SESTIER DE

S. MARCO

ciexa de San Salvador

CONTRADA

S. SALVADOR

 

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Cenni storici

Centrale in tutti i sensi nella storia e nella forma di Venezia, la grande chiesa dedicata a San Salvador (Gesù Salvatore) si erge nell’intrico di una delle zone della città più fittamente abitate.

La prima fondazione risale al VII secolo e ha origini leggendarie: Gesù Cristo sarebbe apparso in sogno al vescovo San Magno per indicargli il luogo - al centro di una Venezia ancora bizantina - dove egli avrebbe dovuto erigere una chiesa da dedicare a Lui stesso, il Salvatore del mondo.

Nel XII secolo si ritrova traccia certa dell’esistenza di un convento fondato dai canonici accanto alla chiesa ancora romanica, che veniva gravemente intaccata da un incendio nel corso del 1167.

Dieci anni più tardi, sarà papa Alessandro III, giunto a Venezia per riappacificarsi con l’imperatore Federico Barbarossa, auspice il dose Sebastiano Ziani, a riconsacrare la chiesa.

Nonostante ciò, una radicale costruzione viene avviata subito dopo e nel primo decennio del 1200 i lavori procedono ed interessano tutto il complesso religioso: chiesa, convento ed adiacenze.

Non fu però questa la versione definitiva della chiesa, di tipo basilicale a tre navate e transetto, che aveva quindi assunto come riferimento tipologico il Santo Sepolcro di Gerusalemme, in linea con la tradizione devozionale del tempo.

San Salvador era stata affidata dal 1421 ai canonici regolari lateranensi ma questi erano stati sostituiti dal 1442 dai canonici regolari di San Salvatore di Bologna per intervento del papa veneziano Eugenio IV Condulmer. Compromessa l’integrità dell’edificio già alla metà del 1400, non sembrava però che i nuovi confratelli conducessero con solerzia i necessari interventi di restauro.

Nel 506 venne messo a punto un programma di completa ricostruzione, che vide da un lato l’intervento del priore dei canonici, Antonio Contarini (poi divenuto Patriarca), che perseguiva un ambizioso disegno di riforma architettonica della chiesa, del convento e delle abitazioni e botteghe adiacenti, e dall’altro, l’opera degli architetti che si prestarono a trasformarlo in progetto: Giorgio Spavento che lo ideò, proseguito l’anno dopo da Pietro Lombardo ed il figlio Tullio ed infine concluso con l'intervento del Sansovino.

Il modello planimetrico, che rimandava a quello della chiesa di San Marco; il richiamo al culto dell’antico patrono di Venezia, Teodoro; la data scelta per la posa della prima pietra, il 25 marzo anniversario della fondazione della città; confermavano le intenzioni ideologiche che si inserivano nella ricostruzione dell’edificio sacro: la centralità della religione cattolica nazionale della chiesa lagunare, in contrapposizione politica a Roma.

Alcune iscrizioni documentano il progredire della costruzione: nel 1520 era conclusa la parte absidale e si potè celebrarvi la messa, nel 1530 la cantoria, nel 1532 la porta laterale sulla Marzaria e nel 1534 era terminato l'altar maggiore.

Caduta la Repubblica nel 1797, successivi provvedimenti napoleonici abolirono la congregazione dei canonici e la chiesa passò in proprietà al demanio che fu restituita alla Curia Patriarcale nel 1806.

Tra il 1868 e il 1879 la chiesa rimase chiusa per permettere i lavori di restauro.

Opere d’arte all’interno

lato destro, primo altare:

Dedicato al Crocefisso e/o ai Morti.

l'altare: di fattura classicheggiante, con quattro colonne che sorreggono il timpano ad arco; all’altare: pala marmorea Cristo in Croce (bronzo) fra la Vergine e San Giovanni (sculture della seconda metà del XVII secolo).

lato destro, prima campata:

Monumento funebre ad Andrea Dolfin e Benedetta Pisani

Piuttosto freddo e macchinoso, il monumento funebre dedicato alla memoria di Andrea Dolfin (Procurator de San Marco morto nel 1602) e della moglie Benedetta Pisani (morta nel 1595), anticipando le inflessioni architettoniche che poi saranno coltivate dal gusto barocco, risulta appesantito da accentuazioni monumentali e forzature retoriche.

