SESTIER DE S. POLO |
ciexa de San Zuane de Rialto |
CONTRADA S. ZUANE DE RIALTO |
Cenni storici: Le cronache
indicano che l’edificio originario fu fondato tra il IX e il X secolo,
grazie in particolare al generoso sostegno finanziario della famiglia
Trevisan e che la chiesa acquistò il titolo di parrocchiale verso la fine del XI secolo. Resta però altamente improbabile anche la sua contigua
intitolazione a San Zuane Elemosinario,
poiché il culto del vescovo alessandrino iniziò a diffondersi in oriente solo
nel corso del XII secolo e coinvolse Venezia nel 1249, quando le sacre
spoglie vi approdarono per espresso voto e volere del Dose Jacopo Tiepolo (1229-1249). Era dunque
assegnata ad un Santo rimasto sconosciuto la chiesa originaria che nel 1071 documentava l’improvviso crollo
del campanile, che l’incendio del 1167
distruggeva completamente e la cui ricostruzione si concludeva nel 1177, anno in cui, auspice Venezia, l’imperatore
Barbarossa e papa Alessandro III siglavano la pace in piazza San Marco e
quest’ultimo, riconoscente, concedeva alla Repubblica i simboli della
sovranità. Nel 1391 la chiesa viene ridotta a commenda, voce che designa un beneficio
ecclesiastico affidato (dato in commendam appunto) a un secolare usufruttuario che ne
godeva la rendita. Eppure, come per la cappella ducale di San Marco, anche questa
era una chiesa considerata sottoposta allo juspatronato del Dose, che eleggeva e
stipendiava il piovan,
i tre preti titolati, il diacono e il suddiacono coadiuvati da un corpo
sacerdotale di 28 fra preti e chierici. A questo proposito è interessante
notare però che in relazione ai privilegi rivendicati dallo Stato sulle due
chiese, al tempo non esisteva, né fino ad ora è stato rinvenuto, alcun
documento che ne certificasse l’originaria concessione da parte della santa
sede. Molto semplicemente la Repubblica se ne assegnò il diritto, sia per San Marco
che per San Zuane de
Rialto. E più tardi anche per San Giacometo.
La proverbiale gelosia
e determinazione della Repubblica nelle materie di Stato si manifesta nel 1410, quando sotto il dogado di Michele Steno (1400-1413) viene restaurato il campanile
che nel 1408 aveva dato segni di cedimento. In questa occasione, in
prossimità della cella campanaria, vengono inserite quattro formelle in
bianca pietra d’Istria e una di esse espone lo stemma degli Steno sormontato dal
corno ducale, a significare che la chiesa è amministrata dallo Stato. Nel 1421, forte della protezione della
Repubblica, qui trova sede stabile la scuola di Rialto (fondata nel 1408), prima
scuola pubblica di Venezia, a forte matrice aristotelica, dove si insegnava
logica, matematica e filosofia naturale, preparando la futura classe
dirigente all’università di Padova. La scuola ebbe quale prestigioso
insegnante anche il filosofo marchigiano Paolo Della Pèrgola e in breve tempo la fama
dell’istituto venne enormemente accrescendosi. Nel 1440, il nobilomo veneziano Gabriele Condulmer,
diviene papa col nome di Eugenio IV. A conoscenza della questione aperta su
un privilegio non documentato, egli emana una bolla in cui sottopone la
chiesa di San Zuane de
Rialto al Capitolo patriarcale di San Pietro di Castello,
dandola in beneficio al Collegio dei
dodici poveri di Cristo con sede nella cattedrale. Affermando la sua
giurisdizione sulla chiesa, il papa mira a sottrarre al contemporaneo Dose Francesco Foscari
(1423-1457) il suo dominio “spirituale” nella zona di Rialto ma anche a porre
sotto un maggior controllo l’attività didattica dell’ormai famosa e liberale scuola di Rialto. Nel 1487 alcune aspre controversie
insorte tra il Collegio e i
parrocchiani, riconducono di fatto la chiesa sotto lo jus patronato del Dose Agostino Barbarigo (1486-1501),
anche se non è chiaro se in questa fase essa venisse posta alle dipendenze
del Primicerio del Capitolo di San Marco. La diatriba giaceva dunque
nuovamente irrisolta, mentre dal canto suo Venezia in questo periodo era
fortemente impegnata in politica estera e comunque, di lì a non molto, San Zuane de Rialto,
eccezion fatta per il campanile, fu completamente distrutta dal terribile
incendio che colpì la zona di Rialto il 10 gennaio 1514. Scrisse Marin Sanudo nel suo diario "[...] campana a martello sonava a San Zuane [...] E’
una grandissima compassione a veder, né mai credo per foco sia stà visto tanta orribilità et
però fo si grande incendio, restò in piè il campaniel
