sesto.

A differenza degli altri edifici pubblici di una certa importanza, in questo caso fu deciso di non ricorrere a decorazioni marmoree né ad elementi decorati a traforo, abbellendo piuttosto le campiture libere tra le finestre con la tecnica dell’affresco. Commissionati in un periodo di conflitto con l'imperatore Massimiliano I per i fatti della Lega di Cambrais, gli affreschi dovevano rappresentare soggetti simbolici legati all'autonomia della Serenissima. Fu a Giorgione che venne affidata la facciata principale del fontego, che si specchia in tutta la sua sobria e rigorosa linearità lungo il Canalasso, mentre invece fu affidato al suo giovane allievo Tiziano il compito di decorare con la medesima tecnica la facciata rivolta a terra, lungo la calle omonima. Stando al Dolce, che scriveva nel 1557, la Giustizia (o Giuditta) di Tiziano, era così bella che venne spesso scambiata per opera del maestro Giorgione. Verso il 1760 gli affreschi erano ancora discretamente leggibili, come anche dimostra una serie di incisioni realizzate da Anton Maria Zanetti. Per quanto riguarda la decorazione interna, nella sala detta “dei conviti” si trovava un tempo l'immagine del Salvatore, anch’essa attribuita al Tiziano, ed un quadro di Jacopo Tintoretto che raffigurava Diana sul carro seguita dalle Ore. Nella stessa sala si trovavano anche dei preziosi cuoridoro (ovvero i famosi cuoi intagliati e dorati), con incise favole e storie dipinte da Paolo Veronese e quadri con Giove, Giunone ed altri dei e dee.

Dalla sua ricostruzione, lo splendore del fontego durò ancora circa un secolo abbondante, finché col cadere dei traffici che si verificò già sul finire del secolo XVII, la vita al suo interno si ridusse a ben poca cosa.

Caduta la Repubblica nel 1797, il fontego, in quanto istituzione commerciale corporativa, venne soppresso dagli occupanti francesi già nel 1806 e la proprietà fu avocata al Demanio. I pochi mercanti che ancora vi dimoravano, si ritirarono presso la casa di un loro connazionale, ai Gesuiti, Sestier de Canaregio, Contrada Santi Apostoli.

Annesso il Veneto al  Regno d’Italia, dal 1870 il fontego fu destinato ad ospitare gli uffici centrali delle poste in città.  

Nel 1937 il fontego subì importanti lavori di restauro: ciò che ormai rimaneva degli affreschi,  seriamente compromessi dal clima umido e salmastro della laguna, fu staccato e ricoverato alla Ca' d'Oro e presso le Gallerie dell'Accademia. Altri interventi comportarono la demolizione delle due torrette laterali e venne predisposta la copertura del cielo del grande cortile interno.

In anni più recenti, spostate molte delle funzioni postali in terraferma, l'attività all’interno del fontego si ridusse lentamente fino alla sua completa cessazione, avvenuta nei primi anni del 2000. Impossibilitato ad acquistarlo il Comune per ragioni di bilancio, nel 2008 il complesso è stato venduto dallo Stato al Gruppo Benetton, che intende ora rilanciarlo come sede di un grande magazzino, riprendendo in un certo senso l’antica destinazione d’uso.


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Il “fontico dalamani” nella veduta del de’ Barbari del 1500.

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Il fontego in una veduta del Canaletto.

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Il fontego in una veduta del Marieschi.

Il fontego in una fotografia dell'800. Visibili le tracce di affresco.

Il fontego oggi.

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La “Giustizia” del Tiziano, frammento affresco sul portale a sud.

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La “Nuda” del Giorgione, frammento affresco facciata principale.

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l'entrata "da terra" con il leone andante.

 

la facciata lungo il rio del fontego dei todeschi

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La corte interna

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La corte interna

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La vera da pozzo

CONTRADA

S. BORTOLOMIO

CALLE DEL

FONTEGO DEI

TODESCHI