Progettato e realizzato alla fine del XVI secolo da Giulio del Moro, vi lavorò anche Gerolamo Campagna.

Dagli alti basamenti si innalzano quattro colonne di marmo grigio che reggono un vigoroso cornicione con fregio bombato.

Nell’ordine inferiore, tripartito, la statua del Salvatore, di  Giulio del Moro, a sinistra il busto del Procurator Andrea Dolfin e a destra il busto della moglie Benedetta Pisani, opera di Gerolamo Campagna. Nell’ordine superiore, a sinistra la statua di Sant’Andrea e a destra quella di San Benedetto opera di Giulio del Moro.

lato destro, secondo altare:

Dedicato alla Madonna con il Bambino.

l'altare: realizzato da Gerolamo Campagna; all’altare: statua in marmo Vergine con il Putto e due angeli (fine del XVI secolo) di Gerolamo Campagna.

lato destro, seconda campata:

Monumento funebre a Francesco Venier

Concepito, secondo la tradizione classica, in forma di arco trionfale, il monumento funebre dedicato alla memoria di Francesco Venier (Dose dal 1554 al 1556) costituisce il più significativo complesso scultoreo ed architettonico della chiesa. La varietà, il colore e la preziosità dei marmi impiegati, le dorature e la ricchezza del partito decorativo ne fanno uno dei più compiuti monumenti funebri dogali della metà del XVI secolo.

Progettato e realizzato dal Sansovino tra il 1556 e il 1561, al maestro vi si affiancò certamente Alessandro Vittoria assieme ad altri scultori.

Dal banco di marmo posto in basso e sostenuto da robuste mensole (in tutto simile a quello della Loggetta del campanile di San Marco) e dal basamento si innalzano quattro libere colonne di marmo grigio d’ordine composito, che reggono il possente cornicione con fregio bombato.

Nell’ordine inferiore, tripartito, al centro: è collocata, distesa sul cataletto formato dalla finta urna, la figura del Dose, negli intercolumni laterali: entro elaborate nicchie con piccole colonne corinzie, mensoloni allungati reggenti un timpano triangolare e con il catino della volta dalla tradizionale forma a conchiglia, due allegorie: a sinistra la statua della Carità opera attribuita a Tommaso da Lugano e a destra quella della Fede opera di Alessandro Vittoria.

Nell’ordine superiore, ionico, la lunetta dell’arcone centrale contiene un bassorilievo che rappresenta la Pietà adorata dal Dose Venier e dal di lui Santo protettore Francesco di Alessandro Vittoria; nei due riquadri laterali stanno altrettanti stemmi familiari sormontati dal berretto dogale.

lato destro, terzo altare:

Originariamente dedicato a Sant’Agostino (venerato dai canonici regolari che officiavano la chiesa).

l'altare: nel 1560 fu acquistato dal ricco mercante Antonio Canovì (detto Della Vecchia, dall’insegna del suo negozio) che ne affidò la  ricostruzione al Sansovino.

all'altare: il Canovì finanziò anche la composizione della pala Annunciazione del Signore (1560-65) capolavoro del Tiziano, dallo stesso firmato “fecit fecit”.

lato destro, transetto, quarto altare:

In origine dedicato a Sant’Agostino (con un polittico oggi proprietà privata) e poi dedicato a San Francesco di Paola.

l'altare: l’attuale in marmo sostituì il precedente ligneo e, al pari di quello posto di fronte, fu costruito nel 1736 a spese dei tre rami della famiglia patrizia veneziana dei Corner sul modello di quello, cinquecentesco, collocato nel lato sinistro del transetto (oggi intitolato alla Sacra Famiglia).

all'altare: pala San Lorenzo, San Giacomo, la Maddalena e San Francesco di Sales (1729), opera di Girolamo Brusaferro. Il dipinto attuale fino alla metà dell’Ottocento stava  collocato sul lato sinistro, transetto, quinto altare  (in quel tempo intitolato a San Giacomo, ed ora invece dedicato alla Sacra Famiglia).

lato destro, facciata del transetto:

Monumento funebre a Caterina Corner

Mentre la chiesa si trovava ancora in costruzione, i canonici cedettero alla famiglia Corner lo spazio ed il diritto di costruzione del monumento funebre che essa intendeva dedicare a Caterina Regina di Cipro, (la quale aveva rinunciato alla corona a favore della Repubblica di Venezia), le cui spoglie vennero qui trasferite dalla Cappella Corner in chiesa dei Santi Apostoli alla fine del 1500.

