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Gli oresi veneziani erano particolarmente specializzati nella realizzazione di monili con la tecnica della “filigrana”, detta appunto opus veneciarum o meglio opus venetum ad filum o ancora de opere venetico ad filum, con la quale fabbricavano manini o entrecosei (intrigosi), collane e bracciali composti di minute maglie d'oro. La produzione era molto
fiorente sia per l'esportazione e sia per il consumo interno: oltre ai monili
femminili, gli oresi curavano anche la
produzione degli arredi sacri delle chiese e i suppellettili destinati alle
case patrizie (vasellame, posate, ecc.); spesso essi erano anche armaioli,
fabbricando pugnali e scudi di grande valore. L'Arte eccelse anche nel taglio del
diamante, capacità espletata dai diamanteri con
tecniche raffinate, più tardi copiate ed infine adottate dagli olandesi. Per
la cronaca, fu proprio un diamanter veneziano, tale Ortensio
Borgisi, che tagliò "a rosa" il famoso "Gran Mogol",
pietra scoperta alla metà del '600. Assai rinomati
erano infine gli oggetti lavorati con la tecnica detta all'agemina
(operazione di intarsio su metallo con l'utilizzo di metallo diverso) e poi
smaltati; per applicare lo smalto le tecniche più usate erano il cloisonné
e lo champlevé. Fin dal 1300 l'Arte ebbe sede nella chiesa di San Salvador, non a caso collocata vicina al mercato di Rialto, unica area di Venezia dove, per gli effetti di un decreto del 1331, gli oresi potevano esercitare la loro attività. L’obbligo di radunarsi per Arti fu una pratica che per qualche tempo venne imposta dal Governo, che così intendeva facilitarne la sorveglianza, ed anche se successivamente questo obbligo venne abbandonato, nonostante ciò le loro botteghe restarono (come lo sono ancora oggi) fortemente concentrate in questa zona. Nel 1382 il Capitolo
decide che la festa patronale sia tenuta nella cappella della
Misericordia, dove si trova l'arca
della schola che era stata donata
dal Prior e sulla quale saranno scolpite le insegne
dell'Arte. Dal 1516 viene
stabilito che sedici compagni,
chiamati tocadori,
dovessero settimanalmente fare il giro delle botteghe per "tocar" (toccare, ossia
verificare) il titolo dell'oro e dell'argento utilizzati per realizzare gli
oggetti e denunciarne le eventuali frodi. Nel 1548 la schola lascia la chiesa di San
Salvador per trasferirsi in quella di San Silvestro,
dove ottiene l’assegnazione di un altare. Nel 1565
il Consejo dei Diese permetteva alla schola di poter
acquistare "1.000 corbe l'anno de carbon", per dispensarlo
gratuitamente ai compagni
poveri, che risparmiando sulla spesa di acquisto del combustibile, potevano
così continuare a lavorare. Nel 1577
si rammentava che, salvo impedimenti dovuti a malattia o a viaggi fuori di
Venezia, tutti erano obbligati a partecipare ai Capitoli e, poco tempo dopo, i Cinque Savi a le Mariegole ricordavano che uscendo dalla
schola non era
più possibile esercitare l'Arte. Nel 1586
viene stabilito che senza la contemporanea presenza della Banca e dei dodici compagni della Zonta
(aggiunti), il Guardian
non poteva ricevere nessuno nella schola. Nel 1601
il Dose Marino Grimani concedeva che nella chiesa di San Giacometo la schola potesse costruire un altare dedicato a Sant'Antonio
Abate, patrono dell'Arte, "a man sanca de la porta
granda", con l'onere di far avere al Dose stesso, ogni anno, due pernici per il giorno di Santo
Stefano. La schola avrebbe potuto anche mettere un banco in chiesa, presso
il proprio altare. Nel 1632
la schola
commissiona un prezioso quadro d'argento con "il Crocifisso, i Santi Rocco e Sebastiano da un lato e Sant'Antonio
Abate dall'altro ... tutto in rilievo ... con soaze (cornici) di ebano ... e sue foglie d'argento",
icona che il giorno di San Sebastiano veniva portato "in procission"
fino alla chiesa di San Rocco, e qui era offerto all'urna del Santo in
ringraziamento per la scampata pestilenza. Nel 1693
viene iniziata la scrittura della nuova copia della mariegola, ricopiando il testo dell'antica.
In questa data la schola
è retta da un Prior,
dal Cassier, da
quattro Degani e
da altri due detti "de mezo ano" perché eletti sei mesi dopo i primi quattro. In questo periodo le riunioni del Capitolo trovarono probabilmente ospitalità presso la sede della
vicina schola dei mercanti da vin, situata in calle del Gambaro, finchè nel corso del 1696 ha inizio la costruzione dell'albergo della schola, in un edificio prospiciente il campo Rialto
Novo, con l’entrata ancora oggi
facilmente riconoscibile all’anagrafico 554. Sulla lunetta in ferro battuto
sopra la porta, sono visibili le iniziali della schola - " S O " (schola oresi). Nel 1710 viene
annotato in mariegola che poichè il Capitolo tiene le sue riduzioni (riunioni) con assiduità nella
schola, si affronterà la
spesa necessaria per adornare la sala con dossali in legno.
Al secondo piano, la sala dell’Albergo
L’entrata in campo rialto novo Le iniziali S O sulla
lunetta (schola dei oresi) |
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