SESTIER DE

CASTELO

ciexa de Sant'Ana

CONTRADA

S. PIERO DE CASTELO

 

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Cenni storici:

nel 1240, inviato dal proprio Priore, arrivava a Venezia L’Eremita agostiniano della Congregazione dei Brittini, Giacomo da Fano, con la missione di fondare in città un nuovo monastero. Nel 1242 acquistava da Milana vedova di Piero del Pozzo, un ampio lotto di terreno posto all’angolo fra l’attuale rio de Sant'Ana (anticamente rio de Castelo) e il canal de San Piero de Castelo. Ottenuto il permesso del vescovo di Castello, Piero Pino, sorsero in breve il monastero e la chiesa, che fu dedicata a Sant'Ana e Santa Catarina.

La chiesa aveva uno schema planimetrico a tre navate legato ai modi veneto-bizantini, potendo però supporre che il partito architettonico decorativo fosse ormai gotico. Era posta parallelamente al tratto iniziale del rio de Castelo, volgendo la parte absidale verso il canal de San Piero de Castelo. Al fianco destro dell’edificio si addossava il campanile e gli edifici del monastero, che componevano un piccolo chiostro interno. La facciata prospettava su un breve sagrato servito dalla fondamenta pubblica, mentre un muro di cinta (in questo tratto oggi non più esistente) isolava tutta l'area conventuale.

Grazie ai sobri e probi costumi adottati dai monaci, il 14 marzo 1284 il Mazor Consejo assegnava loro elemosine dal pubblico erario, in misura pari a quelle concesse ai Predicatori e ai Minori.

L’infelice collocazione del monastero, posto com’era all’estremo margine della città, non aiutava i monaci ad esercitare l’aiuto al prossimo con lo zelo che loro imponeva la Regola e perciò, acquistato un sito meglio posizionato e colà eretto convento e chiesa dedicata a Santo Stefano protomartire, (Contrada  San Vidal, Sestier de San Marco) con il permesso del vescovo di Castello, Bartolomio Querini II, si preparano a traslocare mettendo in vendita gli edifici a Castello.

Nel frattempo un gruppo di donne devote, guidate dalla superiora (poi prima Abbadessa) Maria Zotto, andavano cercando in città un luogo sufficientemente appartato dove vivere in clausura e professare la Regola di San Benedetto. L’acquisto dagli Eremitani fu firmato nel 1297, anche se le Benedettine entrarono in possesso del Monastero solo alla fine del 1304, a cagione di una lunghissima disputa, in merito a beni e oblazioni, che si concluse nel 1343.

Verso la fine del XV secolo però, il Monastero si distingueva come tra i più “rilassati” di Venezia, popolato anch’esso in gran parte da donne nobili alle quali la monacazione era stata imposta al fine di evitare la dispersione del patrimonio familiare. Così, usando il pretesto dell’aria insalubre, le monache ottennero dal Legato Pontificio il permesso di potersi saltuariamente recare presso i propri congiunti in città, cui fece seguito la prevedibile corruzione dei costumi. Risultata vana l’adozione delle solite procedure, il Patriarca Antonio Contarini escogitò di introdurre nel Monastero alcune monache Osservanti tratte dal convento di San Zuane Lateran (Contrada Santa Maria Formosa). La riforma, tosto approvata da papa Leone X nel 1519, diede i suoi frutti e con le nuove arrivate il Monastero ritornò alla normalità.

Poiché l’antica chiesa versava ormai in condizioni rovinose, su progetto di Francesco Contini il 4 ottobre 1634 venne posta la prima pietra per la sua completa rifabbrica. Anche grazie al voto espresso dalle quattro principali maestranze dell’Arzanà (Calafati, Remeri, Marangoni e Segadori) in occasione della peste del 1630, per cui fecero erigere a proprie spese nel 1631 la cappella e l’altar maggiore. I lavori si conclusero nel 1659  e la consacrazione con il solo titolo di Sant’Ana viene officiata da Giovanni Francesco Morosini, patriarca di Venezia. La nuova chiesa, tranne che per l’orientamento che rimase inalterato, aveva però cambiato radicalmente d’aspetto. Ora si presentava come un’unica aula, con la cappella absidale che dall'esterno era evidenziata da un corpo di fabbrica appoggiato alla struttura della navata.