L’incarico della progettazione fu inizialmente affidato a Giovanni Maria Falconetto, ma il progetto rimase sulla carta fino alla fine del XVI secolo, quando l’incarico di realizzare il monumento passò a Bernardino Contino, che concluse i lavori nel 1584. La partitura architettonica è piuttosto complessa, con la struttura che è unita insieme da colonne, timpani, lesene e modanature. Il monumento, che fa pari con il gemello posto di fronte (e costruito dallo stesso architetto), qui ha anche ruolo di portale verso la retrostante sacrestia.

al centro, sopra la porta: bassorilievo marmoreo Caterina consegna al Dose Barbarigo la corona di Cipro (tardo 1500).

 

Sagrestia:

vano rettangolare assai semplice, l’ambiente è coevo alla chiesa e fu realizzato su progetto di Giorgio Spavento; l’interno riporta le eleganti forme della Rinascenza con un’interessante serie di polifore, parte aperte e parte orbate, che lo incoronano e lo illuminano.

alle pareti: resti di affreschi di Francesco Vecellio, al soffitto: entro ovale circondato da ghirlande di fiori Il Salvatore benedicente e gloria d’angeli, nelle polifore cieche: affreschi pavoni, uccelli, verzura, alla parete: dipinto San Magno di scuola tizianesca.  

lato destro, transetto, quinto altare:

Dedicato inizialmente a San Leonardo.

l'altare: l’attuale in marmo sostituì il precedente ligneo e, al pari di quello posto di fronte, venne costruito nel 1736 a spese dei tre rami della famiglia patrizia veneziana dei Corner sul modello di quello, cinquecentesco, collocato nel lato sinistro del transetto (oggi intitolato alla Sacra Famiglia).

all’altare: pala San Leonardo, Sant’Andrea, San Nicolò e San Lorenzo Giustiniani opera di Francesco Fontebasso, nella soprastante lunetta: dipinto La presenza della Santissima Trinità nella Pietà opera di Andrea de Micheli detto il Vicentino.

cappella a destra del presbiterio:

Dedicata a San Teodoro ossia San Todaro, il primo patrono di Venezia. L’urna contiene il corpo del Santo che Jacopo Dauro trasportò nel 1257 dalla chiesa di Messembria in Asia Minore a Costantinopoli e che il fratello Marco dieci anni dopo portò a Venezia, donandolo alla chiesa di San Salvador, di cui era parrocchiano. La vicina schola granda de san teodoro, dopo lunghe ed alterne vicende, ne entrò in possesso nel 1551.

Sulla parete a destra, in basso: un’iscrizione latina invita l’ospite a venerare il corpo del Santo (pur nella confusione fatta fra l’omonimo Teodoro Amaseno (un soldato martire) e Teodoro di Eraclea nel Ponto (il generale martire e Santo qui venerato).

parete a destra, in alto: dipinto Il martirio di San Teodoro (metà del 1500), attribuito a scuola di Bonifacio de’ Pitati.

all’altare: dipinto San Teodoro in gloria di Pietro Mera.

pavimento del transetto:

al centro: tomba con pareti affrescate di Bartolomeo Bontempelli (m. 1602).

cappella maggiore:

L’ampio presbiterio è opera di Giorgio Spavento.

altar maggiore: opera del bergamasco Guglielmo dei Grigi, sorge isolato nelle forme di un grande pannello con imponente fastigio a volute dalle quali si innalza la statua del Salvatore (1500). Vi è contenuta la pala d’argento dorato, lavoro di oreficeria veneziana del primo 1300, con aggiunte e restauri del XV secolo. Fra i Santi, la Vergine e i simboli degli Evangelisti, al centro: Trasfigurazione di Cristo fra Mosè ed Elia.

all’altare: davanti alla pala (visibile solo dal 3 al 15 agosto) fa da custodia il dipinto Trasfigurazione di Cristo, capolavoro di Tiziano.

cappella a sinistra del presbiterio:

Dedicata al Santissimo Sacramento, alla decorazione della cappella volle provvedere personalmente il patriarca Antonio Contarini.

parete a sinistra: dipinto Cena in Emmaus opera della scuola di Giovanni Bellini.

catino absidale: resto di più ampio mosaico Il priore Antonio Contarini e il patriarca Antonio Contarini adorano il Santissimo Sacramento (1523) di Grisogono Novello.