di San Zuane. [...]". L'immane rogo, uno
dei più disastrosi che colpì la città, bruciò molti edifici, enormi quantità
di preziose mercanzie e moltissime botteghe, risparmiando solo la vicina
chiesa di San
Giacometo (ma non il suo campanile). La ricostruzione
del mercato, perno della ricchezza cittadina, fu affidata dallo Stato con
comprensibile fretta alle cure dell'architetto Antonio Abbondi detto Scarpagnino,
e comprendeva, assieme alle botteghe e agli uffici pubblici anche la
progettazione della nuova chiesa. Su un pilastro un’iscrizione
ricorda che i lavori di costruzione partirono nel 1529, e con l’occasione gli spazi aperti antistanti la chiesa
furono disegnati in modo da consentire l’agevole presenza di botteghe
ambulanti dal cui fitto la chiesa avrebbe ricavato i fondi necessari per
sostenersi. La nuova San Zuane de Rialto, scarsamente percettibile
dall’esterno risultando quasi affogata entro un contesto di abitazioni uniformi
e contigue, fu completata attorno al 1531,
dunque negli anni centrali del Dogado di Andrea Gritti
(1523-1538). Fu per l’appunto questo Dose che commissionò
al Pordenone
gli affreschi della cupola e, seguendo l’esempio del predecessore Michele Steno, colse
l’occasione per inserirvi un preciso messaggio di conferma del privilegio e
del diritto ad esercitarlo in forza della sovranità che la Repubblica aveva
ottenuto da papa Alessandro III nel 1177. Il chiaro monito visivo
nell’affresco della cupola, peraltro l’unico intervento operato dal Dose Andrea Gritti
entro il nuovo edificio, non risolveva però i problemi di natura giuridica
che ancora pendevano con Roma sulla base della bolla di papa Eugenio IV. A ciò provvide il
Dose
Francesco Donà (1545-1553), il quale chiese al papa di
indire un regolare processo al fine di verificare una volta per tutte dove
risiedesse la ragione. Intanto però, a scanso di equivoci, come i suoi
precursori anch’egli volle lasciare un segno evidente del suo passaggio nella
storia della chiesa, commissionando al Tiziano il dipinto ancora oggi sull’altar
maggiore. In esso il celebre pittore ritrae un San Giovanni cui però qui mancano
i vistosi riferimenti alla carità e alla dignità ecclesiale, egli appare
infatti poco elemosinario e poco patriarca.
Tuttavia, più che un mezzo santo egli è un Dose travestito, poichè il volto di San Giovanni è il ritratto di quello
del Principe, che si fa direttamente ritrarre nelle vesti, ecclesiastiche ma
non liturgiche, di San Zuane. Nel frattempo, la
causa del privilegio fu affidato alle cure di Monsignor Giovanni Della Casa, al
tempo nunzio apostolico a Venezia, incaricato formalmente da papa Paolo III
di dirimere definitivamente la questione. La sentenza fu che il Dose Francesco Donà
vide definitivamente riconoscersi lo juspatronato ma fu anche dichiarato solus dominus et patronus
della chiesa (dunque con più potere che nella cappella ducale di San Marco,
da egli gestita assieme al Primicerio e ai Procuratori de San Marco). Sulla scia
della sancita giurisdizione, dal 1546
al 1549 il Dose Francesco Donà
si impegnò in un intenso riordino legislativo di tutte le questioni pendenti,
lavoro che sfociò nell’emanazione di una serie di Costituzioni. La consacrazione di
San Zuane de Rialto
avvenne infine nel 1572, per mano
di Daniele Vocazio, vescovo dalmata. Una postuma
conferma nella precisa scelta di ritrarre il Dose nelle vesti del
Santo titolare della chiesa si avrà quando il pittore Marco Vecellio, negli anni del dogado
di Leonardo Donà (1606-1612), ritrarrà nella portella centrale
dell’organo il Dose al cospetto del piovan Giovanni
Maria Carnovali, mentre sulla portella destra vi è
ritratto San Zuane che concede l’elemosina nella
medesima composizione della pala del Tiziano, dove, abbiamo visto, si trova
il volto di Francesco Donà. A causa della
profonda riorganizzazione imposta dagli occupanti Francesi, nel 1808 la chiesa perse il titolo di parrocchiale e diviene succursale della vicina chiesa di San Silvestro. Nel 1982, considerando le gravi condizioni di degrado cui versava l'edificio, soprattutto a causa dell'umidità che minacciava seriamente, con lo sviluppo di miceti, anche i pregevolissimi dipinti che in essa erano custoditi, fu decisa la chiusura al pubblico e l'inizio di un capillare restauro conservativo. La chiesa fu nuovamente riaperta al culto il 1º marzo 2001. |
Visita della chiesa:
Organo
(1749) realizzato da P. Nacchini.