Caduta la Repubblica, nonostante la visita solenne effettuata da papa Pio VII nel marzo del 1800, nel  corso della seconda occupazione francese (1806 - 1814), in conseguenza del decreto del 28 luglio del 1806, la chiesa e il monastero di Sant’Ana vennero soppressi e consegnati alle truppe di Marina. Le 31 monache Benedettine vi rimasero fino al 1807, quando furono aggregate alle consorelle di San Lorenzo (Contrada San Severo).

Sistematicamente spogliata di ogni arredo sacro, nel 1817 i cinque altari assieme al pavimento furono spostati nella chiesa di San Biasio ai forni (Contrada San Biasio ai forni), che nel frattempo era stata riaperta al culto, dopo che anch’essa aveva subito un lungo periodo di abbandono.

Dopo l'annessione al Regno d'Italia, nel 1867 l'ex convento venne trasformato in ospedale della Marina Militare e l’aula della chiesa fu divisa in due piani da un solaio.

 

CONTROFACCIATA

alla parete, in centro: lapide in marmo a ricordo della consacrazione del 1659, con incise le seguenti parole: IOANN. FRANC. MAUROCEN. PATR, VEN. DALM. Q. PRIM. / TEMPLUM HOC / BEATAE ANNAE MATRI DEIPARAE VIRGINIS / ET SANCTO BENEDICTO ABB. DICATUM SOLEMNI RITU / CONSECRAUIT. / ANNO SALUT. M. DC. LVIIII DIE VI. IULJ /  ALEX VII PONT. MAX. IOANN. PISAURO DUC. VENET. / HELENA DOMINICI ABBATISSA PROCURANTE / FESTUM DEDICATIONIS ETIT SEMPER DOMINICA I. EIUSDEM MENTIS.

alla parete, ai lati: due tele opera di S. Piatti.

 

SOFFITTO

suddiviso a scomparti, all’interno di quindici tele erano riportate: le otto Beatitudini Evangeliche (“beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”; “beati gli afflitti, perché saranno consolati”; “beati i miti, perché erediteranno la terra”; “beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati”; “beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia”; “beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”; “beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”; “beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli”. Sei delle tredici Parabole del Vangelo di San Matteo e le quattro Doti del Corpo Beato. Le tele erano opera di F. Ruschi o Rusca (secolo XVII).

In aggiunta ai quindici dipinti, l’ovale al centro del soffitto avrebbe dovuto riportare un San Matteo Apostolo e Evangelista, ma dal committente gli fu preferito un dipinto di poco conto con altro soggetto. La dedicazione del soffitto a San Matteo fu probabilmente voluta dalla vicina Schola dei Spetieri da Grosso, i cui confratelli avevano quale patrono l’Evangelista e che quasi certamente sostennero le spese della sua realizzazione.

LATO A DESTRA

Primo Altare

Secondo Altare

Lungo la parete: sopra la grande grata in ferro dorato da dove le Monache assistevano alla Messa, tela Beato Lorenzo Giustinian appare in sogno alla Beata Nicolosia Abbadessa di M. Neydlinger.

Coro interiore: due dipinti, dono di Filippo Terzi al convento, opera di A. Durer.

 

CAPPELLA ABSIDALE

In conseguenza al voto espresso dalle quattro principali maestranze dell’Arzanà (marangoni, calafai, remeri e segadori) in occasione della peste del 1630, la cappella, l’altar maggiore e i dipinti furono commissionati a spese delle quattro Arti nel 1631.

lato esterno destro: tele San Benedetto e Santa Scolastica di scuola del Tiepolo.

alla parete destra: tela Cristo, Beata Vergine, Sant’Anna, San Rocco, San Sebastiano e il Beato Lorenzo Giustinian intercedono per la liberazione dalla peste (ex voto peste nera del 1630) di G. B. Lorenzetti.

alla parete sinistra: tela Beata Vergine, Gesù, Sant’Anna in gloria e San Marco, San Nicolò, San Giovanni battista, nel dipinto erano ritratti anche alcuni vascelli agli inizi della loro costruzione, di B. Scaligero.

all’altar maggiore: tavola Padre Eterno e Santa Elisabetta (marangoni), San Marco e San Foca (calafai), San Bartolomeo (remeri) San Isidoro (segadori) (secolo XVII) di B. Scaligero.

lato esterno sinistro: tele Vita di San Benedetto e Vita di San Benedetto di S. Piatti.