lato sinistro, transetto, quinto altare:

Un tempo di San Giacomo, verso la metà del 1800 fu dedicato alla Sacra Famiglia, soggetto devozionale che iniziò a diffondersi a partire dal XVII secolo.

altare: cinquecentesco, il modello compositivo ispirò la realizzazione posteriore dei due altari posti nel braccio destro del transetto.

all’altare: dipinto Sacra Famiglia (secolo XVII) opera di Lattanzio Querena, nella soprastante lunetta: dipinto Padre Eterno fra il Salvatore e la Vergine opera di Natalino da Murano (metà del XVI secolo).

lato sinistro, facciata del transetto:

Monumento funebre a Marco Corner

A chiesa ancora in costruzione, i canonici cedettero lo spazio ed il diritto di costruzione del monumento funebre che la famiglia Corner intendeva dedicare a Marco Corner (che fu il primo cardinale della nobile Casata).

L’incarico della progettazione fu inizialmente affidato a Giovanni Maria Falconetto, ma il progetto rimase sulla carta e nel 1570 venne affidata a Bernardino Contino la realizzazione del monumento, che pur facendo la pari con il gemello posto di fronte (e costruito dallo stesso architetto) qui ospita il battistero. Il complesso scultoreo è costituito da una partitura architettonica piuttosto complessa, la struttura è unita insieme da colonne, timpani, lesene e modanature.

al centro del monumento, dietro il fonte battesimale: dipinto Il battesimo di Gesù al Giordano di Nicolò Renieri.

al centro, sopra il dipinto: bassorilievo Imposizione del berretto cardinalizio da parte del papa a Marco Corner (anche se, alla fin fine, il monumento è dedicato ai primi tre cardinali usciti dalla potente famiglia veneziana, oltre a Marco, il fratello Francesco e Andrea).

lato sinistro, transetto, quarto altare:

Dedicato in origine alla Pietà, fu ricostruito nel 1617 a spese di Grazioso Bontempelli del Calice, un mercante oriundo di Brescia che gestiva con il fratello Bartolomeo, appunto all’insegna del Calice, un fontego (fondaco) di panni di seta e d’oro nella vicina marzaria (merceria). Fu intitolato a San Carlo Borromeo quando erano appena trascorsi sette anni dalla canonizzazione del celebre arcivescovo di Milano.

l'altare: di elegante fattura, è decorato con colonne e marmi pregiati; nella nicchia centrale: dipinto La Pietà, San Carlo Borromeo e i ritratti del committente e del fratello, di Sante Peranda.

lato sinistro, terzo altare:

Dedicato a Sant’Antonio Abate, l’altare e la tela furono entrambi commissionati alla fine del 1500 dalla schola picola dei salumeri.

l'altare: di imponente fattura, fu realizzato da Alessandro Vittoria, a sinistra del tabernacolo:  la statua di San Rocco e a destra: la statua di San Sebastiano (protettori contro la peste); al centro: tabernacolo marmoreo aggiunto nel 1729 per conservare una reliquia di Sant’Antonio Abate, sebbene sulla porticina sia stata in seguito adattata l’immagine di Sant’Antonio da Padova.

all'altare: dipinto Maria con Bambino, Sant’Antonio Abate tra San Giovanni battista e San Francesco d’Assisi (seconda metà XVI secolo), di Jacopo Palma il Giovane.

lato sinistro, porta laterale organo e cantoria:

Il raffinato prospetto dell’organo e della cantoria (1530), opera del Sansovino, ricco di marmi e di intagli dorati, costituisce contorno alla porta laterale che conduce in marzaria.

nelle due nicchie laterali, a sinistra: statua di San Girolamo, di Danese Cattaneo; a destra: statua di  San Lorenzo, di Giacomo Fantoni Colonna, entrambi allievi del Sansovino.

sopra la cantoria, le portelle dell’organo: sull’esterna sinistra la Trasfigurazione di Gesù, sull’esterna destra la Resurrezione; sull’interna sinistra Sant’Agostino e sull’interna destra San Teodoro. Tutte sono opera di Francesco Vecellio, fratello del Tiziano.

lato sinistro, secondo altare:

Dedicato a San Gerolamo.

altare: cinquecentesco, realizzato dal bergamasco Guglielmo dei Grigi.

all’altare: statua in marmo San Gerolamo, opera di Tommaso Lombardo da Lugano, discepolo del Sansovino.

lato sinistro, campata:

Monumento funebre a Lorenzo e Gerolamo Priuli

L’importanza e la grande visibilità cittadina assunta da San Salvador fecero si che il monumento funebre dedicato alla memoria di Lorenzo Priuli (Dose dal 1556 al 1559) e del fratello Gerolamo Priuli (Dose dal 1559 al 1567) venisse qui costruito nonostante i due fratelli riposassero nella chiesa di San Domenego de Castelo.