al centro della navata, al pavimento: sepolcro con pitture
murali Madonna con Bambino, la Crocefissione e
Santi (secolo XVI) di Anonimo. (Riportati alla luce durante i
lavori di restauro di fine novecento). nella cupola, in centro: scultura Eterno
benedicente, di Anonimo veneto; nel catino: affresco Gloria di
angeli danzanti sulle nubi; nel tamburo: affresco quattro
Dottori della chiesa e lo stemma del
committente, il doge Andrea
Gritti,
ai pennacchi: affresco Evangelisti; (1531) di G.A. de’ Sacchis detto il Pordenone. vicino alla seconda colonna a sinistra: lapide in
memoria di Paolo Della Pergola.
alla parete di controfacciata: tela
Sant’Andrea innalzato nella croce
(secolo XVI) di L. Corona. nella lunetta superiore: tela
Investitura a vescovo di San Nicola di Bari
(secolo XVI) di L. Corona. Altare all’altare: scultura neo classica Vergine
col Putto (1834) di L. Zandomeneghi.
alla parete: grande tela Raccolta
della manna (1590) di L.
Corona.
Cappella della schola picola
dei Corieri alla parete: tela Martirio di Santa Caterina (1595) di J. Negretti detto Palma il Giovane. nella lunetta superiore: tela
San Rocco risana gli appestati (1590)
di J. Negretti detto Palma il Giovane. all’altare: pala I santi Caterina, Sebastiano e Rocco (1535) di G.A. de’ Sacchis
detto il Pordenone. I santi patroni
dei Corrieri sono qui raffigurati in complesse e manierate pose, tipiche del
pittore. nella lunetta superiore: tela
Santa Caterina medicata dagli angeli
(fine secolo XVI) di D. Tintoretto.
al soffitto: tela Sant’Agostino in
gloria (1717-1720) di G. B.
Pittoni. all’altare: tela Madonna col Bambino
e San Filippo Neri (1720 ca.) di G.B. Pittoni.
Cappella Maggiore. L’altare fu costruito nel 1633, in cui
venne poi adattata la pala ivi alloggiata. alla parete destra: tela Crocifissione
di Cristo (secolo XVI) di L. Corona. nel lunettone
superiore: tela Mosè e il miracolo della rupe (secolo XVI) di L.
Corona. all’altar maggiore: pala San Giovanni elemosinario
(1545) di Tiziano. nel lunettone
superiore: tela Resurrezione di Cristo (secolo XVI) di L.
Corona. lunettone parete sinistra: tela Orazione
nell’orto (secolo XVI) di L. Corona. parete a sinistra:
tela Lavanda dei piedi (1591) di A. Vassillacchi detto
l’Aliense. Eseguita a spese della schola picola
dei Mercanti Telaroli a completamento del
ciclo della Passione di Gesù, iniziato da L. Corona con Orazione
nell'orto e Crocifissione di Cristo.
Cappella all’altare: a destra statuetta San Giovanni elemosinario,
al centro scultura Pietà,
a sinistra statuetta San Francesco d’Assisi; (1705) di Anonimo. nella lunetta sopra l’altare: tela Salita
al Calvario (secolo XVI) di L. Corona. alla parete: tela Eraclio che reca la croce a Gerusalemme (1590) di J. Negretti detto Palma il Giovane.
alla parete, sopra la porta laterale: le antiche
portelle dell’organo, a destra: San
Giovanni Elemosinario al centro: Il piovano Gianmaria Carnovali
benedice il doge Leonardo Donà; a sinistra: San
Marco; (1606-1612) di M. Vecellio (figlio del Tiziano). a sinistra della porta laterale: nicchia affrescata con Putti. a sinistra della porta laterale: frammento di scultura orientale La Natività (secc. VI-VII).
Altare della schola picola
dei Galineri. alla parete, a destra: tela
Vergine annunciata (secolo XVI-XVII)
scuola di L. Corona. all’altare: pala Transito di Giuseppe
(secolo XVIII) di Anonimo veneto. alla parete, a sinistra: tela
Arcangelo Gabriele (secolo XVI-XVII)
scuola di L. Corona. alla parete di controfacciata: tela
Adorazione dei Magi (1642) di C. Ridolfi. nella lunetta superiore: tela Padre Eterno in gloria con il doge Marino Grimani, la dogaressa Morosina Morosini e confratelli della scuola dei galineri (secolo XVI-XVII) di D. Tintoretto.
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L'interno: completamente
ricostruita dopo l’incendio del 1514,
la pianta interna dell’edificio è oggi un piccolo gioiello architettonico a
croce greca inscritta in un quadrato, coperta da volte a crociera e a botte,
concluse al centro dalla cupola a catino. L'aspetto interno
è in stile rinascimentale e classicheggiante, al termine della navata il
piano del presbiterio è rialzato di cinque gradini rispetto al resto della
chiesa, conferendo così una maggior altezza alla sottostante cripta, cui si
accede attraverso una scaletta disposta all’interno della mensa dell’altare.