 

LATO A SINISTRA

Secondo Altare

Organo

portelle, esterno: La nascita di Maria; interno: Il transito di San Giuseppe e Le nozze di Maria; parapetto, al centro: Natività, ai lati: Annunciazione; al soffitto: San Giovanni Battista predica nel deserto di P. Vecchia.

Primo Altare

all'altare: pala Santissima Trinità, Beata Vergine, Sant’Anna e San Gioacchino (1571) di D. Tintoretto.

 

REFETTORIO DELLE MONACHE

Qui si poteva ammirare una colonna di marmo greco di rara bellezza

 

 

 


Di quanto sommariamente è stato qui descritto, tutto venne disperso o venduto.

 

 

L'interno:

Oggi deturpata dalla presenza del solaio che la suddivide a metà nella sua altezza, al piano terra si scorgono gli alti basamenti in pietra delle coppie di pilastri che, salendo al piano superiore, si vedono terminare nei capitelli corinzi che sorreggono la trabeazione che gira tutto intorno all’aula.

Sistematicamente spogliata di ogni arredo sacro, nel 1817 i cinque altari, ricchi di marmi, assieme al pavimento furono spostati nella chiesa di San Biasio ai forni (Contrada San Biasio ai forni), che fu riaperta al culto nel 1818, dopo che anch’essa aveva subito un lungo periodo di abbandono.

Di ragguardevole fattura era il soffitto, realizzato a comparti e adorno di quattordici tele e di un ovale posto al centro.

Collocata sopra la porta maggiore stava una lapide a memoria della consacrazione della chiesa avvenuta il 6 luglio 1658 presente Giovanni Francesco Morosini Patriarca di venezia, ed essendo Dose Giovanni Pesaro.

Lambendo le acque del canal de San Piero de Castelo, la cappella maggiore è ricavata entro un corpo di fabbrica appoggiato alla struttura della navata.

Sulla parete di fondo quattro lastre di pietra riportano la seguente iscrizione: QUESTA CAPELA ET ALTAR / FU FATO PER VOTO / DELLE MAESTRANZE / DELL'ARSENAL / NEL TEMPO DELLA PESTE / DELLI LORO BENI / L'ANNO MDCXXXI / MARANGON CALAFAI / REMERI E SEGADORI.

Ottavia e Perina Tintoretto.

In questo convento presero il velo Ottavia e Perina Robusti, figlie di Jacopo Tintoretto, le quali nel 1609 per la chiesa ricamarono in seta a colori un palio d’altare rappresentante la Crocifissione, esattamente come l’aveva dipinta il loro padre per la Schola Granda de San Rocco.

Il Capolavoro, definito dai contemporanei “opera ben dipinta con l’ago”, è attualmente conservato in Austria, presso la Galleria di Vienna.

 

Elena (Arcangela) Tarabotti.

In questo convento dal padre fu costretta a monacarsi Elena Tarabotti (1654)  che assunse in seguito il nome di Arcangela, col quale ella è meglio conosciuta.

Nacque nel 1605, da Stefano Tarabotti, veneziano d’origine bergamasca, ed entrò in convento nel 1616, dunque ad appena 11 anni.

Dotata di grandissima intelligenza, scrisse: “La semplicità ingannata”, “La tirannia paterna”, “L’inferno monacale”.

Avvicinata e consigliata dal Cardinale Federico Corner, patriarca di Venezia, nel 1633 Arcangela mutò repentinamente registro e scrisse: “Il paradiso monacale”, “La luce monacale”, “La via lastricata per andare in Cielo”, “Le contemplazioni dell’anima amante”, “Il purgatorio delle mal maritate”.

Durante la vita di clausura fu in corrispondenza con insigni letterati.

Venne registrata fra le Donne Illustri da Francesco Pentolini (Livorno 1776) e nel Prospetto biografico delle donne italiane di Ginevra Canonici Fachini (Venezia 1824).