La complessa macchina monumentale, realizzata sotto forma di grande parametro scenografico, tiene unita nella medesima intelaiatura i catafalchi dei due fratelli.

Un’intelaiatura doppia e sovrapposta in cui però il centro è suddiviso da una sola colonna a sostenere le parti simmetriche dell’insieme, creando un effetto abbastanza insolito.

Il progetto fu redatto da Giovanni Antonio Rusconi ma fu portato a compimento da Alessandro Vittoria sotto la direzione di Cesare Franco.

Dal banco di marmo posto in basso e sostenuto da robuste mensole (in tutto simile a quello della Loggetta del campanile di San Marco) e dal basamento si innalzano sette colonne di marmo grigio scuro, che reggono il possente cornicione con fregio in rilievo.

Nell’ordine inferiore, le figure dei Dogi stanno distese sul cataletto formato dalla finta urna, ma hanno entrambi un’espressione di grande vigore; entrambe sono attribuite a Giulio del Moro.

Nell’ordine superiore, le due statue marmoree raffigurano i santi onomastici dei due Dogi: a destra si riconosce San Girolamo e a sinistra San Lorenzo, anch’esse opera di Giulio del Moro.

lato sinistro, primo altare:

Originariamente era dedicato a San Nicolò ed assegnato alla schola de devozion de san nicolo’.

l'altare: nel 1751 fu ricostruito dopo un incendio che dieci anni prima lo aveva distrutto assieme al barco (coro pensile) esistente sopra la porta principale. Partecipò alla spesa anche la schola de devozion de san lunardo che però pretese nella pala anche l’immagine del proprio patrono, San Leonardo. Su probabile richiesta dei canonici regolari, fu inserito anche il beato Arcangelo Canetoli.

all’altare: pala San Nicolò, San Leonardo e il beato Arcangelo Canetoli iniziato da Giovanni Battista Piazzetta e terminato dal discepolo Domenico Maggiotto.

 

Facciata e portale

Diversa è la storia della facciata rispetto alla grande mole dell’edificio. Lasciata incompiuta nel XVI secolo, successivamente a spese di tale Jacopo Galli, ricco mercante, nel periodo fra il 1660 e il 1666 fu possibile procedere con il completamento, eseguito su progetto di Giuseppe Sardi, apparendo compiuta nel 1703 essendo in quell’anno riprodotta in una incisione di Luca Carlevaris.

La fronte monumentale, per qualche verso enfatica, è esaltata dall’alto basamento su cui poggiano le semicolonne, corinzie, dell’ordine maggiore. Ricca è la composizione di statue ed allegorie (della seconda metà del XVIII secolo) opera di Bernardo Falconi, che coronano in alto la facciata e culminano con l’effigie del Redentore.

I motivi d’origine palladiana, ravvisabili nel portale, nell’ordine maggiore e nella successione dei timpani triangolari), si mescolano efficacemente con gli elementi longheniani di elaborazione secentesca, quali le specchiature marmoree, i festoni, il rigoglio delle statue. Originale anche il finestrone centrale posto al centro del secondo ordine, riferibile anch’esso ad un tema palladiano (villa Poiana).  

La facciata della chiesa dialoga con efficacia,anche in forza della comune paternità, con la fronte della vicina Scuola Grande di San Teodoro, contribuendo a dilatare l’altrimenti angusto campo di San Salvador

Al portale si accede per un’alta gradinata, sotto cui si stende l’antica cripta.

 

Interno:

Per la vastità delle proporzioni, per la severa unità di linea e di concezione, per la solida eleganza costruttiva, l’interno si presenta come il più ragguardevole esempio architettonico veneziano della maturità Rinascimentale, che prelude allo stile classico.