Ai lati del presbiterio si trovano due cappelle. In entrambi i lati una campata
ritma lo spazio fra la cappella presbiteriale e la cappella
accanto all’ingresso. Nella cupola, gli affreschi, molto noti
tra i contemporanei e che si credeva fossero andati perduti, sono tornati
alla luce durante i lavori di restauro del 1993. Il programma iconografico
riporta nel culmine della cupola il Padre Eterno, nel catino la gloria di
angeli, nel tamburo i primi quattro dottori della Chiesa (Ambrogio, Gerolamo,
Agostino e Gregorio) proclamati nel 1298, infine nei pennacchi i quattro
Evangelisti. L’accurata disposizione dei personaggi e degli stemmi dogali svela
il vero messaggio: il tondo che raffigura Gregorio, l’unico fra i dottori che
fu anche papa, è anche il solo ad essere affiancato ai lati dagli stemmi del Dose Andrea Gritti,
i quali a loro volta indicano l’ombrella che li sormonta, simbolo di
sovranità, concessa nel 1177 al Dose Sebastiano Ziani da papa
Alessandro III, in virtù del ruolo svolto da Venezia nella pacificazione fra
papato e impero. |
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Facciata e portale: la chiesa, volutamente chiusa entro una
linea di abitazioni private uniformi e contigue, è completamente priva di
facciata e dunque di difficile individuazione: l’entrata su ruga vechia San Zuane è riconoscibile dal grande arco a tutto
sesto che attraverso una cancellata in ferro immette nell’atrio a volta di
botte affrescato che incornicia la porta d’ingresso sollevata di sei gradini. |
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Campanile: (campaniel) il campanile originario
cedette improvvisamente nel 1361 e
fu quindi ricostruito, in stile gotico, fra il 1398 e il 1410, sotto
il dogado di Michele Steno. Con l’occasione,
al di sotto della cella campanaria, furono murate alcune interessanti
formelle in bianca pietra d’Istria. Dal lato della “facciata” in ruga vecia san zuane,
il santo patriarca impegnato a distribuire denaro a una folla di poveri, sul
lato opposto, prospiciente il mercato, lo stemma degli Steno sormontato dal
corno ducale, accanto ai simboli degli evangelisti Marco e Giovanni, a
ribadire il ruolo svolto dal Dose nell’amministrare San Marco
(cappella ducale) e San Zuane de Rialto. Nella celebre
veduta del de’ Barbari del 1500 il
campanile sorge nella stessa posizione odierna, in stile gotico, con profonde
lesene della canna a doppia ghiera con archi tribolati, sormontati dal nastro
continuo di decorazioni in cotto. La cella poggia su una piattaforma
sporgente, su ciascuna facciata si apre una grande monofora ogivale, ed è
sormontata da una cupoletta di sapore moresco, ricoperta da lastre di piombo e
decorata da quattro pinnacoli agli angoli. In seguito al furioso incendio che nel 1514 distrusse completamente il
mercato di Rialto, il campanile sopravvisse parzialmente danneggiato: perse
infatti la cupoletta (sostituita ora da una copertura a quattro falde) e
molto probabilmente anche i setti marmorei delle monofore ogivali della cella
campanaria (inspiegabilmente mancanti). Andò anche distrutto il complicato
orologio a figure che il meccanico umbro Gaspare Ubaldini
aveva realizzato nel 1400. Fino al 1848, da ottobre a mercoledì santo, la sera, sempre alla stessa
ora, suonava la campana detta realtina. |
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Bibliografia: M. Sanudo "I diarii di Marino Sanuto",
T. 17 [1513-1514], Venezia, a spese degli
editori, 1886, col. 461 Flaminio Corner “Venetia città nobilissima et singolare”. Stefano Curti, Venezia 1663 Flaminio Corner “Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello, tratte dalle chiese veneziane e torcellane” Stamperia del
Seminario, Padova 1758 Giambattista Albrizzi “Forestier illuminato. Intorno le cose più rare e curiose, antiche e moderne,
della città di Venezia e dell’isole circonvicine.” Giambattista Albrizzi, Venezia 1765 Umberto Franzoi / Dina Di Stefano “Le chiese di Venezia” Azienda Autonoma
Soggiorno e Turismo, Venezia 1975 Tudy Sammartini / Daniele
Resini “Campanili di Venezia” Edizioni Grafiche
Vianello, Treviso 2002 Claudia Terribile “San Giovanni Elemosinario, la chiesa dei
dogi” Edizioni Chorus Marsilio, Venezia 2010 |