 

Facciata e portale:

Nel 1867 la facciata originaria della chiesa venne completamente demolita e ricostruita. Nella fronte odierna, completamente priva di qualsivoglia ornamento, spicca il biancore degli stipiti del portone d’ingresso. Abbastanza anonimamente, se non fosse per la mole, la facciata guarda il piccolo campo Sant’Ana.

 

Monastero:

Tra la fine del '600 e i primi decenni del '700 furono rinnovate le strutture del convento e negli anni 1761 - 1764 il monastero venne riedificato. Fu allora che il piccolo chiostro interno assunse l'aspetto odierno, con la serie di archi impostati su larghi pilastri e dotati di doppio capitello costituito da masselli lisci e squadrati di pietra d'Istria. La parte centrale del lato a nord si conclude con un timpano triangolare con al centro un orologio, a sua volta sormontato da un campaniletto a vela.

La visita effettuata dal neo pontefice Pio VII nel marzo del 1800 non impedì che nel corso della seconda occupazione francese (1806 - 1814), in conseguenza del decreto del 28 luglio del 1806, la chiesa e il monastero di Sant'Ana venissero soppressi e consegnati alle truppe di Marina.

Con decreto del 21 agosto 1810, gli edifici vennero adibiti a collegio per i Cadetti della Marina Militare e la chiesa fu trasformata in palestra ginnica. Nel 1850 il collegio venne trasferito a Trieste e fino al 1866 il complesso servì quale caserma del corpo di Fanteria di Marina austriaco.

Dopo l'annessione al Regno d'Italia, nel 1867 l'ex convento venne trasformato in ospedale della Marina Militare che però venne chiuso nel 1870.

Nel 1871 il convento venne destinato a Scuola dei Macchinisti ma già nel 1872 questa fu trasferita nell’antico convento della Celestia (Contrada Santa Ternita). Qui fece ritorno l’ospedale della Marina Militare, il cui insediamento comportò l’ulteriore trasformazione degli edifici conventuali, la costruzione di nuovi e la definitiva annessione dell’orto.

Fra il 1920 e il 1939 la parte più antica, costituita dall’edificio della Schola dei spitieri de grosso e dall'antico chiostro divenne Infermeria autonoma, mentre invece sull’orto delle monache fu realizzato il vero e proprio ospedale militare, con la costruzione di enormi caseggiati per i degenti. Nel 1940 venne chiuso l’ospedale Militare ospitato nel monastero di Santa Ciara de la zirada (Contrada  Santa Crose, Sestier de Santa Crose) e tutto fu concentrato in questo di Sant’Ana.

Lentamente restringendosi nell’attività per la continua riduzione del personale militare, l’ospedale militare cessò la su attività nel 1986 ed il complesso rimase chiuso ed abbandonato fino al 1989 quando fu ceduto al Comune di Venezia che iniziò il progetto di recupero. 

Con successivi interventi, tra il 2001 e il 2007 i caseggiati e il piccolo chiostro sono stati trasformati in 103 alloggi. Nel 2012 ancora attendono una decorosa destinazione la chiesa e l’attigua infermeria militare (ex Schola dei spitieri de grosso).

Campanile: (campaniel)

Nella pianta del de’ Barbari del 1500, ha la struttura a torre con la cella campanaria a bifore e cuspide a cono.

Stava addossato alla chiesa sul lato destro, emergendo dalla navata minore, verso la zona absidale.

Fu demolito nel 1815.

Bibliografia:

 

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Venetia città nobilissima et singolare”.

Stefano Curti, Venezia 1663

 

Flaminio Corner

Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello, tratte dalle chiese veneziane e torcellane

Stamperia del Seminario, Padova 1758

 

Giambattista Albrizzi

Forestier illuminato. Intorno le cose più rare e curiose, antiche e moderne, della città di Venezia e dell’isole circonvicine.

Giambattista Albrizzi, Venezia 1765

 

Cesare Zangirolami

Storia delle chiese dei monasteri delle scuole di Venezia rapinate e distrutte da Napoleone Bonaparte.”

Arti Grafiche E. Vianelli, Mestre, 1962

 

Umberto Franzoi / Dina Di Stefano

Le chiese di Venezia

Azienda Autonoma Soggiorno e Turismo, Venezia 1975

 

Tudy Sammartini / Daniele Resini

Campanili di Venezia

Edizioni Grafiche Vianello, Treviso 2002

 

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