Ospeai & Ospissi |
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La storia. Realizzato grazie al lascito di Maddalena Scrovegno, ricca signora padovana che con il testamento del 1421 destinò un cospicuo capitale affinché, dopo la sua morte, che avvenne nel 1428, fosse portata a compimento la costruzione di un ospissio dove accogliere ed offrire alloggio a povere donne. Maddalena era figlia di Ugolino Scrovegno, nato da quell'Enrico che fondò nella città di Padova la chiesa di Santa Maria dell'Arena (e commissionò la celeberrima Cappella Scrovegni), il quale a sua volta nasceva da Reginaldo, che venne collocato da Dante nell'inferno, fra gli usurai (attività alla quale la famiglia pare continuò a dedicarsi, senza troppa pubblicità, anche successivamente). L'ospissio venne realizzato sul lato sud di campo Santa Margarita, lungo il rio de la scoassera (poi divenuto rio terà) e posto sotto la diretta giurisdizione dei Provedadori de San Marco de çitra. Nei documenti antichi esso venne spesso confuso con l'Ospissio Bocco, con cui confina lungo il lato sinistro. Alla caduta della Repubblica nel 1797, l'ospissio sopravvisse indenne ai decreti napoleonici di soppressione del 1806 per seguire in seguito le trasformazioni che investirono le istituzioni caritative, pervenendo infine all'I.R.E. che per conto del Comune di Venezia continua ad utilizzarlo secondo i fini per i quali fu fondato.
L'edificio La facciata, di gusto settecentesco, riporta lo schema compositivo che reca al centro un raggruppamento di vani ravvicinati e, ad ognuna delle estremità del prospetto, un vano distanziato da un'ampia pausa di muro dal gruppo centrale delle finestre. Tutto l'insieme esprime con austera religiosità la destinazione d'uso: il piano nobile, molto in alto, si distacca con una larga fascia di muro, ravvivata nel mezzo dalla pàtera dedicatoria, dai vani del piano terreno disposti in alternanza alle finestre più ampie e più piccole e di tre porte di cui la centrale è l'ingresso all'ospissio, mentre le laterali corrispondono alle botteghe. La facciata si conclude con un frontone neoclassico in cui è inserito al centro una piccola finestrella rettangolare, nella fascia sottostante si sviluppa, a mò di fregio, una teoria di basse finestrelle. Alle estremità, in corrispondenza della cornice inferiore, due pause di muro, in leggera rientranza, isolano la fronte dalle case vicine, esse a piano terra sono entrambe forate da porte a tutto sesto che consentono l'accesso alle callette laterali, contrastando con tutte le altre aperture della fronte, architravate, richiamando i tradizionali sotoporteghi veneziani arcuati, ideati per consentire la costruzione di vani nella parte superiore senza però impedire il transito. Sulla facciata si trova murata una lapide (oggi quasi illeggibile) che riporta la dicitura qui appresso citata, relativa ad un intervento di restauro propiziato dai Procuratori de San Marco de çitra nel 1762: HOSPITIUM HOC VETUSTATE CONSUMPTUM NE PIA VOLUNTAS MAGDALENAE DE SCROVEGNIS PATAVINAE EFFECTU DEFICERE PROCURATORES D. MARCI DE CITRA A FUNDAMENTIS RESTAURAVERUNT ANNO DOM. MDCCLXII
La pianta interna dell'edificio si basa su uno schema che rivela la destinazione collettiva, con spazi distribuiti a modo di locanda, tipologia in uso nelle vecchissime costruzioni veneziane ideate per fornire per asilo ai pellegrini o a persone bisognose di assistenza. L'edificio offre ancora il modo di cogliere qualche frammento dell'organizzazione di queste tipiche ed antiche costruzioni, svelato in questo caso nella successione di celle su due piani, allineate rispetto al lungo portego interno centrale.
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