La pianta, a tre navate con triplice crociera e cupole centrali, rinvia al grande modello di San Marco, soprattutto per quanto concerne il sistema dell’asse principale della croce e la disposizione delle cupole maggiori e minori, secondo uno schema incrociato (o a quinconce).

Il cubo è la forma che impronta di sé l’insieme e le singole parti della macchina, mentre le cupole emisferiche ripropongono in termini moderni gli effetti spaziali e luminosi degli organismi bizantini.

Il doppio ordine contribuisce al senso di elegante verticalità che s’impone all’osservatore mentre il sistema delle cupolette minori e delle profonde arcate laterali fa intendere l’articolazione dell’insieme.

La sua complessità è ribadita dalla scelta accurata fatta da Tullio Lombardo dei due ordini (corinzio e ionico) nei pilastri che cadenzano il ritmo oltre che nell’insolita adozione dell’attico sopra l’ordine maggiore.

Anche la funzione del disegno della pavimentazione, realizzato in marmi policromi su tessitura geometrica, ripropone e proietta a terra i rapporti proporzionali dell’edificio.

Per ovviare alla scarsissima luminosità interna, dovuta alla notevole altezza delle case e delle fabbriche del monastero che appoggiandosi direttamente sui fianchi resero impossibile l’apertura di finestre adeguate, i frati si rivolsero a Vincenzo Scamozzi il quale, tra il 1569 e il 1574, realizzò le lanterne sopra alla copertura di ciascuna cupola. Con ciò egli modificò l’aspetto esterno dell’edificio, che perse le usuali (per Venezia) coperture con cupole emisferiche e cipolla.

La parete sinistra della chiesa è dominata, nella sua parte mediana, dalla grande macchina che riunisce in una struttura unitaria l’organo, la cantoria e il portale laterale della chiesa, che immette nella Marzaria San Salvador. Un lavoro elegante e di accurata composizione, eseguito dal Sansovino nel 1530 , pochi mesi dopo che il grande architetto era giunto a Venezia. Più tardi, Sansovino ritornerà a san Salvador per progettare l’elegantissima cornice marmorea per la pala dell’ Annunciazione del Signore (lato destro, terzo altare). Pur nella sua semplicità, l’elegantissima opera si presenta in doppia struttura: la struttura esterna, con colonne scalante d’ordine ionico (adatte al genere femminile di Maria Annunciata) e la cornice interna, in marmo, modellata come un fregio continuo, in una corona di foglie d’alloro.

Il campanile

Il campanile, i cui lavori di costruzione iniziarono nel 1206, in seguito però per l’azione di qualche evento atmosferico o per la vetustà della struttura, non venne completato e rimase a lungo mozzo.

Fu restaurato o, forse più semplicemente portato a termine, nel corso del 1895, con l’aggiunta di sedici metri in altezza e la semplice cella campanaria in stile romanico.

Il monastero

Assieme alla ricostruzione della chiesa operata nei primi decenni del XVI secolo, anche il convento conosceva una riforma radicale: demolitivi vecchi stabili, si provvide nel corso di quasi tutto il 1500 alla realizzazione di due moderni chiostri di differente dimensione, così come del vasto e fastoso corpo del refettorio.

Recenti restauri hanno altresì evidenziato la qualità dell’apparato decorativo dispiegato nell’insieme e nelle singole parti della grande struttura: spicca proprio il monumentale portale di accesso al refettorio nella cui ricchezza d’ornato si volle vedere l’intervento di Michele Sanmicheli, così come gli stucchi e gli affreschi sulla volta della sala, attribuiti a Fermo Ghisoni.

Caduta la Repubblica nel 1797, i successivi provvedimenti napoleonici contro gli ordini religiosi videro l’abolizione la congregazione dei canonici, incamerati i loro beni nel demanio, trasformato il monastero in caserma. Oggi è proprietà della Telecom che lo ha trasformato in un centro direzionale.

Le botteghe e le case

In occasione della completa rifabbrica della chiesa, non meno attenzione venne impiegata nella rifabbrica e razionalizzazione delle case e delle botteghe adiacenti sia al fianco della chiesa, sia lungo Marzaria San Salvador, che lungo il lato esterno del chiostro più piccolo, su calle del Lovo.

Non deve stupire tale preoccupazione per questa parte squisitamente funzionale e commerciale dell’immobile: le rendite garantite dagli esercizi commerciali erano rilevanti nell’equilibrio economico della comunità dei canonici.

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