Cenni storici.
L'area sulla
quale oggi s’innalza la ciexa dei Gesuiti era
precedentemente occupata dall’antica ciexa dei
Crosechieri (corruzione dialettale veneziana dell'ordine dei frati
Crociferi).
L’edificio venne costruito nel corso del
secolo XII, venendo posto sotto la protezione della
Vergine Gloriosa,
formula veneziana
utilizzata
per indicare Santa Maria Assunta.
In particolare, le spese per la
fondazione della chiesa
sarebbero state
sostenute, tra storia e leggenda,
da Cleto Gussoni, che nel 1155
l'avrebbe donata ai Crosechieri, assieme all'ospeal,
che ancora
oggi prospetta sul campo dei
Gesuiti.
Successivamente,
avendo Pio II espropriato i beni dell’ordine nel 1464, per indurre i frati
ad una
maggior disciplina, nel 1514
i Crosechieri dovettero far fronte
con ridottissime risorse alle
conseguenze di un rovinoso incendio che distrusse il complesso monastico. Solo nel 1543 poté dirsi conclusa
la ricostruzione del convento e
nel 1553 fu completato il restauro
della cappella dell'ospeal.
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Opere
d’arte e interno della chiesa.
Da un rilievo eseguito prima
del 1667, la
pianta
della chiesa
si presentava come un'ampia aula rettangolare, in cui, nella
seconda metà, era inserita
una specie di tribuna.
Al
termine della navata era
collocata
la cappella maggiore,
fiancheggiata ai lati da
due più piccole. In particolare la
cappella
a destra
del presbiterio ospitava l’altare della
schola dei varoteri, che sull’altare aveva la pala del Martirio di San
Giovanni Battista tra San Lanfranco e San
Liberio, realizzata nel
1610 da
J. Palma il Giovane.
(I Gesuiti la sposteranno
poi in sagrestia, dove ancora oggi si trova).
Su
entrambi i lati
della navata erano distribuiti gli altari e le tombe, ma
lungo il lato sinistro si aprivano
anche due grandi
cappelle. Quella chiamata Cappella della Madonna
fu uno dei monumenti che non venne distrutto nella
demolizione, ma smontata e
quindi ricostruita dai Gesuiti nello
stesso identico punto dove essa era stata voluta
dai Crosechieri.
Il
monastero e la “finestra
della Luce”.
Un
particolare
che connotava
il monastero dei Crosechieri e che scomparve
completamente in seguito alla
posteriore riedificazione operata dai Gesuiti, è ben evidenziato nella
cinquecentesca veduta del De' Barbari: si tratta della
“finestra della Luce”.
Sopra la
porta d'acqua del monastero,
posizionata
lungo il lato orientale sul rio dei
Gesuiti, si apriva infatti
una grande
finestra cruciforme, che stendeva il suo braccio
trasversale
tra due monofore poste agli estremi. Da
questa apertura, la
luce del sole mattutino penetrava
dentro il convento simbolicamente
riproponendo ogni giorno il sacro
simbolo della croce, che da Oriente aveva portato
la salvezza nel mondo, e che l’ultimo giorno dall'Oriente sarebbe
apparso,
per rigenerarlo, Cristo.
Il
monastero dei Crosechieri non costituiva
peraltro l’unico esempio in Venezia. Il complesso conventuale
del Santo
Sepolcro, che si affacciava sul canal de San
Marco ed inizialmente per ospitare
pellegrini diretti verso la Terra Santa, era anch’esso dotato
di una grande
finestra cruciforme, che assumeva
il medesimo significato religioso.
Va
detto infine che la finestra
della Luce avevano
il loro prototipo e “matrice” in
quella che per prima sarebbe
stata
ricavata sulle mura
dell’odierno monastero ortodosso
di Santa
Caterina,
sul monte Sinai, fondato nel 527 sul luogo dove Dio sarebbe apparso a
Mosè.
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